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L’eterno dualismo tra diritto e legge morale

di | 2022-07-30T00:55:36+02:00 29-7-2018 6:20|Cultura, Sezione 5|0 Commenti

ROMA – Da secoli, filosofi e giuristi si interrogano sull’Antigone sofoclea. Quella donna greca che – nonostante la contraria volontà di Creonte, re di Tebe – decise di dare sepoltura al corpo del fratello Polinice, morto nella battaglia contro Eteocle. I più potrebbero ricondurre la discussione in un dualismo di platonica memoria, quello tra le legge del governo e la legge degli uomini. Altri, invece, discostandosi dal pensiero filosofico, potrebbero pensare a Stefano Rodotà ed a quel “diritto di avere diritti”, per alcuni versi impensabile nelle polìs greche.

Eppure, nonostante siano passati più di due millenni dal quel 422 a.c. – giorno della prima rappresentazione della tragedia, ad Atene – la vicenda che mette in contrapposizione Creonte ed Antigone continua ad appassionare milioni di studenti. Il sovrano di Tebe, nel giustificare quella scelta, certamente subordinata all’ordinamento giuridico dell’epoca e, giocoforza, a quel diritto che oggi è inteso come diritto positivo, frutto di una razionalità che, spesso, si discosta dalla morale, dipinse Polinice come “traditore della patria” e, dunque, non degno di sepoltura.

Antigone venne catturata dalle guardie del re. Trovatasi  di fronte al sovrano, disse che la legge a cui aveva obbedito era “vissuta da sempre” e non temé di parlare a Creonte con un velo di sarcasmo, dicendogli di non aver pensato che le sue norme avessero il potere di far sì che un mortale potesse trasgredire le leggi divine. Il carattere di Antigone, forte e deciso al punto di non temere la morte, è divenuto una pietra miliare dell’eroismo classicista. Eppure, nelle aule di Giurisprudenza, non sono pochi gli intellettuali del diritto che si ostinano ad assolvere Creonte.

Nella “Fenomenologia dello Spirito”, Hegel, descrive “la lotta per il riconoscimento delle autocoscienze” attraverso un reciproco riconoscersi tra esseri liberi e autocoscienti. “Solo nell’uguale sottomissione di entrambi i lati, si compie il diritto assoluto”, scrive il filosofo tedesco. Nella tragedia greca, Antigone e Creonte non riescono a discostarsi dalla convinzione dell’universalità del proprio sentire, non riconoscendosi, e soprattutto annullandosi contemporaneamente. Eppure – benché si trovino in opposizione – civiltà e morale, rappresentata dal diritto divino, sembrano inscindibili. Nel sistema hegeliano, non prevalgono né le tesi di Antigone né quelle di Creonte, ma la ragione si incontra in una sintesi che va cercata in uno stato terzo rispetto alle antitesi proposte.

Laddove le diversità sembravano provenire da due mondi inconciliabili, in realtà si scoprono facce della stessa medaglia, e – pertanto – nessuna delle posizioni può incarnare la pretesa di possedere un grado di superiore rispetto all’altra. Gli scritti di Hegel sull’Antigone, ancora oggi, rappresentano una svolta nel mondo della filosofia del diritto.

Nella foto di copertina, una rappresentazione del mito di Antigone

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