ROMA – “Una giornata particolare”: una delegazione di fedeli, parroci, suore, politici della Diocesi reatina (oltre 3200 persone) è stata ricevuta in udienza dal Papa, il 9 dicembre in sala Nervi. Imponente il servizio d’ordine: disturbante, ma necessario. E’ Natale, ma non per tutti, è la festa della famiglia, della nascita verso un futuro migliore in cui siamo “Fratelli tutti”, come scrive il Papa, sul solco di San Francesco, un uomo che aveva imbracciato la spada, quando 800 anni fa a Greccio rievocò il primo presepe: una mangiatoia solo con la paglia, un bue e un asino, perché Gesù può nascere ovunque e non c’è bisogno di andare in Terra Santa: “La nostra Betlemme può essere qui”.
Oggi Betlemme è in fiamme, in una guerra infinita: da ottobre a oggi sono morti 5300 bambini. Nell’aula Paolo VI l’attesa è frenetica, da un lato la delegazione di Rieti, con il Vescovo Vito Piccinonna, dall’altro l’associazione dei piccoli comuni (sono 5000), la delegazione della provincia di Cuneo con il vescovo di Saluzzo Cristiano Bodo, il sindaco del comune di Macra in Val Maira (48 residenti), che ha donato l’abete bianco, il presidente della Provincia. E’ anche un momento, insieme a Greccio, per rivendicare il ruolo e l’importanza dei piccoli comuni, vera spina dorsale dell’Italia.
Il Papa entra in aula tra lo scrosciare di applausi, camminando con l’ausilio di un bastone, legge il suo discorso, ma fa male sentirlo affannato, benedice il presepe in mosaico, si intrattiene nelle prime file, esce attraversando l’aula in carrozzina. Il presepe in sala Nervi è opera di Alessandro Serena di Spilimbergo, composto da 30 mila tessere in vetro, smalti opachi e ori di vetro veneziano prodotti da Orsoni Venezia (dal 1888), è alto 1,90 e largo 3,50.
Nel pomeriggio in Piazza San Pietro si accendono il presepe e l’abete bianco, con 5 mila stelle alpine coltivate in serra, l’albero ha 50 anni e sarebbe stato abbattuto per motivi di sicurezza. Il suo legno, passate le feste, sarà trasformato in giocattoli. Il presepe è lungo 17 metri, largo 9 e alto 7, poggia su una base a ottagono alta un metro (richiamo per gli 800 anni dal primo presepe). La roccia del Santuario è concepita come una “quinta” teatrale in armonia con il colonnato. A terra una vasca in cui scorre simbolicamente il Velino, di lato i boschi francescani, al centro l’affresco della Grotta di Greccio (1409, attribuito al Maestro di Narni di scuola giottesca), un frate officia la messa alla presenza di S. Francesco, con in braccio il Bambinello, Maria e Giuseppe, a lato i tre frati, l’amico cavaliere Giovanni Velita e la moglie Alticama che lo aiutarono nell’impresa.
Il coordinamento della realizzazione del progetto dei presepi è della Fondazione Fondaco Italia, con i curatori Enrico Bressan e Giovanna Zabotti: è la prima volta nella storia del presepe in Piazza San Pietro, che vengono coinvolte aziende private fra cui Rai, Enit, Unindustria, Roma Film Commission. Fondaco Italia restaura l’affresco del Santuario di Greccio e da allora è stata avviata la collaborazione con la Diocesi di Rieti per il progetto “Da Greccio a Rieti, la Valle del primo presepe” (www.valledelprimopresepe.it). Ente ecclesiastico competente per territorialità è la Chiesa di Rieti, segreteria organizzativa, la Valle del primo Presepe.
Gli artigiani di Cinecittà (103 maestranze) hanno interpretato il bozzetto del Maestro presepista Francesco Artese di Matera. I personaggi (opera di Antonio Cantone di Napoli) sono ad altezza naturale, viso, mani e piedi in terracotta, corpo impagliato e vestiti d’epoca. Il bue e l’asinello sono in polistirolo dipinto a mano e trattato. Luci artistiche e contrasti di Margherita Suss (GMS Studio Associato, Milano), che danno rilievo alla gerarchia dei singoli personaggi, la cui intensità cambia di continuo, luce dorata nella greppia.
