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Il dovere di insegnare e la scuola senza regole

di | 2023-07-16T10:10:31+02:00 16-7-2023 5:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

ROMA – La prof che viene impallinata e ripresa in un video in classe a Rovigo ma gli studenti vengono promossi con 9 in condotta. Ad Abbiategrasso i genitori di uno studente che aveva accoltellato l’insegnante in classe fanno ricorso contro la bocciatura. E poi le sentenze del Tribunale. Basta guardare su internet: ce n’è per tutti i gusti e tutte contro i professori. Il 2023 è stato una vera e propria ecatombe tra i banchi di scuola e i dati dicono che c’è qualcosa – anzi, molto – che non va. Il fatto è che ognuno dice la sua sull’istituzione che una volta aveva la “I” maiuscola. Ora, invece, non è più neanche tanto istituzionale. Ognuno ne ha un modello ideale: chi la vuole più permissiva, chi senza voti o senza compiti, senza regole o, ancora, c’è chi la vuole addirittura senza scuola.

Perché, in effetti, da luogo sacro dove si imparava a “leggere, scrivere e far di conto”, da tempio venerabile della cultura, essa si è trasformata in una agenzia dove con il Pcto (ex alternanza scuola lavoro), i giovani “assaggiano” il sapore di un mestiere, con i laboratori sperimentano tutto lo sperimentabile, con i progetti si mettono alla prova come attori, cantanti, giornalisti, fanno spendere fior fior di quattrini ai genitori per i viaggi e chi più ne ha più ne metta. Di uscire dalla maturità con la capacità di comprendere pienamente un testo, però, non se ne parla. I dati sull’alfabetismo funzionale parlano chiaro: i nostri studenti non sanno né leggere né scrivere. Al limite possono provare a ripetere la lezione a memoria e a mettere in croce qualche parola in libertà.

Il docente ha un bel da fare per stare dietro ad una scuola che cambia a seconda dei gusti dell’utenza: così si improvvisa accompagnatore e guida turistica per correre dietro a studenti in viaggio nelle capitali europee, lo troviamo imbacuccato sulle piste innevate dietro a orde di alunni sciatori in settimana bianca e purtroppo, spesso senza alcuna preparazione atletica, sulle rapide di un fiume per offrire l’esperienza del rafting ai ragazzi. Le cronache ci raccontano come va a finire molte volte ma non si parla mai dell’abnegazione – non richiesta né obbligatoria in quanto tale – di questi docenti che hanno dimenticato di “docere” pur di ottenere il consenso della “clientela” (perché di questo si tratta).

Non bastavano le “lavate di testa” dei dirigenti per le valutazioni troppo basse, per una nota troppo “offensiva”, per interrogazioni troppo “inquisitorie”.  Ad abbassare la dignità della classe insegnante c’è anche la vocazione di alcuni a fare il “jolly”, che si presta a tutto ed è buono per ogni occasione. Gratis e pure senza assicurazione, con l’avvocato da pagare se qualcosa va storto. C’è da dire che i genitori pretendono: che la scuola offra opportunità, viaggi, esperienze, socializzazione. L’insegnante che va di moda è quello che è disposto a tutto “per amore degli studenti” però i commenti sui social quando in un viaggio qualcosa va male sono senza pietà, di questo tenore: “Ma la scuola perché propone queste attività? L’insegnante dov’era? Non doveva solo insegnare?”.

Ecco, torniamo ad una scuola dove l’insegnante svolge l’attività insita nella parola che indica la sua professione e sta un po’ di più in classe. Per una sorta di autolesionismo o forse per quieto vivere misto ad una tendenza al “mammismo” i professori hanno iniziato a far finta di non vedere, di non sentire, di dimenticare lasciando che il fiume genitoriale sfondasse l’argine, inondasse la scuola e ne prendesse la gestione anche con la paura.

Se non è bastato il 2023 a provocare uno scatto d’orgoglio, allora la scuola sarà finita. Anche per colpa degli insegnanti.

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