SPELLO (Perugia) – La vita di Marco Antonio Grecchi (1573-1651), senese di origine, si muove per gran parte tutta intorno alla chiesa di Santa Maria Maggiore di Spello, cittadina in cui visse a lungo, anche perché vi incontrò l’amore. Cecilia Fabbri (1568-1650), nativa di Città di Castello, aveva sposato Gaspare Cambi che la lasciò presto vedova. Legata da affinità parentale stretta con il canonico di Santa Maria Maggiore, don Giustino Cambi, fu forse proprio quest’ultimo a farla incontrare col pittore senese (più giovane di sei anni). E la scintilla scattò immediata.
L’unione – avviata probabilmente nel primo decennio del Seicento – proseguì per quasi mezzo secolo, fino alla morte di Cecilia. Marco Antonio seguì l’amata consorte appena pochi mesi più tardi, nel febbraio del 1651. A tenerli avvinti, al di là dell’affetto coniugale, anche una fede vissuta e profonda, da parte di entrambi. Tanto che la coppia, senza figli, lasciò tutti i propri beni – dopo aver adottato don Fernando Vitali, prete della stessa Santa Maria Maggiore ed originario di Esanatoglia (cittadina del maceratese) – proprio alla collegiata spellana e aggiunse anche una donazione per la chiesa di San Claudio, sempre in Spello, appartenente al monastero di San Silvestro dell’ordine camaldolese.
Poche le notizie su Marco Antonio. La sua nascita viene collocata dagli studiosi nel contado di Siena, mentre sulla sua formazione artistica gli esperti si dividono: chi lo vede crescere intorno a maestri senesi come Francesco Vanni e Pietro Sorri; chi gli attribuisce una colleganza con la bottega del bolognese Alessandro Tiarini; chi aggiunge la frequentazione con Ventura Salimbeni, detto Cavalier Bevilacqua e con Cristoforo Roncalli, entrambi presenti, all’epoca, tra Perugia, Foligno, Assisi e la Valnerina. I suoi primi lavori (risalenti al 1575), almeno quelli conosciuti, sono incisioni fatte a Siena e conservate nella Biblioteca comunale degli Intronati della città del Palio. Ma già cinque anni più tardi Grecchi approda in Umbria.
A Valle Gloria di Spello, lungo la strada che sale al suggestivo Collepino sul Subasio, dipinge (1600) una tela con San Francesco d’Assisi, San Francesco di Paola e Santa Caterina e l’anno dopo è attivo nella chiesa di Santa Maria Maggiore in Spello dove completa un quadro con Santa Cecilia e S. Francesco di Paola ed inoltre una pala d’altare (1603). Con i canonici di questo luogo sacro (costruito sui resti di un tempio pagano dedicato a Giunone ed a Vesta) tratta l’acquisto di una casa (1604). Lavora nella chiesa di San Lorenzo (anche questa una collegiata famosa, danneggiata tra l’altro nel 1239 dai soldati di Federico II di Svevia), ma si sposta anche a Foligno, per commissioni che gli vengono affidate dai Priori della città, dove si iscrive alla Confraternita di San Girolamo (l’appartenenza a questo sodalizio era riservata a “laureati o professionisti zelanti del culto cristiano”).
Risulta dagli archivi, poi, che Grecchi abbia incassato 130 scudi per “L’Ultima cena”, affrescata nel refettorio dei frati minori di Santa Maria degli Angeli (ancora esistente, ma purtroppo poco leggibile per le ridipinture susseguitesi nel corso dei secoli). Spello, comunque, è ormai la sua patria d’elezione: vi acquista anche un terreno. La sua fama cresce, tanto che lo chiamano ad Amelia, nel castello di Sambucetole (in San Matteo) al confine tra il tuderte e l’amerino, a Bevagna (in Sant’Agostino), a Cannara, a Fiamenga, a San Giovani Profiamma, di nuovo a Spello (Oratorio di San Bernardino, affreschi in Santa Maria di Valle Gloria e ancora in San Lorenzo). La sua pittura evolve, come comprensibile, nei decenni: dalla scuola senese e bolognese degli esordi, al baroccesco umbro-marchigiano della maturità, fino al linguaggio controriformista dell’ultima fase, anche se, ormai ultrasettantenne, tornerà ai colori luminosi dei suoi inizi.
Un pittore minore, certo, ma apprezzato dai suoi contemporanei. E che avrebbe potuto ambire pure a più prestigiosi centri d’Italia se non ci fosse stato, a trattenerlo, l’affetto nutrito, sentimento reciproco, per Cecilia: Marco Antonio non aveva alcuna intenzione di allontanarsi e di distaccarsi troppo a lungo da sua moglie. L’amore, per l’artista, contava più ed oltre la carriera, il successo, il denaro.
Elio Clero Bertoldi
Nell’immagine di copertina, la collegiata di Santa Maria Maggiore a Spello, in Umbria
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