RIETI – Ve la ricordate Petronilla? Ma prima ancora: vi ricordate la Domenica del Corriere, con quelle belle copertine disegnate da Walter Molino? Dietro le firme delle rubriche “La parola del medico” del dottor Amal e “Tra i fornelli” di Petronilla, si celava Amalia Moretti Foggia, medica attivista, una delle prime italiane laureate in medicina, giornalista, femminista ante litteram, nata a Mantova nel 1872, in una famiglia che per generazioni si era dedicata allo studio dell’arte farmacologica. Aveva due lauree: scienze e medicina, con specializzazione in pediatria.
Dalle pagine della rivista domenicale scriveva “Siate padrone della vostra vita”, ma i tempi non erano ancora maturi per il grande pubblico femminile. L’infanzia nella farmacia del padre, il trasferimento a Milano, dove conosce donne che hanno anticipato i tempi, come Sibilla Aleramo, Anna Kuliscioff, Ada Negri (quest’ultima tra le fondatrici nel 1899 dell’Unione Femminile Nazionale, per la parità dei diritti sociali, civili e politici delle donne, ancora oggi attiva a Milano (unionefemminile.it ), le prime femministe come Alessandrina Ravizza, Paolina Schiff, Linda Malnati e Ersilia Majno. Affiancava al giornalismo la pratica medica nell’ambulatorio della “Società Operaia Femminile” nella Poliambulanza di Porta Venezia dove curava gratuitamente operaie, prostitute, sartine, mogli maltrattate e teneva conferenze di informazione sanitaria all’Università popolare di Milano.
Le ricette di cucina la resero popolare: vennero riunite in volumi, più volte ristampati, perché durante la guerra la rubrica si ingegnò nel dare consigli su come realizzare piatti ‘alternativi’ facendo a meno degli ingredienti abituali, sempre più introvabili. La prima dote in cucina è la fantasia e il riciclo, ieri come oggi. Nel 1947, prima di morire, scrisse: “I posteri mi conoscono e mi avrebbero conosciuta solo come Petronilla, ‘quella delle ricette sulla Domenica del Corriere’ e come il dottor Amal, ma la vera Amalia, la medica che in un’epoca in cui nessun bravo borghese si sarebbe fatto curare da una donna, ha dovuto fingersi uomo per essere credibile. Non vorrei che il mio nome fosse collegato sempre e comunque al cibo e alle ricette, vorrei che uscisse un po’ anche Amalia, vorrei poter dire senza falsa modestia che ho sempre mal sopportato di essere stata una donna davvero moderna per i miei tempi”.
Un invito all’autostima, perché essere anticipatrici è un ruolo difficile, ci si sente emarginate, sbagliate e ci vuole coraggio. La sua biografia è una delle 100 biografie raccolte da Sara Sesti e Liliana Moro nel libro Scienziate nel tempo, in cui vengono ricordate le ricercatrici che in diverse epoche hanno realizzato importanti lavori collettivi: le astronome dei Cataloghi stellari dell’Ottocento, le programmatrici di Eniac, il primo calcolatore digitale, le ricercatrici del Progetto Manhattan, che contribuirono all’ ideazione e alla costruzione della bomba atomica. In copertina l’attrice Hedy Lamarr, famosa per la sua bellezza, ma pochi sanno che negli anni quaranta inventò lo Spread Spectrum, una tecnologia oggi usata per il Wi-Fi.
Nel libro, la vita di Maria Gaetana Agnesi, Emmy Noether e Maryam Mirzakhani, prima donna a ricevere la medaglia Fields; le astronome Vera Rubin e Jocelyn Bell-Burnell, scopritrici della materia oscura e delle pulsar; le economiste e scienziate sociali Rosa Luxemburg e Maria Montessori, Joan Robinson e Elinor Ostrom, attente alle questioni politiche e sociali. Ampio spazio è dedicato alle Nobel – da Marie Curie a You-you Tu – e alle donne cui il premio è stato negato, come Lise Meitner e Rosalind Franklin. Un’attenzione particolare è rivolta alle scienziate italiane, da Laura Bassi e Anna Morandi-Manzolini, prime docenti universitarie nella Bologna del Settecento, a Ilaria Capua e Fabiola Gianotti, prima donna a dirigere il Cern di Ginevra, Margherita Hack, Rita Levi Montalcini.
Il libro è in continuo aggiornamento, frutto di un lavoro di ricerca iniziato nel 1997 alla Università Bocconi e ancora in corso, presso l’Università delle Donne di Milano. Si parte da Teano, filosofa e matematica della scuola pitagorica nel VI secolo a.C., l’alchimista Maria l’Ebrea del I secolo d.C. e la prima scienziata la cui storia è ben documentata: Ipazia, matematica e astronoma del IV-V secolo d.C.. E poi il Medioevo con Trotula e Ildegarda di Bingen, l’astronoma del Cinque-Seicento Sophie Brahe, sorella del più celebre Tycho, la fisica bolognese Laura Bassi nel Settecento, Ada Lovelace, che nell’Ottocento divenne la prima programmatrice, Florence Nightingale, nota per aver fondato l’assistenza infermieristica moderna, ambito a cui applicò per la prima volta l’analisi statistica per documentare il dramma delle morti evitabili.
Tra le donne dimenticate dell’informatica, le matematiche afroamericane Katherine Goble-Johnson, Mary Jackson e Dorothy Vaughan che, lavorando alla Nasa nel sud segregato degli Stati Uniti tra gli anni Cinquanta e Sessanta, portarono contributi fondamentali ai primordi del volo spaziale. Le biografie offrono spunti di riflessioni per aiutare a capire perché le scienziate di cui sono rimaste testimonianze fossero solo mogli, figlie o sorelle di altri scienziati più famosi, oppure provenienti da un certo paese o da un certo contesto familiare.
Una risorsa per affrontare la questione di genere. E finché è ancora tra noi, non perdiamo Amalia Ercoli Finzi, spesso ospite in Tv (Splendida Cornice, Di Martedì), prima donna in Italia a laurearsi in ingegneria aeronautica, con votazione 100/100 e lode presso il Politecnico di Milano, dove è stata docente.
Francesca Sammarco
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