ROMA – Il mondo della musica – ma non solo quello, specie gli appassionati – ha sempre espresso sorpresa, perché le composizioni di Franz Schubert a suo tempo fossero ampiamente conosciute, ma non venissero eseguite pubblicamente. La conoscenza veniva garantita dalle “schubertiadi”, liberi appuntamenti, spesso proprio nella casa del giovane Franz, in cui veniva suonata la sua musica. Strana sorte, invero, che sorprende in questo artista romantico, morto a soli 31 anni, su cui il musicologo Sandro Cappelletto ha scritto il libro “Da straniero inizio il mio cammino. Schubert: l’ultimo anno” del 2015.
Ma in questo autunno sorprende la comparsa di due “Schubertiadi”, o meglio due veri concerti pubblici, il primo dei quali organizzato dalla IUC – Istituzione Universitaria dei Concerti della Sapienza – il 28 ottobre scorso nell’Aula Magna dell’Ateneo: il ben noto “Winterreise” (1827). Si tratta di un’opera fra le più ascoltate, eseguite, amate di Franz Schubert: la suddetta serie di 24 lieder, conclusa nell’ultimo anno di vita del compositore austriaco. Concepita per voce tenorile, ma anche baritonale o femminile con accompagnamento pianistico, porta al suo culmine il genere musicale del lied, che Schubert amava sopra ogni altro, ma che è soprattutto espressione per eccellenza della sensibilità romantica.
Ad interpretare questo capolavoro del Romanticismo, l’Istituzione ha scelto il tenore inglese di chiara, anzi chiarissima fama Ian Bostridge, dalla voce attestata sul registro alto e pronta ad ogni inflessione espressiva, che il ruolo richieda. Artista dalla ricca carriera, Roma lo conosce per aver egli interpretato magistralmente pochi anni fa, in “Opfergang” di Werner Henze all’Accademia di S.Cecilia, il ruolo del ‘piccolo cane bianco’. Appassionato della creazione oggi in programma, Bostridge ha pubblicato nel 2015 a sua volta il libro “Winterreise di Schubert: anatomia di un’ossessione”.
Era accompagnato dall’eccellente pianista Iulius Drake: insieme hanno dato vita, partendo dal testo del poeta Wilhelm Müller, al paesaggio invernale, nevoso, cupo, in cui si muove un viandante deluso nell’amore per la fidanzata, il cui dolore lo spinge a desiderare la morte vista come liberazione. Il pianoforte concorre non poco a rendere l’urlo del vento, le grida animali, lo scrosciare delle acque sotto il ghiaccio, e a farne metafora del proprio destino.
Lo scorso 6 novembre all’Accademia di Danimarca in Roma altra “Schubertiade”, in cui un ensemble dell’Orchestra Universitaria RomaTre dell’omonimo Ateneo, col violinista Spinedi e il violoncellista Guaitolini, insieme col pianista Francesco Micozzi e il soprano Rosaria Angotti, sono stati eseguiti 7 affascinanti lieder di Schubert (compreso “Die forelle”), insieme al “Trio op.100 D939” scritto anch’esso nel fatidico 1827.
Nel successivo 26 marzo 1828, poco prima della morte di Schubert, il concerto fu eseguito nell’Accademia della Società Amici della Musica di Vienna: è stato l’unico del compositore eseguito in pubblico durante la sua breve vita.
Paola Pariset
Nell’immagine di copertina, il tenore inglese Ian Bostridge
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