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Cogliere l’attimo o cogliere la vita?

di | 2023-06-25T17:43:14+02:00 25-6-2023 5:00|Attualità, Sezione 1|0 Commenti

NAPOLI – Troppo spesso ci si ritrova a fare i conti con la realtà dura che si prospetta davanti a noi. Il lavoro, la città, i figli, i soldi, i rapporti umani. E lo scoramento ha la meglio sulla voglia di vivere che viene sommersa da pensieri, problemi, ansie; come se la giornata non fosse un’occasione da sfruttare per essere felici, ma un insieme di pesi da sopportare per tirare avanti. La mattina non è sempre chiaro il perché uno si svegli; meccanicamente si parte senza avere un pensiero chiaro su cosa fare, neanche su un desiderio minimo di partecipazione all’Essere.

 

Ci si proietta nella giornata lasciando che il tempo, le occasioni, i rapporti si svolgano per loro conto davanti ai nostri occhi per trovare in noi una forma di risposta, il più delle volte, istintiva. In questo modo la vita passa contraddicendo anche la personalità, la storia che ognuno porta con sé come tradizione. Reazioni e istintività legate allo stress o al disagio, debolezza di fronte alle emozioni prive quindi di coerenza, costanza, linearità, storia, tradizione, passato. E allora come si fa a sussistere? Come si fa a resistere? Come si fa a contrastare questa forma di influenza che condiziona il nostro vivere quotidiano? Dove si trova la propria consistenza? Come lasciare che venga fuori semplicemente un “io”? Il nostro “io”?

È vero che tutti soffriamo di una incapacità strutturale a tenere vivo un fuoco acceso di desiderio e di domande. E più pensiamo che rimanga acceso da solo e più vediamo che tende a smorzarsi, a coprirsi di cenere. Anche San Paolo, richiamando il suo discepolo Timoteo, dice di non scandalizzarsi se sente venir meno, nell’usura dei giorni, quella passione che all’inizio sembrava non dovesse mai cessare: “Non stupirti di essere così. Quello che puoi fare è ricominciare ogni giorno a ravvivarlo, a ravvivarlo in te, in te per primo, ed è questo che lo ravviverà anche nelle persone a te vicine…”.

Solo una ripresa della consapevolezza, dell’autocoscienza porta ad una solidità della persona. Non essere in balìa delle occasioni deriva solo da una continua presa di coscienza di ciò che si è, di ciò che si ha, della realtà che gli è stata data, del bene che è stato fatto per lui. Consapevolezza della totalità della persona nella sua integrità. Avere presente questo in una giornata, certo non sempre facile e immediato (almeno per chi scrive è difficilissimo), rende la propria realtà più lieta. La rincorsa verso amici che sostengono in questa lotta, è da cercare, da desiderare. La parzialità della nostra vita, la frammentazione dei nostri desideri, non aver chiaro un destino, un fine rende tutto figlio di istintività, di reattività.

Cogliere l’attimo o cogliere la vita intera? Questo è il tremendo lavoro sulla libertà che ognuno svolge ogni mattina. Troppo spesso si vede il meglio e si fail peggio. La dimenticanza, la trascuratezza portano alla remissività. Poi, il valore della vita, inesorabilmente, perde piede; la normale routine della giornata, l’occupazione per le cose da fare (sacrosante) trascina la giornata, i mesi, gli anni in una scontatezza senza fine. Ma in tutto questo l’uomo c’è? E c’e sempre stato? Seguire una vita, una storia, ciò che uno ha incontrato di bello, di caratterizzante, di formativo. Occorre una fedele sequela, un riconoscimento nella propria vita di una presenza eccezionale che c’entra con il destino, che continuamente ci affascina, ci attira, che corrisponde al cuore.

Solo questo? Certo, considerando come certi giovani gettano la propria vita e quella altrui senza alcun rimorso come è accaduto con i quattro balordi di Roma dove, loro e i pessimi genitori che si ritrovano, hanno giustificato l’incidente in cui ha perso la vita un bimbo di cinque anni, come una semplice bravata. Allo stesso modo la signora Tramontano, uccisa e poi bruciata con un figlio in grembo. Viene da pensare che urge un passaggio, occorre desiderare un abbraccio misericordioso e un lavoro più vero a partire da noi oggi, ora. Urge un uomo cosciente del fatto che siamo fatti, tutti, per un disegno più vero e più buono: siamo fatti per la Giustizia. Per essere giusti. Aggiustati.

Innocenzo Calzone

Giornalista pubblicista, architetto e insegnante di Arte e Immagine alla Scuola Secondaria di I grado presso l’Istituto Comprensivo “A. Ristori” di Napoli. Ha condotto per più di 13 anni il giornale d’Istituto “Ristoriamoci”. Partecipa e promuove attività culturali con l’associazione “Giovanni Marco Calzone” organizzando incontri e iniziative a carattere sociale e di solidarietà. Svolge attività di volontariato nel centro storico di Napoli con attività di doposcuola per ragazzi bisognosi; collabora con il Banco Alimentare per sostenere famiglie in difficoltà. Appassionato di arte, calcio e musica rock.

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