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Calamandrei: processo di Norimberga giusto?

di | 2024-05-26T09:46:56+02:00 26-5-2024 5:35|Cultura, Sezione 8|0 Commenti

FIRENZE – Piero Calamandrei, uno dei più illustri giuristi italiani del Novecento, ha espresso opinioni profonde e ponderate sul processo di Norimberga, evento cruciale nella storia della giustizia internazionale. Questo processo, tenutosi dal 1945 al 1946, vide imputati ventiquattro alti funzionari del regime nazista, accusati di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimini contro la pace.

Piero Calamandrei

Le leggi dell’umanità che furono fino a ieri una frase di stile relegata nei preamboli delle convenzioni internazionali – queste leggi hanno cominciato ad affermarsi, nella funebre aula di Norimberga, come vere leggi sanzionate: l’umanità, da vaga espressione retorica, ha dato segno di voler diventare un ordinamento giuridico. 

Calamandrei riconosceva nel processo di Norimberga un passo avanti decisivo nella costruzione di un sistema di giustizia internazionale. La condanna dei leader nazisti non solo puniva i crimini atroci commessi durante la Seconda Guerra Mondiale, ma stabiliva anche un precedente giuridico fondamentale: la responsabilità individuale per crimini contro l’umanità. Per la prima volta, si affermava che anche i capi di Stato e i funzionari governativi potevano essere ritenuti responsabili personalmente per azioni che violavano i diritti umani fondamentali.

Perché gli imputati si sono trovati solo tra i vinti? Perché i giudici soltanto tra i vincitori? Domande gravi, ma che non debbono servire, se fatte in buona fede, a spostare il problema. L’essenziale, infatti, non è per ora che i giudici siano senza peccato: l’essenziale è che la violazione delle leggi dell’umanità abbia cominciato a trovare un tribunale e una sanzione.

Tuttavia, Calamandrei non nascondeva le sue preoccupazioni. Un aspetto critico era la questione della giustizia dei vincitori. Egli temeva che il processo potesse essere percepito come un atto di vendetta dei vincitori sui vinti, piuttosto che un imparziale atto di giustizia. Questa percezione poteva minare la legittimità del tribunale e dei suoi verdetti. Calamandrei sottolineava l’importanza di un’analisi rigorosa e imparziale dei fatti e la necessità di garantire un processo equo agli imputati.

Ma lo scrupolo legalitario di certi loici, che non si turba dinanzi a milioni di vittime umili ed anonime sacrificate senza processo, è tormentato da assillanti dubbi di procedura dinanzi a questa sentenza uscita da un anno di dibattimenti: come si è potuto condannarli se non c’erano leggi prestabilite, né pene comminate, né garanzia di giudici imparziali? Così ragionano i loici: non si accorgono che il problema non può esser risolto sul piano delle leggi nazionali. In realtà questa giustizia va angosciosamente in cerca di una pacificazione più vasta: vuol aprire ai popoli un filo di speranza in una autorità più alta degli stati. 

Un’altra significativa preoccupazione di Calamandrei riguardava la retroattività delle leggi applicate. I crimini per i quali i nazisti furono processati a Norimberga non erano stati definiti come tali al momento in cui furono commessi. Questo sollevava una questione di legittimità secondo il principio “nullum crimen, nulla poena sine lege” (nessun crimine, nessuna pena senza una legge preesistente).

Calamandrei invita a riflettere sulla natura della giustizia e sull’importanza di un sistema legale che sia equo e imparziale. La legittimità del diritto internazionale dipende dalla sua capacità di essere percepito come giusto da tutte le parti coinvolte. Questo approccio bilanciato e critico rimane rilevante anche oggi, in un’epoca in cui la giustizia internazionale continua a evolversi e a confrontarsi con nuove sfide.

Boris Zarcone

Nell’immagine di copertina, il processo ad esponenti del regime nazista tenutosi a Norimberga

 

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