//Dragonfly, così Google vuole sfondare in Cina

Dragonfly, così Google vuole sfondare in Cina

di | 2018-08-18T14:07:02+02:00 19-8-2018 7:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Ottocento milioni di utenti internet. Un numero enorme per un mercato dalle potenzialità strabilianti. La Cina, seconda potenza economica del mondo, è un boccone troppo prelibato perché non se ne interessino i giganti del web. Google in primis, tanto più che nell’enorme Paese asiatico sono già attivi e fanno fior di affari sia Amazon che Microsoft.  Non è un momento facile nelle relazioni tra Usa e governo di Pechino, avendo il presidente Trump dichiarato una guerra commerciale senza precedenti con la faccenda dei dazi. Ma, come dicevano i Latini, pecunia non olet (il denaro non puzza) e quindi il fine (fare soldi) giustifica i mezzi.

Messa così, la cosa sembrerebbe abbastanza facile: basterebbe trovare un po’ di partner e tuffarsi nello smisurato oceano di cinesi che utilizzano abitualmente internet. Le cose però non sono così semplici come sembra. La Cina, nonostante gli enormi passi in avanti sulla strada dell’occidentalizzazione, resta una dittatura dove la censura è ancora forte e pesante. Il motore di ricerca Google è il più usato in tutto il resto del mondo, ma non può essere lanciato tout court da quelle parti ed ecco allora l’escamotoge: un nuovo motore di ricerca chiamato Dragonfly che sia compatibile con la censura digitale dei governanti di Pechino.

La marcia non sarà breve e neppure semplice, ma il primo passaggio è stato compiuto, anche se ufficialmente l’amministratore delegato di Google Sundar Pinchai (un signore che guida un gigante da 760 miliardi di dollari) ha smentito la notizia che era stata lanciata da due siti statunitensi (The Intercept e The Information) e ripresa in una lettera aperta da 1400 dipendenti della grande G, pubblicata dal New York Times, in cui si esprimevano preoccupazioni per i processi in atto e la necessità di una maggiore trasparenza. Negli Usa, la libertà di parola e di stampa è sacra e quando, qualche anno fa, sui motori di ricerca cinesi non era possibile digitare la parola “democrazia” le reazioni furono roventi e sdegnate.

E adesso come si aggireranno le rigide norme delle autorità di Pechino che monitorano costantemente i leader dei diritti civili, che spesso e volentieri finiscono anche in carcere per la loro attività o che vengono quanto meno messi in condizione di non potersi esprimere? Riuscirà la potentissima Google a trovare un decente compromesso? O ci si accontenterà solo di fare affari, mandando in soffitta i sacri crismi del primo emendamento? Nessuno lo sa, almeno per ora. Certo, mettere d’accordo economia e democrazia mai come in questo caso appare piuttosto problematico.

Buona domenica.

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi