PALERMO – “Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere”, cantava la band dei Rokes al festival di Sanremo, nel lontano 1967. Lo psicologo israeliano Daniel Kahneman ha speso la sua vita a indagare reazioni, emozioni e conseguenze delle perdite, non di tipo amoroso, come quelle a cui accenna la canzone dei Rokes, ma economiche e finanziarie. Per queste e altre ricerche è stato insignito nel 2002 del Premio Nobel per l’economia: «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza».
Quali dunque gli studi così meritori dello studioso, che è morto il 27 marzo scorso? Professore negli USA all’Università di Princeton, Kahneman è stato uno dei fondatori della cosiddetta finanza comportamentale. Le sue innovative ricerche permisero di applicare le scoperte scientifiche nell’ambito della psicologia alla comprensione delle decisioni economiche.
In collaborazione per diversi anni con lo psicologo Amos Tversky, pioniere della psicologia cognitiva, studiò a lungo gli errori sistematici umani, i cosiddetti bias cognitivi e analizzò le decisioni che si prendono in condizioni di rischio. Attraverso numerosi esperimenti, Kahneman e Tversky dimostrarono come i processi decisionali umani violino sistematicamente alcuni principi di razionalità, mentre le teorie microeconomiche postulano l’assunto di base che il comportamento umano sia razionale e finalizzato ad una massimizzazione dell’utilità.
Ecco cosa ha detto di Kahneman, in un’intervista rilasciata al Tg scientifico Leonardo, il professore Matteo Motterlini, docente presso l’Università Vita e Salute dell’Istituto san Raffaele di Milano: “Uno dei principi più semplici da comprendere e più rilevanti, tra quelli evidenziati dal premio Nobel da poco scomparso, è la cosiddetta ‘avversione alle perdite’. Che perdere non ci piaccia, lo sappiamo tutti. La cosa più interessante che ha scoperto Kahneman è che perdere ci fa più male, quasi il doppio, del piacere che ci dà vincere. Per la teoria economica pura, infatti, se io perdo 100 e guadagno 100, sono a zero: non perdo né guadagno. Paradossalmente non è così per la nostra percepita ‘contabilità mentale’, per la nostra psico-economia emotiva: è stato dimostrato che se guadagniamo 100 e perdiamo 100, ci riteniamo in perdita di almeno 125: le perdite pesano psicologicamente e vengono considerate più del doppio dei guadagni”.
“La teoria economica ritiene che le persone siano perfettamente razionali nel calcolare i costi/benefici delle loro azioni – ha continuato il professore Motterlini -. Kahneman ha dimostrato che non è affatto così. Commettiamo degli errori, vere e proprie trappole mentali che ci portano sistematicamente, e quindi prevedibilmente, a sbagliare. Kahneman ha dimostrato l’esistenza di una sistematica irrazionalità umana, che si può però studiare razionalmente. Esiste infatti una logica dietro alla nostra stupidità, una sorta di ‘metodo’ dietro ai nostri comportamenti emotivi. E tutto ciò influenza le nostre decisioni economiche.”
Daniel Kahneman è stato il secondo psicologo ad aver ottenuto il Premio Nobel in economia, dopo Herbert Simon, a cui era stato assegnato nel 1978.
Insignito dal presidente Barack Obama del prestigioso riconoscimento della Medaglia per la Libertà, si ricorda infine che Kahneman è stato molto apprezzato anche nel nostro Paese. Gli è stata infatti conferita la laurea honoris causa da due Università italiane: quella in Economia, dall’Università di Trento, il 14 ottobre 2002; quella specialistica in Scienze dell’Economia, il 6 aprile 2005 dall’Università di Milano-Bicocca, con la seguente motivazione: «Per aver integrato importanti conquiste della ricerca psicologica all’interno della Scienza Economica dando vita così al nuovo campo disciplinare dell’economia cognitiva e delle sue molteplici applicazioni, fornendo una base teorica fondamentale per gli sviluppi più recenti dell’economia della felicità».
Maria D’Asaro
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