/, Sezione 4/Francesco il “Poverello” e la mostra di Londra

Francesco il “Poverello” e la mostra di Londra

di | 2023-06-22T18:26:32+02:00 25-6-2023 5:15|Arte, Sezione 4|0 Commenti

PERUGIA – Vanitoso e superbo in gioventù, quando inseguiva il sogno di partecipare ad una crociata (la quarta) e agognava la gloria delle armi, tanto da mettersi in groppa ad un cavallo per seguire Gualtieri di Brienne, sulla via di Gerusalemme, quanto umile e riservato nella seconda vita, quella dedicata alla piena “imitazione di Cristo”. Francesco di Assisi (1181-1226) alla National Gallery di Londra (la mostra, organizzata da Gabriele Finaldi e Joost Joustra, resterà aperta e con ingresso gratuito fino al 30 luglio prossimo) rifulge al centro di dipinti, una quarantina, da Giotto ad Arrigoni, da Botticelli a Caravaggio, dal Sassetta a Zurbaràn, anche se – schivo e discreto – non ha mai posato durante la sua stagione terrena, per alcun pittore.

 

La testimonianza più significativa della sua personalità, tra i “pezzi” esposti a Londra, a ben vedere, rimane il saio, grossolano e rammendato, che l’assisiate indossò dopo il gesto, davvero rivoluzionario, di spogliarsi davanti alle autorità religiose e civili della sua città, dei costosi abiti che il padre Pietro di Bernardone dei Moriconi e la madre, Pica, al secolo Jeanne Bourlemont, francese della Provenza, gli avevano sempre assicurato. Per sposare “Madonna Povertà”, Francesco (in origine era stato chiamato Giovanni, ma il padre volle cambiargli il nome) si tolse i vestiti e rimase nudo, tanto che molti degli astanti ritennero fosse diventato pazzo, abituati a vederlo, fino ad allora, leggero, futile e festaiolo.

Tra i reperti in mostra anche il corno, regalo di sultano Malik Al-Kamil, nipote del Saladino, da cui il fraticello fu ricevuto a Damietta, in Egitto. Che Francesco – piccolo di statura e sempre disposto alla letizia, anche nei momenti più cupi, crudi e angoscianti – fosse riservato lo dimostra un altro aspetto: finché fu in vita, tra l’altro soffrendo di diverse e dolorose patologie (agli occhi e agli organi interni, tra cui il fegato), mai confidò e men che meno si gloriò delle stimmate, ricevute tra i dirupi ed i boschi de La Verna, uno dei suoi ritiri spirituali più frequentati e prediletti. Nella storia del cristianesimo, prima di lui, nessuno le aveva avute. Avrebbe avuto di che menar vanto: ma lui, niente. Nessun accenno.

All’atto del suo “transito” – avvenuto la sera del 3 ottobre 1226, alla Porziuncola, sulla nuda terra – ne fornì notizia frate Elia (1178-1253), il colto ministro generale dell’Ordine (“Ordo fratrum Minorum”, secondo il fondatore) con una epistola indirizzata ai confratelli; frate Leone (1195-1271), presente a La Verna, che custodiva la “chartula” (una pergamena) con le “Laudes Dei Altissimi” scritte di proprio pugno da Francesco, nelle annotazioni confermò la veridicità dell’evento; qualche lustro più tardi Bonaventura di Bagnoregio (1221-1274), celebre per il titolo di “doctor seraphicus”, ne trattò, con una narrazione piena e con dovizia di particolari, nella “Vita prima”.

Il prodigio si sarebbe verificato, secondo le fonti, il 14 settembre 1224 (sebbene la chiesa ne celebri memoria il 17 settembre di ogni anno). I pastori del Casentino riferirono di aver notato, quel giorno e per circa un’ora, l’aspra montagna, segnata da orridi e precipizi – il “crudo sasso” (per dirla con Dante Alighieri) – completamente illuminata da un vasto, luminosissimo incendio. Nelle sue annotazioni frate Leone – tra i primi compagni del fraticello con Bernardo di Quintavalle, Senso, Pietro, Filippo, Egidio, Elia, Ginepro, Masseo – parla di “impressionem stigmatum” (il verbo “imprimere”, in latino, significa “premere per lasciare l’impronta”).

Frate Elia, nella lettera circolare con cui comunicava a tutti i conventi d’Italia e d’Europa che il “Poverello” era spirato, chiarisce: “Ed ora vi annuncio una grande gioia, uno straordinario miracolo. Non si è mai udito al mondo un portento simile, fuorché nel Figlio di Dio, che è Nostro Signore. Qualche tempo prima della sua morte, il fratello e padre nostro apparve crocifisso, portando impresse sul suo corpo le cinque piaghe, che sono veramente le stimmate di Cristo. Le mani ed i piedi di lui erano trafitti come da chiodi penetrati dall’una all’altra parte e avevano delle cicatrici dal colore nero dei chiodi. Il suo fianco apparve trafitto da una lancia ed emetteva spesso gocciole di sangue”.

Bonaventura da Bagnoregio, intellettuale e filosofo (acclamato maestro alla Sorbona), riferendo dichiarazioni di fraticelli presenti all’avvenimento nel romitorio montano della Toscana, aggiunse che la ferita al costato sanguinava “tanto da macchiare il saio e le mutande di Francesco”. Per i credenti, un miracolo. Qualcosa di soprannaturale. Non mancano, ovviamente, gli scettici, tra gli studiosi e non. Che senza mettere in dubbio (almeno in alcuni casi) la formazione di piaghe o ferite sul corpo di Francesco, attribuiscono il fenomeno ad episodi di misticismo esasperato o, alla luce della psichiatria, ad eventi causati da forme gravi di isteria o da pesanti disturbi dissociativi di identità.

Elio Clero Bertoldi

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi