PERUGIA – Umbria, cuore verde d’Italia. Ed antico, anche. Anzi, antichissimo. La Foresta Fossile di Dunarobba, un paesino collinare (448 s.l.m.) tra Todi ed Amelia, ne è la testimonianza: risale infatti al Pliocene, cioè tra i 3 ed i 2 milioni di anni fa… Basta dirigersi al vocabolo Casaccia, territorio del comune di Avigliano Umbro. Sulla porta d’accesso di Dunarobba gli scalpellini, nel 1577, scolpirono il simbolo dell’Aquila, per ricordare che quelle terre appartenevano a Todi e che rappresentavano una delle numerose pievanie della città e della diocesi tuderte.
Fino a qualche decennio fa era attiva, in loco, una cava di argilla, base per la produzione di laterizi. E in queste lande tra il 1979 ed il 1987 vennero riportati alla luce una cinquantina di alberi “mummificati”: per precisione scientifica “fossilizzazione per mummificazione”. Piante che appartengono alle conifere ed esattamente al genere “Taxodione”, ossia forme estinte di sequoie (pare che in California ne sopravvivano diverse decine alte un centinaio di metri). Questi giganti crescevano nel clima caldo dell’epoca e sprofondarono, pian piano, in una zona paludosa ai margini di quello che veniva indicato con il nome di “Lacus Umber” (o lago Tiberino) che occupava un territorio tra Città di Castello ed il ternano-amerino e che presentava acqua salata (in epoche precedenti l’Umbria era coperta completamente dagli oceani). Seppellimento che gli scienziati definiscono “subsidenza”.
Gli alberi – che hanno perso le radici e le fronde più alte – incapsulati nel terreno argilloso sono sopravvissuti lungo tante ere e stravolgimenti di clima e di territori, come protetti da un guscio. Oggi i loro tronchi – larghi fino a 4 metri ed alti almeno il doppio – vengono difesi, per quanto possibile, con strutture di protezione (delle tettoie) dagli agenti atmosferici e biologici. Assicurano gli esperti che questi alberi sono rimasti imprigionati nell’argilla come insetti nell’ambra e quindi svelano, con esami appropriati, molti segreti del Pliocene.
I primi a studiarli furono gli Accademici dei Lincei, istituzione fondata nel 1600 dal principe Federico Cesi di Acquasparta, dunque a poca distanza da Dunarobba, che tra il 1620 ed il 1637 incaricò Francesco Stelluti di Fabriano di approfondire le ricerche su alcuni reperti indicati come “metallofiti”. La zona venne successivamente sfruttata, alla ricerca di torba e lignite, nel secolo scorso tra il 1929 ed il 1952, da aziende che arrivarono a far scavare nel terreno gallerie ad una forza lavoro che giunse ad impiegare qualcosa come seicento operai…
Immergersi nella Foresta Fossile di Dunarobba (patrimonio dell’umanità) equivale a compiere un tuffo, emozionante ed unico, nella storia della terra. Una ragione in più – e ce ne sono a iosa: culturali, storiche, archeologiche, monumentali, paesaggistiche, gastronomiche – per visitare il cuore verde d’Italia.
Elio Clero Bertoldi
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