RIETI – “Cosa intendevi per arte quando hai scelto la tua strada?”. “Giocavo con grande serietà, a un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte” rispose Maria Lai, artista sarda (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013), conosciuta per le sue opere tessili (il critico Giorgio Di Genova la definì una poetica amanuense del cucito), una tecnica artistica che si avvale di materie povere, pietre, stoffa, legno, fil di ferro, iuta, la tradizione, lo scarto e il cucito, rispecchiando in pieno la sua anima sarda. Chi più di lei poteva rappresentare gli eventi (mostre, teatro, spettacoli) organizzati dal comitato Nazionale Greccio 2023, per l’ottavo centenario dalla prima rappresentazione del Presepe di San Francesco a Greccio?
La mostra “Il pane del cielo” è stata inaugurata il 30 giugno a palazzo Dosi Delfini a Rieti in Piazza Vittorio Emanuele II, di proprietà della Fondazione Varrone e resterà aperta fino al 15 ottobre (orari dal mercoledì al venerdì dalle 17 alle 20; sabato e domenica 10-13;17-20). In autunno è in programma una replica in Vaticano. La mostra è ideata e curata da Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento di Firenze (istituzione culturale impegnata nella realizzazione di progetti di valorizzazione di collezioni del Comune di Firenze) e Eva Francioli, in collaborazione con l’Archivio Maria Lai, organizzata dall’Associazione Mus.e.
Le quaranta opere esposte, provenienti da collezioni private e dall’archivio Maria Lai, sono ispirate al creato e all’amore per l’altro, motivi ancestrali eppure di grande attualità, che illuminano la vita di San Francesco e trovano una sensibile interpretazione in Maria, le cui creazioni sembrano interrogarci sul mistero dell’esistenza, guidandoci con infantile stupore tra le inesauribili meraviglie del mondo. Del resto lei stessa si paragonava a una “capretta, umile e caparbia, ansiosa di precipizi” (opera in bronzo e ceramica). “Amo il presepe – diceva – perché ci raccoglie intorno alla speranza di un mondo nuovo” e il suo presepe di iuta e fil di ferro, con pecorelle nere, fitto di personaggi è un’umanità che si muove alla ricerca della pace, rievocando il “Quarto stato” di Pellizza da Volpedo. Non rivendicazioni per i lavoratori, ma rivendicazioni per l’anima, che in fondo, sono la stessa cosa. I suoi presepi sono spesso frammentati e incompleti, chiamano in causa la precarietà della condizione contemporanea e allo stesso tempo mettono in connessione la finitezza della terra e l’infinità del cielo.
Direttamente dal Museo Novecento di Firenze è in esposizione l’opera “L’offerta”, un pane in terracotta, legno e vernice, quel “corpo di Cristo” offerto a tutti noi come nutrimento spirituale. L’interesse per la panificazione, metafora di arte e vita, attraversa l’intera produzione dell’artista, affascinata sin dall’infanzia dalla ritualità e dal mistero del “farsi da sé” dell’impasto. “L’artista ci porta dentro una riflessione sul ‘sacro contemporaneo’, ispirato ai segni francescani così presenti in Valle Santa ma assolutamente universale. Il pane è questa Valle e la sua terra, il cielo invece è il nostro pianeta, è il dialogo di pace con tutti i popoli che lo abitano e si interrogano sul futuro” sottolinea Paolo Dalla Sega, manager culturale del Comitato Nazionale Greccio 2023. Il comune di Greccio ha rinnovato il gemellaggio con la città di Betlemme “il cui nome significa casa del pane. Il primo presepe aveva solo un asino e un bue, una mangiatoia vuota, ma con la paglia, che rappresenta il pane, messaggio e simbolo universale”.
Presenti in numerosi progetti espositivi, i pani di Maria Lai hanno negli anni trovato casa in terra sabina, con il progetto da lei firmato “Olio al pane e alla terra il sogno” realizzato nel 1999 per il Museo dell’Olio della Sabina nell’antico forno di Castelnuovo di Farfa. “Io fin da bambina avevo sempre bisogno di sfuggire di casa e mi si guardava con un’interrogazione: ‘Non ti amiamo abbastanza? Perché stai sempre lontana? Perché ti nascondi sempre?’. Io amavo molto stare sola, nascosta, e mi dicevano: ‘Ma cosa fai?’. E io ascoltavo il silenzio. Mi sembrava bellissimo. Però naturalmente mi sentivo diversa, mi sentivo sempre un po’ accusata, mi pareva di tradire chi mi amava. E sempre ho avuto il bisogno di creare distanze tra chi mi ama e me. Non sopporto di essere amata più di tanto. Il vero amore è quello che mi dava mio padre aiutandomi a essere libera anche essendo preoccupatissimo per me”.
Maria Lai agisce da sola con un bagaglio di esperienze e di vissuto singolare, impossibile da associare a qualsiasi movimento. Nelle sue opere parla di sé e del lavoro femminile della sua terra, in un mondo delle arti che era dominato dagli uomini e veniva assalita dallo sconforto di dover continuare a lottare e trovarsi a vivere all’ombra dei suoi compagni di strada (Pino , Jannis Kounellis, Piero Manzoni e Alighiero Boetti) con i quali aveva condiviso negli anni Sessanta i nuovi linguaggi dell’arte. I riti arcaici, i gesti quotidiani, tessere, cucire, ammassare il pane, sono riti collettivi e mentre si lavora, si raccontano storie, esperienze di vita, come quando le donne andavano a prendere acqua alla fonte, lavavano i panni.
In esposizione opere in ricamo che sono anche la sua autobiografia, i suoi pensieri, aforismi, cuciti in delicate scritture su stoffa, in cui il linguaggio scritto si combina con l’immagine annullando le distanze tra poesia e arti visive. Riflessione su una pratica antichissima e legata alla figura femminile, il cucito appare un luogo di libertà, in grado di tradurre istanze universali e personali, che emerge nelle Geografie, teli ricamati su cui si dispiegano imbastiture di complesse “mappe astrali” che, ricorda l’artista, “rispondevano all’esigenza di un rapporto con l’infinito, di una dilatazione e proiezione sulle lontananze”.
Le sue carte geografiche ci invitano a compiere un viaggio oltre la contingenza, disegnando spazi immaginari, evocando mondi, costellazioni e armonie astrali. Le linee curve e quelle oblique conducono il nostro sguardo verso l’altrove, un vuoto che si carica di mistero e di magia: “Cerco spazi cosmici, cieli, spazi lontanissimi, però tattili. Gli spazi che cerco non sono tanto in una superficie, quanto al di là di essa”.
Maria Lai, un’anima simile a quella di San Francesco, una mostra da non perdere.
Francesca Sammarco
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