MILANO – La mela è spesso presente in molti racconti della tradizione mitologica, biblica, letteraria/fiabesca ed in altrettanti capolavori artistici, attestando così l’importanza che gli uomini le hanno da sempre attribuito, affascinati per varie motivazioni da questo frutto. In alcune delle “vecchie fiabe” si trovano affiancate la protagonista, espressione di un’immagine stereotipata della donna, ed una mela: entrambe con una simbologia ambigua ed il più delle volte negativa.
Una fra tutte, la nota Biancaneve che, se rivista con una prospettiva diversa e per dirla con un titolo famoso “Dalla parte delle bambine”, è una persona ingenua che accetta la prima mela che le venga offerta, per quanto sia stata severamente ammonita a non fidarsi di nessuno. Quando è accolta dai sette nani finisce col ricoprire il solito ruolo femminile: mentre gli uomini sono a lavorare, la fanciulla è impegnata nei lavori domestici, in attesa del loro ritorno. Unica qualità che le si riconosce è la bellezza e per riportarla alla vita ed all’amore occorrerà l’intervento del Principe Azzurro. “Coprotagonista” non secondaria della fiaba è, quindi, una rossa mela avvelenata, i cui effetti malefici saranno annullati solo grazie al “bacio salvifico” di un uomo.
Nel mito tante le figure femminili tradite insieme al frutto considerato ora della discordia ora dell’inganno o della passione. Si pensi ad Elena, preferita ad Afrodite, Era ed Atena dal giovane Paride, che la premia con il pomo d’oro sul quale è inciso “alla più bella” (τῇ καλλίστῃ /te kallìste); scelta sciagurata che sarà causa, nella tradizione omerica, della guerra di Troia dal momento che Elena è la sposa di Menelao, re di Sparta. Il mito di Atalanta tramanda, invece, una figura femminile ammirevole per il suo coraggio e le sue abilità insieme ad altre mele, provenienti anche queste dal Giardino delle Esperidi.
Questi frutti decidono le sorti della gara tra Ippomene e Atalanta restia al matrimonio, sia per la sua indole indipendente sia per il responso dell’oracolo che, al momento della sua nascita, aveva predetto che se si fosse sposata sarebbe stata trasformata in un animale. Alla fine la giovane cede alle richieste dei tanti pretendenti ed annuncia che sposerà l’uomo in grado di batterla in una corsa. Solo Ippomene, grazie alle mele donategli da Afrodite, riesce con l’inganno a conquistare la giovane donna, vince così la sfida e la sposa. Afrodite, offesa in seguito dal loro comportamento, trasforma la coppia in leoni e li condanna a tirare il suo carro per sempre.
Il giardino delle Esperidi ritorna nell’undicesima fatica di Eracle che, con astuzia, riesce a rubare tre mele presenti in questo luogo, in cui cresce un melo dai frutti d’oro custodito dal drago Ladone e dalle Esperidi stesse. Sarebbero ancora tanti i miti della tradizione greco-latina a cui far riferimento, ma con uno spostamento veloce in area nord-europea, seguendo il cammino della mela come simbolo si può giungere ai Cicli Arturiani e Bretoni, agli dei, eroi, cavalieri e fate sino ad Avalon, immaginaria isola il cui nome deriverebbe da “aval” che nelle lingue bretone e cornica significa “mela”, simile al termine gallese “afal” che si pronuncia “aval” e che indica lo stesso frutto.
Questi popoli nordici descrivevano l’aldilà, terra dell’immortalità e del continuum oltre che della saggezza e della conoscenza, come un’isola ricca di alberi di melo (come il giardino delle Esperidi), tenuti in massima considerazione dai Druidi. È soprattutto, tuttavia, il racconto biblico della mela colta dall’albero della conoscenza ed offerta da Eva ad Adamo a connotare, nella cultura occidentale, il “frutto proibito” quale simbolo negativo di perdizione e seduzione, nonché del superamento del senso del limite. Dopo la perdita del Paradiso terrestre, linguisticamente oltre che eticamente da mela a malum il passo è breve; da qui anche la tesi, se pur minoritaria, che l’etimologia del termine mela derivi appunto dal latino malum, ovvero il male.
Seguendo infine il viaggio della mela dall’Asia centro-occidentale (odierno Kazakistan) luogo della sua origine intorno al 10.000 a.C. sino alla difficoltosa attualità ed in specifico sino ad un qualsiasi reparto del fresco di un qualsiasi supermercato di una città metropolitana può capitare di essere attratti da una macchia cromatica molto bella con colori che vanno dal rosso al giallo e che ricordano opere di Caravaggio e/o di Cezanne e di allontanarsene dopo aver notato in basso un cartellino con la dicitura “Mele ambrosia” con accanto l’indicazione del prezzo: 5 euro al kg.
A nulla vale pensare che il nome della specie in questione le avvicini al cibo degli dei, vince il potere dell’inflazione che depaupera sempre più il portafoglio dei potenziali acquirenti, che si vedono costretti a ripiegare verso specie più economiche. Consapevoli che la filiera delle mele sia stata messa a dura prova dal conflitto in Ucraina, dall’aumento dei prezzi delle materie prime e del gasolio, dal caro energia e, non ultimo, dal ripetersi di eventi climatici estremi, non resta che rifugiarsi nel detto della saggezza popolare che recita: “Una mela al giorno toglie il medico di torno” cogliendo purtroppo, non tanto l’arguto significato, quanto la misera quantità!
Adele Reale
Nell’immagine di copertina, il giudizio di Paride secondo la rappresentazione del Botticelli
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