MILANO – Sarà capitato a tanti di sentirsi porgere una domanda alquanto strana e di restare poi interdetti ed imbarazzati nel dover trovare una risposta adeguata; il riferimento è all’amena richiesta se si preferisca pagare per intero la cifra dovuta per un servizio erogato o fruire di uno sconto rinunciando alla ricevuta fiscale; scelta quest’ultima che, sottointeso, garantirebbe l’evasione totale per il soggetto “richiedente”. Talvolta l’estrema variabilità della vita scioglie più semplicemente il dilemma, in quanto può sempre capitare che un altro richiedente, diverso dalla fattispecie di cui sopra, non rilasci tout court alcun documento fiscale. Per una riflessione che non scada in mal tollerate reprimende o in altrettanto ormai inusitate forme di rigorismo morale, è quanto mai opportuno osservare criticamente dati e leggi.
Punto prioritario da cui partire è che in uno Stato democratico si operi in conformità all’atto normativo fondante e la Costituzione italiana all’articolo 53 così recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Si afferma quindi il dovere civico per tutti di pagare le tasse e nel contempo la validità del criterio della proporzionalità nella quantificazione degli importi dovuti. Il Presidente della Repubblica Mattarella, assoluto garante dei principi sanciti dalla Carta Costituzionale, si è sempre in tal senso espresso fin dal discorso dell’insediamento per il primo mandato e successivamente in tanti altri, ribadendo come tutti siano tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e quanto l’evasione consapevole degli obblighi fiscali, insieme a tutte le diverse forme di illegalità, debbano essere sempre contrastate con fermezza.
Nell’intervento dello scorso 21 giugno, in occasione del 249° anniversario della costituzione della Guardia di Finanza, ha rimarcato che “la Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune”. Alle origini il Corpo militare delle Fiamme Gialle era denominato “Legione Truppe Leggere” ed era impiegato in compiti diversi, dal vigilare sui diritti doganali al difendere i confini del Regno. Il motto araldico “Nec recisa recedit” (neanche spezzata retrocede) adottato dal 1933, ma proposto precedentemente da D’Annunzio per l’impresa di Fiume, esprime lo spirito con cui tutti i suoi componenti assolvono ad una funzione fondamentale: traducono il principio di giustizia fiscale nella nostra quotidianità.
L’appuntamento per la celebrazione fondativa coincide con la pubblicazione del rapporto annuale delle operazioni effettuate; si evince, tra gli altri dati, che nel periodo compreso tra il primo gennaio 2022 e il 31 maggio 2023, sono stati individuati 8.924 evasori totali, ossia esercenti di attività d’impresa o di lavoro autonomo completamente sconosciuti al fisco; oltre 3.000 in più rispetto ai 5.762 scoperti nei diciassette mesi precedenti. Non è evidentemente l’unico “risultato” reso noto, dal momento che per le Fiamme Gialle l’impegno è totale ed esteso a tutti i campi (un milione e mezzo di interventi) al fine di contrastare ogni illecito economico-finanziario, nonché le molteplici infiltrazioni della criminalità nell’economia a tutela di famiglie e imprese.
I dati di “Itinerari Previdenziali” parlano di 36 milioni di italiani che non pagano le tasse, per converso Paolo Pagliaro precisa, nel suo libro “Cinque domande sull’Italia”, che il 13,07% della popolazione, circa 8,2 milioni di contribuenti, versa quasi il 60% delle tasse. Si tratta essenzialmente di lavoratori dipendenti e pensionati, in particolare quelli appartenenti alla fascia di reddito da 35mila euro in su dal momento che non godono di sgravi di legge. Certo riformare il sistema fiscale non è un’operazione semplice, come non lo è impedire che esso venga rallentato da norme talvolta eccessivamente contorte o obsolete. A ciò si aggiunga che l’Italia è tra i paesi in cui le aliquote sui redditi imponibili sono alte e finiscono col gravare ulteriormente sui contribuenti a fronte, soprattutto, di una politica salariale carente negli adeguamenti alla spinta inflazionistica. Va inoltre sottolineato che la media dei salari nazionali è ben al di sotto di quella europea a parità di funzione svolta e che non sempre le entrate del gettito fiscale vengono reinvestite in maniera adeguata, corretta e funzionale ai bisogni reali.
A fronte di questi dati una risposta consona potrebbe, tuttavia, essere ipotizzata per la strana domanda iniziale. Il rispetto delle regole non è mai espressione di debolezza, ma partecipazione consapevole alla vita della collettività di cui si è parte e condivisione della gestione corretta, onesta ed efficiente dei beni e servizi comuni. Assolvere ai propri doveri fiscali è manifestazione di quel senso civico che è la base di ogni democrazia; certo le leggi devono e possono essere sempre migliorate ed adeguate al contesto in cui vigono, ma sempre si deve scongiurare il rischio che il paradigma del “fare il furbo” possa essere considerato la soluzione giusta o, peggio, che accumulare ricchezza senza fatica, professionalità e onestà intellettuale possa divenire un ideale da raggiungere (youtoubers docent…).
Si stima che il costo dell’evasione fiscale sia pari a 1.700 euro a testa e va da sé quanto esso aggravi la, per così dire, quasi strutturale mancanza di fondi, personale e attrezzature dei settori pubblici. Allora il termine patria, di cui spesso si fa un uso improprio, troverebbe una giusta collocazione proprio in questo senso; che cosa può esserci mai di più patriottico dell’assolvere al dovere civico di contribuire tutti, in relazione alla propria disponibilità, alla crescita, benessere e progresso della propria nazione?
Adele Reale
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