BORGOROSE (Rieti) – “Dalla terra alla vita – storie di natura” (ed. Pandeon) è l’ultima pubblicazione di Matteo Luciani dopo “Custodi erranti – Uomini e lupi a confronto”, “Universi artigiani”, “La via dell’uomo e Tiberis – L’altra faccia del Tevere”. Fotografo e autore con formazione universitaria in ecobiologia, storyteller, collabora con enti, scuole, tour operator, associazioni, organizza workshop ed esperienze immersive nella natura, che hanno come principale obiettivo quello di creare una profonda connessione con noi stessi e con l’ambiente circostante. Il libro è come sempre ricco di fotografie naturalistiche con lupi, orsi, montagne, nebbie. Nella prima pagina le citazioni di Albert Einstein (“Guarda con profondità la natura, capirai meglio ogni cosa”), Mark Twain (“I due giorni più importanti nella tua vita sono il giorno in cui sei nato e il giorno in cui scopri il perché”), Savinanda Kuppuswamy Sarasvati (“La potenza del pensiero muta il destino. L’uomo semina un pensiero e raccoglie un’azione; semina un’azione e raccoglie un’abitudine; semina un’abitudine e raccoglie un carattere; semina un carattere e raccoglie un destino”).
Sappiamo dunque fin dalla prima pagina cosa troveremo nel libro, scritto in diversi momenti di questi ultimi anni, segnati da perdite affettive, dal lockdown, pensieri e riflessioni scritte su taccuini accanto al fuoco, nella nebbia, aspettando l’alba, attendendo un incontro ‘particolare’ con un lupo, un orso. La risposta, la rigenerazione, è nella natura, una medicina per guardarsi dentro, affrontare e superare momenti difficili e ritrovarsi. La famiglia lo sa, quando Matteo prende zaino e sacco a pelo, non bisogna chiedere, interferire, ma solo attendere il suo ritorno, pacificato e arricchito di nuove esperienze. Sua madre è sempre la prima lettrice delle nuove esperienze, perché la vita è un insieme di esperienze, belle e brutte, buone e cattive. Insieme alle citazioni e ai ringraziamenti, Luciani fa riferimento agli amici partiti per un’altra dimensione, ai suoi cani passati e presenti, all’orsa Amarena, madre di due cuccioli, appartenente ad una delle specie più minacciate al mondo: l’orso bruno marsicano.
“Non è certo il miglior modo per iniziare un libro – scrive nell’introduzione – ma la tristezza esiste e fa parte di quegli stati d’animo in grado di smuovere i luoghi più profondi della nostra coscienza. Questo triste episodio è stato uno dei semi che ha contribuito alla nascita di questo libro. Un libro per celebrare la vita a partire da esperienze e avventure vissute in natura. A fluire tra queste pagine c’è la convinzione che la natura e i sentimenti scaturiti nel viverla pienamente, possano aiutarci ad affrontare gli innumerevoli diversi aspetti che ci accompagnano lungo il viaggio del miracolo dell’esistenza”. Nella prefazione richiama la pandemia: “Siamo stati prigionieri, uscire era vietato, addirittura in certi casi un reato. Piano piano abbiamo riacquistato la libertà e con la possibilità di movimento molte persone hanno cominciato a camminare come prima, altre più di prima. C’è stato chi non era quasi mai andato in giro per colline e montagne e ora lo fa e vorrebbe avere più tempo per allungare i tragitti”.
Cita Daniel Lumera, biologo naturalista: “Tutto è connesso, non può esserci una divisione, se non nella nostra mente, tra il nostro ecosistema interiore e quello esteriore, tra l’intimità del nostro sentire e le grandi trasformazioni in natura, soprattutto se per mano nostra. Ciò che vediamo nel mondo è il prodotto della nostra intimità. Se il mondo esterno è inquinato e alterato è perché prima lo sono i nostri pensieri, le nostre emozioni e le nostre percezioni. Non è la natura ad essere ammalata, ma la nostra mente ad aver perso l’armonia naturale”. Nelle presentazioni del libro, Luciani interagisce con un pubblico attento e silenzioso, invitato ad esercizi di respirazione, in una sorta di training autogeno. Pagine brevi, pennellate di pensieri, stati d’animo, dubbi, attese, emozioni: ‘Il ritorno delle nuvole’, ‘L’ultimo bramito’ (quello del cervo maschio nel periodo dell’accoppiamento), la fuga, l’inseguimento delle femmine, l’atto riproduttivo e la lotta con gli altri maschi contendenti, ‘Il lungo viaggio’ (quello di un giovane lupo alla ricerca di cibo, non sempre proficua): “Buona fortuna amico mio, spero di saperti al sicuro, nel tuo nuovo territorio insieme alla tua futura prole, la quale continuerà a far battere il cuore pulsante del mondo e del nostro spirito, che mai come ora sembra essersi allontanato da ciò che può ancora tenerlo vivo”.
Una pagina è dedicata all’Irlanda, dove ha trascorso un periodo particolarmente irrequieto, placato tra gli odori del mare, la potenza dell’oceano, il suono del vento, le tempeste, la musica dei pub. La neve, il rapporto con il cane da guardiania e il lupo, la passeggiata notturna intorno al lago della Duchessa vivendo pienamente “la magia e la quiete di questa apparente oscurità portatrice di luce”. Luciani racconta l’importanza dei sogni, quello di incontrare un lupo, dopo cinque giorni di appostamento e aver dormito in una grotta “non dimentichiamoci dei nostri sogni e se sono in un cassetto, rispolveriamoli, nutriamoli lentamente, giorno dopo giorno. Non importa se ci vorrà molto tempo per realizzarli, l’importante è cercare di alimentarli quotidianamente. Ci accorgeremo di essere tutti diversi, ma con la stessa splendida luce”. Commovente il suo incontro ravvicinato con un orso: “Si gira verso di me, mi scruta, fiuta l’aria e se ne va. Tutta la mia fragilità esce allo coperto e guardando quei profondi occhi scuri è come se mi sentissi al cospetto di una divinità”. Qui la riflessione sulla adattabilità: “Noi uomini sicuramente siamo adattabili, ma troppo spesso la nostra adattabilità ha determinato l’eliminazione o l’esclusione di qualcun altro”. La presenza dell’orso e la paura che genera “è in grado di fare emergere la nostra fragilità”.
Nelle pagine il miracolo delle lucciole, richiami ancestrali, gli alberi, la saggezza dello stagno, caos ordinato, riflessi di vita, vegetazione ripariale e tanto altro, fino al ringraziamento alla morte: “L’autunno ci sussurra che la morte può insegnarci moltissimo, ogni giorno. Grazie alla morte capiamo che lo scopo più profondo della vita non ha nulla a che vedere con la fama, la ricchezza e il potere. Alla chiusura del cerchio ciò che realmente conterà è quanto siamo stati in grado di amare. Spesso ce lo ricordiamo troppo tardi. Proprio per questo la morte può essere l’occasione più grande della nostra vita, poiché può insegnarci l’umiltà attraverso l’accettazione, la capacità di perdonare lasciando andare via rancore e odio, ci insegna che il cambiamento è parte integrante del processo della vita, a non dare nulla per scontato e a meravigliarci per ogni istante che potrebbe essere l’ultimo”. Da dietro le nuvole sbircia il filosofo Baruch Spinoza. Per lui Dio e natura coincidono.
Francesca Sammarco
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