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I forni di comunità, “perduti e ritrovati”

di | 2023-09-22T23:33:51+02:00 24-9-2023 5:15|Attualità, Sezione 4|0 Commenti

RIETI – Alla ricerca dei forni di comunità per il “Pane di Francesco”, uno dei progetti culturali in programma per le celebrazioni dell’ottavo centenario della prima rappresentazione del Presepe “Greccio 2023”, con giornate di panificazione comunitaria, che coinvolgeranno anche il locale carcere. Da ottobre a dicembre saranno organizzate giornate in cui si potrà imparare a fare il pane, cuocerlo nei forni “perduti e ritrovati” della provincia di Rieti, con il Comitato Greccio 2023 e la Cooperativa sociale e di comunità Campagna Sabina, che raccoglierà le segnalazioni dei forni comunitari non più in funzione, sia pubblici che privati, per mapparli e identificare dove organizzare il programma di laboratori di panificazione comunitaria (le attività verranno concordare in una fase successiva). Le segnalazioni dovranno essere inviate entro le ore 23 del 24 settembre tramite e-mail all’indirizzo: forniperduti@gmail.com o direttamente a mano a Campagna Sabina, Le Tre Porte, Via della Verdura 21/25, Rieti (353.4083619).

Le persone potranno tornare a incontrarsi presso un forno, luogo storico di socializzazione, grazie a laboratori guidati di panificazione per adulti e bambini, recuperare la socialità dell’attesa e del lavoro condiviso, ottenere un prodotto buono, genuino, fatto con le proprie mani e con farine locali. Un’occasione per essere comunità e promuovere il territorio della provincia di Rieti, in nome di San Francesco. Il pane è il cibo che unisce, ci vuole il fuoco, ci vuole tempo, non è un dono della natura, ma il primo prodotto finale di un processo di combinazione e trasformazione di elementi naturali fatto dall’uomo. Dal latino cum panis, con il pane, vengono i termini compagno, compagna e compagnia. Compagni sono quelli con i quali si mette in comune il pane: un gesto che dimostra la volontà di stare insieme. Il pane condiviso è sinonimo di amicizia e protezione, di cibo e di vita, segno della disponibilità a incontrarsi anche fra persone che non si conoscono. I forni comunitari a legna nascono dalla necessità delle famiglie rurali di panificare con minore dispendio di risorse.

Padre Renzo Cocchi

Da qualche anno associazioni e centri sociali, amministrazioni comunali e gli stessi cittadini, stanno riproponendo i forni comunitari, antichi, ristrutturati o di nuova costruzione (in argilla, in mattoni o alimentati a pellet), sono esempio di condivisione e di integrazione, combattono la crisi, permettono di conoscere con quale farina è preparato il pane, rispondono ad una ritrovata voglia di stare insieme. Alcuni Comuni in Piemonte e Val d’Aosta hanno recuperato antichi forni in pietra che utilizzavano le famiglie (cuocendo tra i 20 e i 130 pani al giorno): aprono solo in determinate occasioni, come feste e sagre, attrazione turistica.

I forni comunitari sono veri e propri progetti sociali, esempi di autoproduzione, aggregazione, sostenibilità ambientale, come il forno popolare Casetta Rossa (via Magnaghi 14, nel quartiere romano La Garbatella), inaugurato nel 2013, costruito ex novo dalla comunità locale, il forno degli Ortisti, sempre a Roma, in terra cruda, a forma di lumaca, costruito dalla Terra! Onlus. In Liguria, ce n’è uno in argilla realizzato a Sestri Ponente su iniziativa del Circolo Filippo Merlino, l’Associazione Terra! onlus e il Municipio VI Medio Ponente, è ora a disposizione del circolo e delle realtà locali, sede di laboratori alimentari per grandi e piccoli, è stato utilizzato dalle famiglie per cuocere il panettone genovese, con un piccolo contributo.

Un altro esempio virtuoso è il forno comunitario nel centro storico di Andria, provincia di Barletta-Andria-Trani, che occupa persone di tutte le etnie, provenienti dalla Cooperativa Sant’Agostino. Qui, le famiglie della città vengono a cuocere pane, focacce e paste tra una chiacchiera e uno scambio di ricette. Dove c’è il forno, ci sono anche un piccolo mandorleto, un uliveto e un orto, da cui la cooperativa produce patè di olive, olio extra vergine d’oliva e la “bomba murgiana”, mix di melanzane, olive, peperoni, peperoncino e sardine tritate.

