RIETI – Dal trattato di Apicio (IV sec. d.C.) al libro di ricette “A tavola nel Medioevo” (ed. Laterza) scritto da Odile Redon, Francoise Sabban, Silvano Serventi, passando per i libri denominati Viandier (forma più arcaica di libri di cucina) e altri, fra cui il Libro de arte coquinaria di Maestro Martino. Alcuni erano ordinati alfabeticamente, altri in base ai prodotti usati, o in base ai tipi di portate. Le ricette originali illustrate nel libro ‘A tavola nel Medioevo’ non rispecchiano l’alimentazione comune (per questo tipo di approccio ci sono Massimo Montanari e Louis Stouff, che si sono documentati su fonti più popolari, come i registri dei conti o i contratti passati nelle mani del notaio), appartengono a un Medioevo molto aristocratico, frutto di ricerche nelle biblioteche più preziose.
Nella prima di copertina Natalia Aspesi scrive: “Una scusa culturale per mangioni carichi di sensi di colpa. Dalla torta di Re Manfredi alle frittelle dell’Imperatore, dal brodetto saracenico alla salsa camelina di Tournai, per i banchetti smemorati di oggi”; e Alessandro Barbero aggiunge: “Non solo una riflessione divertente ed erudita sull’arte culinaria medievale, ma la proposta pratica di 150 ricette per riscoprire le raffinatezze di una cucina ingiustamente dimenticata”. Il libro propone le ricette del Tre-Quattrocento, periodo in cui si conclude l’elaborazione della cucina medievale, nata in completa rottura con la gastronomia antica e in contatto con quella araba attraverso la penisola Iberica e la Sicilia. Nel Seicento i gusti furono stravolti da una rottura netta, contraddistinta dall’abbandono della maggior parte delle spezie orientali, tranne il pepe, valorizzazione degli aromi locali e la diversificazione dell’uso dei grassi.
Questo libro è frutto di lunghi anni di studi e di pratiche culinarie tesi a ricostruire i banchetti storici, in collaborazione con altri ricercatori, a cui si aggiungono i responsabili e membri della contrada della Selva di Siena, la mai dimenticata Chiara Frugoni, dipartimento di storiadell’Università di Pisa, Mario Carta (ristorante La cerreria di Pisa), il gruppo di Santo Stefano Belbo, museo bretone, compagnie teatrali francesi e tanti ancora. Non c’è nulla che sia stato lasciato al caso e soprattutto scordatevi il pomodoro, mettete al bando la patata, il peperoncino, la forchetta e i tovaglioli, la polenta non sarà di mais, niente caffè e niente tabacco a fine pasto. Spezie invece tante, a volontà (anche se costose, provenienti dall’Oriente), acqua di rose, pollo ricoperto di zucchero, anguille farcite con fichi secchi, ceci con tinche marinate, a fine pasto confettini di spezie candite.
La cucina medievale ha caratteri comuni, ma esistono differenze. In questo libro si prende in esame la cucina medievale francese, italiana e provenzale. La Francia del Nord è già diversa, oceanica e incentrata su Parigi con altri riferimenti culturali ed ecologici. L’ineguaglianza di fronte all’alimentazione c’è stata in qualunque tempo, la cucina dipende anche dall’approvvigionamento locale, dallo status sociale, come il pesce di lago nelle zone interne, il montanaro mangerà castagne e cercherà di farne farina per il pane, il pesce di mare arriva sotto sale. Insalata e frutta si mangiano normalmente, ma la scelta di un’alimentazione solo “naturale” consistente in acqua e erbe crude scondite, riguarda persone che si ponevano ai margini della società, mistici o eremiti.
In tempo di carestia, come fu nel 1315-16, quando l’Europa fu colpita dalla crisi cerealicola, i ricchi avevano riserve nei fienili e nei granai, il contadino ripiegava su erbe selvatiche. In tempi di abbondanza mangiavano tutti verdure, carni lesse e molto pane, la differenza era nelle quantità e comunque il contadino aspetterà Carnevale, Pasqua, la festa patronale. E adesso entriamo nel vivo con alcune ricette che possiamo replicare facilmente.
Cretonnée di piselli o fave fresche Lavare e mettere a bagno 350 gr di piselli (o di fave), cuocerli fino a farli disfare, salare e scolare. A parte bollire mezzo litro di latte di mucca con zenzero e zafferano. Sbattere a parte 3 rossi d’uovo, passare al setaccio, aggiungere lentamente il latte continuando a sbattere, aggiungere i piselli (senza far più bollire), insieme a pezzetti di carne rosolata nello strutto.
Minestra d’erbe fresche Dare appena un bollore a foglie di bietola, un po’ di borragine (o spinaci), tritarle fini con un coltello, tritare prezzemolo e menta cruda, mischiare il tutto nel mortaio, metterlo nella casseruola con brodo di manzo e un po’ di pepe e far bollire.
Zanzarelli (per 10 piatti) 8 uova, mezza libbra di formaggio grattugiato e pangrattato, mescolare, mettere sul fuoco una pentola di brodo di carne fatto diventare giallo con lo zafferano, appena inizia a bollire versare il composto girando. Toglierlo dal fuoco quando sembra rappreso, aggiungere pepe (somiglia alla stracciatella).
Lasagne Prendere della pasta fermentata, tirarla sottilissima, divederla in quadrati, farla bollire in acqua salata e poi metterla a strati spolverando con formaggio grattugiato e spezie. Si mangiano prendendole con un bastoncino di legno appuntito.
Frittelle di formaggio Mischiare rossi d’uovo, farina, sale e un po’ di vino, sbattere, aggiungere formaggio tagliato a fettine sottili, friggere velocemente, altrimenti il formaggio si scioglie troppo.
Salsa camelina di Tournai (per il pesce alla griglia) Macinare zenzero, cannella, zafferano, mezza noce moscata, stemperare con il vino. Ammollare in acqua fredda mollica di pane, pestare nel mortaio, stemperare con vino e passare al setaccio, bollire il tutto e alla fine aggiungere zucchero (versione invernale) nella versione estiva non si fa bollire.
Salsa celeste estiva Raccogliere le more, pestarle con mandorle e zenzero, stemperare in agresto e setacciare (agresto è fatto con mosto di uva acerba, con aceto e spezie: dragoncello, cannella, aglio, cipolla miele, poi invecchiato in botte. Si addice alle carni bianche.
Agliata per il pesce Aglio, mollica di pane imbevuta di latte di mandorle (o in acqua), si può fare con noci o con mandorle pestate.
Buon appetito.
Francesca Sammarco
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