//Sanità, no agli “utenti”: bisogna dire “persone”

Sanità, no agli “utenti”: bisogna dire “persone”

di | 2023-03-28T00:34:58+02:00 26-3-2023 7:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Il sistema sanitario è l’organizzazione di persone, istituzioni e risorse finalizzata a fornire servizi di assistenza ai cittadini a tutela della loro salute. Definizione perfetta e assolutamente condivisibile, ma nella realtà d’ogni giorno tali altissimi obiettivi si concretizzano davvero e sempre? La domanda è tutt’altro che retorica per il semplice fatto che, quando si devono fare i conti con le strutture ospedaliere, ci si rende conto che la situazione è tutt’altro che rosea.

Innanzitutto, va chiarito che in Italia l’assistenza è in larga misura gratuita, al contrario di quanto avviene in altri Paesi. Basti pensare all’esempio classico degli Stati Uniti dove, se qualcuno si sente male per strada, il primo pensiero dei soccorritori non è tanto quello di prestare aiuto quanto piuttosto cercare fra i documenti del malcapitato la tessera dell’assicurazione privata. Da noi, per fortuna, non è così e non si può che esserne contenti.

L’italico Servizio sanitario è nazionale, ma la gestione è affidata alle Regioni. E qui vengono fuori i primi aspetti preoccupanti: è di tutta evidenza che ci sono zone dove le cose funzionano meglio e altre in cui la faccenda va decisamente peggio. L’affermazione non intende essere offensiva nei confronti di nessuno: sono i fatti a parlare senza bisogno di scendere troppo nei particolari. Come pure va detto in onestà che anche in regioni dove le prestazioni offerte non possono certo essere definite perfette (e talvolta neppure sufficienti), esistono centri di eccellenza che danno lustro e prestigio all’intera categoria sanitaria.

Molto spesso, la bravura e le capacità del personale medico e paramedico vengono mortificate da un’organizzazione farraginosa e inutilmente complicata. In una parola sola: scadente. Sovente, la burocrazia e certe procedure antiquate allungano i tempi in modo esponenziale e inaccettabile. Come pure sono inconcepibili i lunghissimi tempi d’attesa per esami o test che invece, almeno in certi casi, sono da considerarsi urgenti. Quando, all’atto della prenotazione, ci si sente rispondere che il primo appuntamento disponibile può essere fissato dopo sei mesi e magari in un ospedale a 70-80 chilometri dalla propria residenza, la reazione di chi può è rivolgersi ai privati, senza perder tempo. E chi non può permettersi di spendere certe somme? O si rassegna oppure si cerca la soluzione alternativa del ricovero per un qualche motivo più o meno valido in modo da eseguire quell’esame intra moenia (letteralmente, “dentro le mura”, cioè all’interno dell’ospedale).

Non c’è dubbio che il Sistema sanitario sia molto costoso e proprio per cercare di limitare le spese tutte le Regioni, senza distinzione alcuna sul colore della guida politica, hanno scelto di centralizzare la gran parte dei servizi e delle prestazioni, chiudendo le strutture decentrate o quanto meno limitandone fortemente l’operatività. La conseguenza è facilmente immaginabile: grandissimo affollamento negli ospedali di riferimento, tempi di attesa lunghissimi anche per interventi che potrebbero essere risolti in pochi minuti, personale sotto continuo stress e cittadini, anzi utenti (come si usa dire con un pessimo vocabolo), insoddisfatti. Ne valeva davvero la pena?

Il personale (medici, infermieri, tecnici, assistenti, operatori socio-sanitari) fa quel che può: la stragrande maggioranza, alla competenza e alla capacità, sa unire quel pizzico di empatia che non guasta mai. In ospedale o al pronto soccorso non si va per una gita di piacere o per un picnic fuori porta, ma per una oggettiva necessità che riguarda la salute. Altri (pochi, per fortuna) si comportano in modo poco urbano, se non addirittura sgarbato o maleducato, recando così ingente danno di immagine all’intera categoria.

Come se ne esce? Non ci sono ricette miracolose, è chiaro. Servono interventi di lunga durata e di ampio respiro che sappiano andare alla radice dei problemi. Intanto, non sarebbe affatto controproducente pensare di riaprire qualche strutture di prossimità decentrando così alcuni servizi e certe prestazioni: non è affatto detto che tale scelta comporti un aumento dei costi. Ma ciò che conta di più è che bisogna smetterla di considerare “utenti” i cittadini che si rivolgono ad una struttura ospedaliera pubblica: sono solamente persone che hanno problemi di salute. Spesso anche anziane e senza adeguata assistenza domiciliare.

Già questo cambio di mentalità e di approccio sarebbe un fondamentale passo avanti.

Buona domenica.

 

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