ROMA – Nicola Piovani è di nuovo tra noi: non che non ci sia in assoluto, lui che compone musica cameristica (non possiamo non citare l’eccellente “Epta” (‘sette’ in greco), musica sinfonica (la “Pietà” 1998, fu poi donata alla città di Betlemme), celebri colonne sonore (Premio Oscar, per il film “La vita è bella” di Benigni). Ma Piovani, nella serata “Semo o nun semo”, voluta dall’Accademia Filarmonica Romana per il periodo 12-17 marzo alle 20,30 (domenica alle 17,3o), ha ricordi d’infanzia che gli stringono il cuore, come le canzoni cantate della madre durante le faccende di casa: da esse è nato l’album “Piovani cantabile” nel 2013, con creazioni intonate da belle voci, persino della lirica (tenore Vittorio Grigolo).
Proprio questo è il Piovani che ci riserva lo spettacolo odierno al Teatro Olimpico di Roma: l’artista nato nella capitale, ne ha subìto il fascino, radicato anche se la musica lo ha spinto nei vari continenti, e lo ha convinto che la canzone romana non è una derivazione da quella napoletana, ma ha una sua scanzonata ritmicità, è “un cugino saltarello dai piedi pesanti, adatti ai sanpietrini, e odoroso di incenso e di pajata” (Piovani).
La Roma a cui egli si è rifatto è quella del tardo Ottocento e del primo Novecento, di Ettore Petrolini, Romolo Balzani, Aldo Fabrizi. Piovani ha suonato il piano, e raccontato la sua Roma, accompagnato dall’Ensemble Aracoeli, con testi di Piero Piovani (suo nipote), sotto il coordinamento di Norma Martelli. I cantanti erano Pino Ingrosso, Donatella Pandimiglio, Sara Fois, Carlotta Proietti, Massimo Wertmüller (attore). Non è mancato nel concerto il brano di Balzani che ha dato il titolo alla serata “Semo o nun semo”: neanche le canzoni “L’eco der core”, e soprattutto il toccante “Barcarolo romano” (1926).
Ha avuto spicco “Na serenata a Ponte”, arrivata oralmente a Piovani, e da lui rielaborata): di Petrolini abbiamo riascoltato “Affaccete Nunziata”, “Nina si voi dormite”, “Canzone a Nina”, ma soprattutto l’immortale “Tanto pe’ cantà”, la vera voce del popolo di Roma. Ed infine non abbiamo dimenticato Aldo Fabrizi, la sua voce (e la sua mole) oltre alla sua “Lulù”, a “Serenata sincera” e alla celeberrima, amatissima e carica di nostalgia “Roma forestiera” (1947), sulla Roma del dopoguerra, che ormai non c’era più. A questo punto, il bellissimo (ma anche amaramente nostalgico) “Com’è bello fa’ l’amore quand’è sera”, composto alla fine della sconda guerra mondiale, chiudeva la serata.
E Nicola Piovani resterà fra i grandi della nostra tradizione popolare.
Paola Pariset
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