MILANO – Sorellanza è sinonimo di solidarietà, significa essere in grado di creare una vera rete di sostegno per aiutarsi l’una con l’altra realizzando un radicale cambiamento nella società attuale che vuole tutti concentrati su sé stessi e sul successo personale. Fu l’antropologa Marcela Lagarde ad affinare un po’ di più il concetto di sorellanza per parlare di un’amicizia tra le donne che diventano complici per lavorare insieme. La sorellanza è l’arma più potente che le donne possiedono per cambiare le cose, ad ogni livello: sociale, politico, culturale. Per questo motivo deve essere un concetto che va oltre ogni rivalità o complicità femminile rappresentando una crescita. Così se l’amica o la collega risulta essere più brava nel fare qualcosa non deve essere invidiata o peggio ancora ostacolata, ma bisogna avere l’umiltà di cogliere gli spunti positivi che offre per farne un momento di crescita ricordando che insieme si può sicuramente fare di più e meglio.
Purtroppo accade molto spesso però che la sorellanza venga tradita. Succede per esempio quando parlando di donne violentate si sente dire “se l’è cercata” in quello che è un commento femminile; oppure quando proprio una donna critica un’altra donna che non vuole avere figli o esce da sola la sera per seguire un corso di ballo mentre il marito resta a casa con i bambini. Succede spesso che per paura o invidia donne che si fanno paladine di diritti irrinunciabili vengano isolate quando invece le altre dovrebbero sostenerle. Ecco che quindi diventa sempre più importante aggiungere valore alla sorellanza ponendola come chiave di svolta e come arma contro il bullismo femminile che può essere anche più terribile di quello maschile. Ciò si può raggiungere insegnando alle nuove generazioni che non ci si pugnala alle spalle, non si prende in giro la compagna di banco perché è grassa o è troppo magra o bassa, o perché ha la pelle di un altro colore o pratica una religione diversa.
La sorellanza oggi deve essere multiculturale e ogni cultura merita il dovuto rispetto. È insegnando alle nuove generazioni che il “branco” che altri non è che un gruppo, non è fatto per sbranarsi ma per aiutarsi, difendersi e collaborare: solo così si possono cambiare le cose. Essere alleate per superare le difficoltà. Ben vengano notizie di donne che decidono di rinunciare a un’ora di stipendio al giorno per sostenerne una che rischia il licenziamento perché definita in sovrannumero. Una bella notizia sentire che una professionista accoglie nella sua casa una madre in difficoltà, l’aiuta a trovare lavoro e una sistemazione. Bello sentire che una madre di famiglia vedendo due ragazze straniere alla stazione di una grande città come Milano o Roma alle tre di notte decide di ospitarle fino a quando non farà giorno. Questi però non possono rimanere casi isolati. Sarebbe troppo poco.
Nei tempi antichi, le donne hanno condiviso molto di più rispetto ad ora. Vivevano come un gruppo solido, abituato ad aiutarsi, sostenersi e arricchirsi emotivamente e psicologicamente. Le generazioni più vecchie davano consigli alle più giovani, si condividevano le esperienze, le conoscenze, le attività domestiche, la cura dei figli e delle malattie. Venivano perfino condivise le attività di allevamento, coltivazione. Si faceva “squadra” e si andava avanti nelle difficoltà con coraggio e determinazione, ma insieme. Nella società attuale questo in parte si è perso perché nella maggior parte dei casi si cerca la realizzazione personale a tutti i costi e le altre donne sono viste come rivali e concorrenti da ostacolare oltre che come soggetti da invidiare e allontanare. Nasce quindi naturale la domanda: “Possono allora associazioni e organizzazioni di donne che credono nella sorellanza cambiare le cose affinché venga promossa la collaborazione e il sostegno per raggiungere obiettivi comuni?”. La speranza è che questo avvenga portando a risultati sempre più ambiziosi nel promuovere e realizzare una vera e propria trasformazione della società.
Margherita Bonfilio
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