Oggi c’è un grande malato nello sport italiano: il calcio. Già, la disciplina più popolare e amata attraversa, soprattutto a livello di Nazionale, una fase involutiva piuttosto complicata, certificata dalla pessima figura in occasione dei campionati europei dove pure gli azzurri si presentavano come campioni in carica, in virtù del titolo conquistato nel 2021 in Inghilterra, dove la squadra allora guidata da Mancini si impose sui padroni di casa in un match deciso dai calci di rigore. In quella circostanza fu decisivo il portiere Donnarumma che, peraltro, è stato l’unico a salvarsi e a meritare un voto alto nella sciagurata missione in Germania.
E gli altri? Qualcuno rimandato, la stragrande maggioranza bocciata senza appello. E in questi casi, è inutile girarci troppo intorno, le responsabilità sono diffuse ad ogni livello. A partire dalla Federazione, la famosa Figc, affidata ad un dirigente di lungo corso come Gabriele Gravina che avrebbe in teoria le carte in regola per una guida autorevole e illuminata, mentre in realtà la sua gestione appare piuttosto raffazzonata, orientata più alla conservazione del potere che non alla necessità di varare riforme di largo respiro che consentano un rilancio dell’intero movimento.
La verità va detta: la più che mediocre Nazionale di Spalletti è figlia legittima dell’attuale livello della serie A nostrana. Non solo, ma ancora più grave è che l’attività degli Azzurri è vista come fumo negli occhi dalle società che considerano gli impegni come un impiccio e un fastidio, tanto da opporsi ripetutamente a stage o allenamenti al di fuori di quelli previsti dalle soste dettate dal calendario internazionale. I giocatori rischiano di infortunarsi e saltano la preparazione con i rispettivi club e poi, poverini, si stancano troppo… Va cambiata la mentalità, va mutato completamente l’approccio, ma non si vedono spiragli in questo senso. Tanto più che, proprio qualche giorno fa, è stato approvato dalla Commissione Cultura della Camera il cosiddetto emendamento Mulè al decreto sport che prevede un maggior peso e ruolo della Serie A all’interno della Federazione. Non è difficile immaginare che la Figc e il suo presidente saranno sempre più asserviti ai voleri e ai desideri del massimo campionato.
E’ vero, grazie agli introiti televisivi e al principio di mutualità, la serie A finanzia se stessa e l’intero movimento e dunque meritava un peso maggiore nel Palazzo del calcio, ma è anche vero che la struttura si regge sul lavoro oscuro, spesso neppure retribuito se non sotto forma di miseri rimborsi spese, degli istruttori del Settore giovanile e scolastico e sul volontariato puro di decine di migliaia di appassionati che militano nei campionati dilettantistici. Bisognerebbe investire sui giovani, invece di andarli a pescare all’estero, soprattutto in Africa; bisognerebbe dare fiducia ai più meritevoli facendoli esordire in prima squadra, invece di mandarli a farsi le ossa in provincia: Buffon, Del Piero, Totti (tanto per citare qualche nome) hanno esordito in serie A a 17-18 anni e ci sono rimasti ai massimi livelli per almeno due decenni. Ci vogliono coraggio e lungimiranza: doti che i nostri dirigenti federali e di società raramente dimostrano.
Le critiche infine devono necessariamente coinvolgere il tecnico Luciano Spalletti che, nonostante la non eccelsa qualità degli uomini a disposizione, non ha saputo dare un volto definito alla sua squadra, apparsa in balia degli avversari in ripetute occasioni. A parte la Spagna, letteralmente di un altro pianeta, anche l’Albania ci ha fatto soffrire sfiorando proprio allo scadere il clamoroso pareggio, sventato da un intervento miracoloso del solito Donnarumma; contro la Croazia il gol-qualificazione di Zaccagni è arrivato a meno di 10 secondi dal fischio finale e infine, negli ottavi contro la Svizzera (mica il Brasile di Pelè o l’Argentina di Maradona) l’Italietta ha mostrato limiti che la pongono oggi molto ai margini in Europa e nel mondo.
Se non ci sarà una sterzata poderosa, non qualificarsi ai Mondiali (come è già avvenuto per due volte di fila) diventerà una triste abitudine. E peraltro il rischio di non partecipare neppure agli Europei è stato concreto visto che all’Ucraina, nel match decisivo, fu negato un rigore abbastanza lampante.
Ma, per fortuna, lo sport azzurro non è fatto solo di calcio. Sinner, Jasmine Paolini e Musetti nel tennis, ii ragazzi e le ragazze dell’atletica leggera capitanati dal funambolico Tamberi, i campioni del nuoto, la squadra maschile e femminile di pallavolo: sono solo alcune delle punte di diamante con cui ci presentiamo alle ormai prossime Olimpiadi di Parigi. Una pattuglia numerosa e di assoluta qualità che sicuramente saprà regalare emozioni e medaglie: basti ricordare per tutti la scherma azzurra da sempre ai massimi vertici. Il calcio miliardario e ipervalutato di questi anni pensi a rigenerarsi, se ne avrà la forza e soprattutto la volontà: noi (pur inguaribili tifosi) ci consoleremo molto degnamente con altre discipline, dove girano molti meno soldi ma dove i valori sono eccelsi. E dove la maglia azzurra non è solo una bella t-shirts ma racchiude in sé valori veri e condivisi.
Buona domenica.
Nell’immagine di copertina, azzurri appena eliminati dalla Svizzera negli ottavi di Euro2024
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