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“Dei Sepolcri”, lezione eterna contro la barbarie umana

di | 2023-06-22T20:20:07+02:00 25-6-2023 5:25|Cultura, Sezione 6|0 Commenti

MILANO – L’assoluto e sconfortante nichilismo con cui si apre il carme Dei Sepolcri (1806 -7) di Ugo Foscolo viene rovesciato nella successiva pars construens (attitudine costruttiva) dell’opera con il supporto di riferimenti storici, filosofici, letterari ed etici; pertanto al dubbio che niente possa dare sollievo alla morte, vista come completa dissoluzione dell’essere (“All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne//Confortate di pianto è forse il sonno//Della morte men duro?”), si contrappone la costituzione di una vera e propria “religione dei sepolcri”. L’autore, di solida formazione classica ed illuministica, apre alla nuova compagine culturale romantica e, non senza che il suo “spirto guerrier” ne sia dilaniato, così supera la fredda e lucida razionalità del materialismo, elaborando il sistema delle “Illusioni”.

Una di queste è il sepolcro, che si trasfigura nell’immagine di un nodo e tramite degli affetti familiari “Celeste corrispondenza d’amorosi sensi”, grazie a cui l’estinto continua a vivere nella mente di tutti coloro che lo hanno amato e lo ricordano; quindi nella constatazione che ogni monumento funebre sia elemento tangibile della stratificazione storica rievocata negli istituti della famiglia, della giustizia, della religione “dal dì che nozze tribunali ed are”; infine nella sua funzione civile ed educativa per le generazioni future “A egregie cose il forte animo accendono// L’urne de’ forti”.

Ugo Foscolo

Questa valenza attribuita al sepolcro, anche in una visione laica sostenuta dalla pietas, veste di sacralità tutti i luoghi legati alla morte. Nella storia passata e recente si annoverano, tuttavia, episodi di profanazione di tombe da parte di fanatici imbevuti di cieco odio; tornano alla mente i cimiteri ebraici devastati da naziskin o le distruzioni di testimonianze architettoniche funebri, diffuse anche via web, da intransigenti e violenti integralisti religiosi per ottenere proselitismi o le tombe vilipese di coraggiosi rappresentanti, barbaramente uccisi da spregevoli esponenti delle criminalità organizzate, delle forze dell’ordine, della magistratura, della politica e del giornalismo e, non ultimi, di esponenti della società civile.

Il rispetto ed il decoro dei cimiteri devono essere senza dubbio considerati un indice della civiltà dei popoli; al contrario la storia è costellata da troppe e famigerate “fosse comuni”, dietro alle quali c’è da sempre una qualche guerra o la spietata violenza di un qualsivoglia regime dittatoriale. L’elenco sarebbe lunghissimo e rischierebbe di ridursi ad una macabra e tragica numerazione cronachistica (recentissime, non ultime purtroppo, le immagini provenienti da Bucha in Ucraina e da Sfax in Tunisia). Basti osservare che non c’è periodo storico, né paese in cui non sia stato rinvenuto all’interno di anfratti naturali, di grotte carsiche o abissi marini, l’orrore del dissenso soffocato, dei civili massacrati, del sangue versato dei conquistati. Contro le fosse comuni si scaglia del resto lo stesso Foscolo nei Sepolcri, ma in quel contesto storico esse erano state istituite in seguito all’editto napoleonico di Saint-Cloud (1804), in nome degli ideali illuministici di uguaglianza e democratizzazione estesi anche alle sepolture.

Il poeta insorge moralmente contro questo sbandierato e propagandistico egualitarismo, rammaricandosi per il fatto che il corpo del Parini, suo maestro ed esempio di intellettuale di grande levatura morale e di impegno contro il potere corrotto, ora giaccia ingiustamente senza una lapide “A lui… Non pietra, non parola”. Non è né banale, né retorico sottolineare che l’uomo, unica specie nel regno animale, uccide per uccidere e non per procacciarsi il cibo o difendersi, proprio per questo il tentativo di negare o travisare la storia fa delle fosse comuni uno strumento necessario per l’occultamento di milioni di uomini, fino all’aberrazione estrema che ha visto la progettazione di una soluzione per così dire industriale, quale quella “finale” dei forni crematori, per non lasciare traccia alcuna di queste pagine nere dell’umanità. Nessuna luce per queste vittime, nessun nome, nessuna “sepoltura lacrimata”, soli, “sine cruce, sine luce” (né lacrime, né candele, né croci).

Fosse comuni dopo l’Olocausto

Per illustrare, infine, il valore civile ed educativo del sepolcro e lo spirito di emulazione che esso suscita verso nobili imprese, Foscolo compie un excursus tra i grandi di Santa Croce, illustri intellettuali il cui pensiero vivrà per sempre, ma ai quali dobbiamo affiancare, nella diversità dell’odierno contesto, i tanti morti invisibili del lavoro, della migrazione, della guerra, del terrorismo, della povertà, dell’incuria ambientale. Non c’è piazza d’Italia in cui non sia presente un monumento al milite ignoto caduto nelle trincee della prima e/o seconda guerra mondiale; la fattura di queste opere è simile, altrettanto lo è il bisogno di ricordare “con una pietra”, anche coloro ai quali oltre alla vita è stato strappato anche il nome. Elenchi infiniti e strazianti di nomi, invece, in freddo ordine alfabetico caratterizzano lo stile di opere più recenti dal Vietnam Veterans Memorial (Washington) al Museo de la Memoria y los Derechos Humanos (Santiago del Cile), solo per citarne alcuni, in memoria di tante vittime innocenti.

Le famigerate foibe istriane

Il massacro di Srebrenica in Bosnia

Nella chiusura del carme, l’autore sottolinea come anche i sepolcri siano sottoposti alla forza del tempo che meccanicamente distrugge e trasforma la materia; ma la letteratura definita liricamente “armonia che spazza i deserti e vince di mille secoli il silenzio” e simbolicamente rappresentata nella figura di Omero cieco mendico, eternizza tutti gli uomini giusti e le loro idee “finché il Sole risplenderà su le sciagure umane”. L’umanità, nella protervia dei suoi comportamenti irrazionali e violenti, ha soltanto un modo per salvarsi: raccontare per educare, non dimenticare e confidare nell’edificazione comune di un mondo diverso in cui, come auspica Foscolo, sottotitolando il suo lavoro con un frammento dalle leggi delle XII Tavole: “I diritti degli dei Mani (le anime dei morti) siano sacri” (Deorum Manium iura sancta sunto XII TAB).

Adele Reale

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