Sul lato anteriore l’affresco della Natività della grotta del Santuario di Greccio, sul lato posteriore l’affresco della stesura della Regola francescana e la consegna al Papa Onorio III per l’approvazione (Santuario di Fonte Colombo), affresco del miracolo dell’uva (Santuario di Santa Maria de La Foresta), affresco del perdono dei peccati di San Francesco (Santuario di Poggio Bustone): sono dipinti a mano, scansionati ad alta risoluzione, stampati su carta applicata su parete trattata ad intonaco e successivamente lavorati a mano per creare l’effetto strappo ed antico: “Un lavoro di cui siamo orgogliosi” (Nicola Maccanico, amministratore delegato di Cinecittà).
La cerimonia pomeridiana inizia con la banda della gendarmeria vaticana che esegue l’inno della città del Vaticano e l’inno di Mameli. Il presepe resterà in piazza fino al 7 gennaio, poi sarà collocato a Rieti in uno spazio che sarà individuato dal Comune insieme al Vescovo.
“Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Vi accolgo con gioia nel giorno in cui vengono ufficialmente donati e inaugurati l’albero e i presepi che decorano Piazza San Pietro e quest’Aula – sottolinea il Pontefice -. Il presepe allestito in Piazza San Pietro si propone di rievocare, dopo ottocento anni, il clima natalizio dell’anno 1223 nella Valle Reatina, dove San Francesco sostò. Nella sua mente era ancora vivo il viaggio fatto in Terra Santa e le grotte di Greccio gli ricordavano il paesaggio di Betlemme. Pertanto, chiese di rappresentare in quel piccolo borgo la scena del Natale: giunsero molti frati da varie parti e arrivarono anche uomini e donne dai casolari della zona realizzando un presepe vivente. Nasceva così la tradizione del presepe come lo intendiamo noi”.
“Quest’anno, dunque, da Piazza San Pietro penseremo a Greccio, che a sua volta ci rimanda a Betlemme – continua Francesco -. E mentre contempliamo Gesù, Dio fatto uomo, piccolo, povero, inerme, non possiamo non pensare al dramma che stanno vivendo gli abitanti della Terra Santa, manifestando a questi nostri fratelli e sorelle, specialmente ai bambini e ai loro genitori, la nostra vicinanza e il nostro sostegno spirituale. Sono questi che pagano il vero conto della guerra. Davanti ad ogni presepe, anche a quelli realizzati nelle nostre case, noi riviviamo ciò che è avvenuto a Betlemme più di duemila anni fa; e questo dovrebbe risvegliare in noi la nostalgia del silenzio e della preghiera, nella nostra vita quotidiana spesso tanto frenetica. Silenzio, per poter ascoltare quello che Gesù ci dice da quella cattedra singolare che è la mangiatoia. Preghiera, per esprimere lo stupore riconoscente, la tenerezza, magari le lacrime che la scena della Natività suscita in noi”.
“E in tutto questo ci è di modello Maria: lei non dice nulla, ma contempla e adora – conclude -. Nella Piazza, accanto al presepe, c’è l’albero, di cui stasera, al termine della cerimonia, verranno accese le luci. È arricchito con stelle alpine coltivate in pianura, per tutelare quelle che crescono in alta montagna. Anche questa è una scelta che ci fa riflettere, evidenziando l’importanza della cura per la nostra casa comune: i piccoli gesti sono essenziali nella conversione ecologica, gesti di rispetto e gratitudine per i doni di Dio. Cari fratelli e sorelle, grazie a tutti voi, come pure alla Direzione Infrastrutture e Servizi del Governatorato, per l’impegno creativo e generoso con cui avete realizzato questa iniziativa. Benedico di cuore voi, le vostre famiglie e i vostri concittadini. E vi raccomando, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!”.
La Porta Santa per il Giubileo si aprirà il 24 dicembre 2024. Si rientra a sera tarda, stanchi e infreddoliti, ma con qualcosa in più. Nel cuore e nell’anima.
Francesca Sammarco
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