La cappella di Fonte Colombo

Bene dunque l’iniziativa del comitato Greccio 2023 e Campagna Sabina: nei prossimi mesi si scopriranno quali località sono state scelte. Il pane di Francesco avrà un suo marchio e resterà in futuro, anche nei ristoranti locali. A Palazzo Dosi Delfini a Rieti, è ancora possibile visitare la mostra dell’artista sarda Maria Lai ‘Il pane del cielo’. Con il comitato Greccio 2023 ha collaborato nei giorni scorsi la Federgat (organizzazione, consulenza nel campo dello spettacolo, aperta ai settori della formazione e della valorizzazione del teatro come strumento di promozione sociale e di mediazione culturale, capofila dell’iniziativa ‘I teatri del sacro’) per realizzare un percorso collettivo di ascolti dei luoghi francescani ‘A passi tardi e lenti’, ideato e curato da Fabrizio Fiaschini e Alessandra Pioselli, con due laboratori: ‘Il silenzio del suono’, azione sonora nei monasteri francescani, curato da Antonella Talamonti (compositrice, formatrice, ricercatrice e performer), immersa per alcuni giorni nell’atmosfera del santuario francescano di Fonte Colombo, il laboratorio ‘Cercare tracce’ curato da Marcella Vanzo (antropologa e artista) al santuario di Poggio Bustone.

L’esperienza vissuta nei luoghi francescani è stata ‘restituita’ il 9 settembre al pubblico a Greccio, la mattina al Santuario, nel pomeriggio in piazza e nei vicoli medievali. Il laboratorio ‘Cercare tracce’ si è fortemente legato al contesto, esplorando la relazione tra spiritualità e performance, con alcuni approfondimenti sulla figura del santo, cercando risposte alla ricerca del sacro e ai nostri gesti. Pratiche performative, movimento nella natura, riflessioni e condivisioni, letture e meditazioni per l’ascolto profondo di sé stessi e in relazione al gruppo, applicando gli studi fatti nei mesi precedenti sull’estrema povertà, la ricerca filosofica di Giorgio Agamben, R. M. Rilke, la scultura sociale di Joseph Beuys, pittore, scultore e performance artist tedesco, Chiara Frugoni, Sacha Guitry attore, regista e sceneggiatore francese, Jacques Le Goff, storico francese, studioso della storia e della sociologia del Medioevo, Antonin Artaud drammaturgo, attore, saggista e regista teatrale francese. A Fonte Colombo, con il laboratorio ‘Il silenzio del suono’ Antonella Talamonti, ha guidato il gruppo alla ricerca delle diverse acustiche: le pietre, le montagne e i boschi, facendo comparazioni del suono nello spazio, vicinanza e lontananza, come rispondono al canto e alla parola il chiostro e la chiesa, l’orto e il giardino, le scale, le strettoie, gli affacci sulle colline, l’ascolto dei luoghi, il silenzio, la presenza, il paesaggio sonoro, l’ascolto di sé e dell’altro attraverso il corpo e la voce.

Risuonano tra le antiche pietre canti della tradizione popolare: canti veneti, canti della zona dell’ascolano, teramano, maceratese, sabino, la Passione di Poggio Bustone, preghiere popolari di Amatrice (da ricerche di Eugenio Cirese). Gli stornelli a mète, alla pecorara, ninna nanna, dal repertorio di Italia Ranaldi di Poggio Moiano, la struggente canzone delle raccoglitrici di olive ‘E lu vache de la live” da Civitella Messer Raimondo (ricerche nel chietino di Diego Carpitella nel 1970), ‘Nena mia so’ barcaiolo’ di Paganico Sabino (ricerche di Roberto Marinelli nel 1978). Un’esperienza unica, un’immersione nei luoghi, nel suono e nello spazio e nel tempo. Tornando in piazza, il gruppo di Marcella Vanzo ha infilato i piedi di ognuno in mucchi di terra: siamo alberi, apparteniamo alla terra, i mietitori lavoravano a piedi nudi nella terra.

Francesca Sammarco

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