L’anno scolastico è appena cominciato quando nell’ottobre del 2022 nasce Edoardo. La mamma si chiama Sofia Baroni, è una studentessa del liceo artistico “Nervi Severini” di Ravenna, vive con i genitori e il suo compagno ad Alfonsine (ad una trentina di chilometri dal capoluogo, mezz’ora di auto) e sta frequentando il quinto anno, quindi tra qualche mese deve affrontare l’esame di maturità. Nelle ultime settimane di gravidanza, per consentirle di restare a casa, la scuola è riuscita ad organizzare una dad (didattica a distanza) solo per lei. Ma le cose sono inevitabilmente cambiate con l’arrivo di Edo: non è più possibile frequentare con costanza le lezioni.
“Buongiorno, sono Sofia. Volevo dirvi che sono diventata mamma, è nato Edoardo, non posso più venire a scuola”. La telefonata che mai avrebbe voluto fare parte verso la segreteria dell’istituto e la risposta è quasi scontata: “Signorina, ora ne parleremo con il preside, per qualche giorno potrà seguire a distanza, ma ricordi che lei è di maturità, presto dovrà tornare in classe”. Dopo pochi giorni, la giovane si rende conto che la situazione è molto più complicata di quanto avrebbe potuto immaginare: non ce la fa proprio a tornare in aula. A malincuore, richiama in segreteria: “Il mio bambino è più importante degli esami. Scusatemi, ma preferisco perdere l’anno”. “Ha ragione -. le rispondono -. Adesso informeremo il preside, non c’è altro modo. Ci dispiace molto”.
Discorso chiuso? Assolutamente no. Perché il dirigente scolastico del “Nervi Severini” si chiama Gianluca Dradi e non ha nessuna intenzione di rassegnarsi ad un destino che sembra ineluttabile. Peraltro, nella sua scuola, le innovazioni sono all’ordine del giorno: per esempio, le cosiddette “carriere alias” (il profilo burocratico alternativo che permette alle persone transgender di adottare il nome di elezione e non quello anagrafico, già scelto da nove studenti), l’introduzione del congedo mestruale, primo caso in Italia, i primi bagni ‘gender neutral’ per gli studenti che non si riconoscono nel genere maschile né in quello femminile. Adesso, però, è il cellulare della neo mamma a squillare: “Sofia, sono il preside. Cosa fai lì a casa? Non mollare, non esiste che lasci. Ti aspettiamo”. Lei torna, va in aula e il miracolo è già avvenuto: c’è una nursery per il suo piccoletto, un passeggino a disposizione accanto al banco, pannolini, biberon, le coccole degli insegnanti, l’amore senza confini dei compagni di classe… E poi i collaboratori scolastici autorizzati a intrattenere Edoardo e a farlo giocare quando ci sono compiti o le interrogazioni.
“Nell’ultimo mese di gravidanza avevamo predisposto un sistema di didattica online solo per lei. Ma dopo il parto, gli impegni di mamma hanno prevalso e non potendo lasciare il bambino a nessuno aveva deciso di abbandonare”, racconta Dradi. Un’eventualità e una sconfitta da scongiurare per il dirigente scolastico e per il corpo docenti. Da lì l’idea di allestire uno spazio per l’allattamento. Con il coinvolgimento dell’associazione onlus Terzo mondo e il progetto “Una carrozzina per due” sono arrivati un lettino e dei giocattoli; e poi ci hanno pensato tutti gli altri studenti a rendere lo spazio più accogliente con decorazioni e arredi.
“Le scuole – assicura il preside – sono impegnate a ricercare soluzioni organizzative flessibili per favorire il successo scolastico, l’inclusione sociale ed evitare l’abbandono. In questa ricerca occorre correre qualche rischio, non tutto è contemplato, e io ho deciso di correrlo. In questo caso l’importanza dell’obiettivo è superiore al rischio. Tutte le studentesse e gli studenti della classe si trasformano in tate durante la ricreazione. È bello che la risposta sia arrivata dal concorso di più soggetti: l’associazione onlus, la scuola, i compagni di classe hanno determinato la soluzione, consentendo a Sofia di frequentare e di poter sostenere la maturità”. “Il problema – aggiunge – rimane e per quanto ci si sforzi di adottare soluzioni per creare un clima accogliente, c’è chi abbandona o non si impegna. Un proverbio inglese dice: possiamo portare il cavallo all’acqua ma non obbligarlo a bere. In questo caso Sofia ha dimostrato massimo impegno”.
E Sofia che ne pensa? “Ho potuto allattarlo, gli ho dato il biberon, ha avuto i suoi giochi e un lettino. Durante la mattinata Edo stava con me in classe, tenevo il passeggino di fianco al banco e così anche lui ha… seguito le lezioni – scherza -. Durante l’intervallo anche le mie compagne di classe e gli insegnanti giocavano con lui. Le mie amiche poi sono diventate le sue ‘zie’: mi aiutavano sempre, soprattutto quando dovevo essere interrogata o avevo una verifica”.
“Penso che sia necessario creare un clima il più sereno possibile – sottolinea con vigore il preside Dradi – con varie strategie inclusive, senza ovviamente abbassare il livello delle richieste e cercando sempre di ottenere quel livello di apprendimento necessario per poter proseguire la propria carriera scolastica. Il compito della scuola è tendere la mano il più possibile con convinzione ed empatia, poi però devono essere gli studenti a raccogliere questa disponibilità”. “Tutta la letteratura pedagogica e psicologica – conclude – mette in evidenza come in un clima di serenità e fiducia migliori anche l’apprendimento, perché c’è meno stress. Un po’ come negli ambienti lavorativi. Anche perché l’Italia registra uno dei tassi più alti di dispersione scolastica…”.
E vissero tutti felici e contenti, concluderebbero le antiche favole, amatissime e mai passate di moda. Con una piccola nota aggiuntiva: che la storia di Sofia, Edoardo e del liceo di Ravenna sia di insegnamento a quei dirigenti scolastici (pochi, per la verità, ma piuttosto perniciosi) che interpretano il loro ruolo e la loro funzione come burocrati chiamati solo ad applicare le norme e che dimenticano che si trovano in quel posto perché ci sono gli studenti e non viceversa.
Buona domenica.
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