//Villa Caviciana, il Fai gestirà la tenuta

Villa Caviciana, il Fai gestirà la tenuta

di | 2023-03-04T12:38:25+01:00 5-3-2023 7:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Un angolo di serenità e di operosa laboriosità sulle rive del lago di Bolsena. Una tenuta di oltre 140 ettari estesa tra i comuni di Grotte di Castro e Gradoli, proprio davanti all’Isola Bisentina con 20 ettari di vigneti, 35 di oliveti e 86 di bosco e pascoli: un pezzo di paesaggio storico rurale tipico della Tuscia e un’azienda agricola biologica che produce olio, vino e miele. 

Si tratta di Villa Caviciana che, per la prima volta, entra a far parte dei Beni del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano. Un’azienda agricola produttiva fondata nel 1989 da due coniugi di Dusseldorf, cui è intitolata la Fondazione Fritz e Mocca Metzeler, che l’ha donata al FAI perché se ne prenda cura, oggi e per il futuro, preservando e valorizzando questo patrimonio a beneficio della collettività. L’importante donazione (in verità, molto complessa e resa possibile grazie alla generosa attività pro bono degli studi legali ADVANT NCTM, Nicolini Cantù, Toffoletto De Luca Tamajo e allo studio notarile ZNR) è stata presentata ufficialmente nel corso del XXVII Convegno Nazionale dei Volontari e dei Delegati del FAI, intitolato “Curiamo il paesaggio, coltivandolo”, che si è svolto nelle scorse settimane a Viterbo.

Villa Caviciana nasce dall’amore dei coniugi tedeschi Friedrich Wilhelm e Monika Metzeler per il paesaggio italiano. Lui avvocato di Düsseldorf, lei collezionista d’arte, acquisirono i terreni di cui la tenuta si compone a partire dal 1989. Il loro sogno, sorto dopo una vacanza in Italia, era costruire un’azienda agricola di prodotti biologici di alta qualità, e la zona collinare tra i comuni di Grotte di Castro e Gradoli, con dolci declivi, terreno fertile di origine vulcanica e il clima mite del lago, sembrava la sede ideale. Ma i terreni erano abbandonati e
incolti, ridotti a una macchia informe di vegetazione spontanea. I Metzeler, a poco a poco, realizzarono una tenuta moderna ed efficiente, precocemente “bio”, con un frantoio e una cantina propri, costruiti dalle fondamenta, e dotati dei migliori macchinari e di personale e spazi per la produzione di olio e vino. Fritz e Monika chiamarono due grandi architetti tedeschi, Bernard Korte e Wolfgang Doring, a disegnare rispettivamente il verde e gli edifici.

“Non diventiamo agricoltori per produrre – afferma Marco Magnifico, presidente del FAI  – ma vogliamo dimostrare, attraverso l’esperienza diretta del possedere un’azienda agricola, che per proteggere e valorizzare il paesaggio italiano (per la maggior parte rurale), bisogna coltivarlo, e quindi farlo produrre”. Il FAI si prende già cura nei suoi Beni di oliveti e vigneti, ma come parte di paesaggi o giardini storici, di cui preservare più l’aspetto originale che la vocazione produttiva. Villa Caviciana, invece, è e sarà una vera e propria azienda agricola produttiva: un modello in cui attuare, e da cui promuovere, principi e pratiche di coltivazione tradizionali ma anche innovativi, che siano sostenibili dal punto di vista ecologico ed economico.

Il FAI ha affidato Villa Caviciana alla gestione di professionisti, tra cui Giuseppe Scala, produttore di vino da generazioni, e Osvaldo De Falco, imprenditore nel ramo dell’economia digitale, che saranno affiancati da un Comitato di Garanti, composto di studiosi ed esperti di agronomia, agroecologia, tecniche di coltivazione e di produzione biologica, di economia agraria e di innovazione, provenienti da diversi atenei italiani, con particolare presenza dell’Università della Tuscia, eccellenza nella ricerca in campo agrario riconosciuta a livello
internazionale.

“Un paesaggio coltivato è un paesaggio presidiato, tutelato e manutenuto, che conserva identità e vitalità, che valorizza l’intreccio tra storia e natura, e che oggi può offrire straordinari benefici alla salute dell’ambiente e alla nostra salute – sostiene Daniela Bruno, vice direttrice Generale FAI per gli affari culturali -. Vogliamo fare un passo avanti, dimostrando concretamente che il FAI fa la sua parte per la tutela del paesaggio, offrendo un esempio concreto, con i piedi per terra e le mani nella terra”.

Il nuovo Bene nella Tuscia, il settantunesimo nella storia della Fondazione, sarà per il FAI lo strumento di una nuova comunicazione culturale, perché l’agricoltura è cultura, e promuovere una buona agricoltura equivale a promuovere la cura del paesaggio, la tutela dell’ambiente e la nostra salute, che sono patrimonio di tutti. Il FAI insieme al gestore aprirà eccezionalmente la cantina al pubblico nelle prossime Giornate FAI di Primavera. La cantina sarà anche aperta a cura del gestore per l’acquisto dei prodotti e per visite su prenotazione (www.villacaviciana.com).

“Quando abbiamo visto per la prima volta il lago di Bolsena provenendo da Orvieto, abbiamo sentito l’irresistibile attrazione di questo magnifico paesaggio” dichiararono i Metzeler giunti nella Tuscia. “Di fronte alla questione di come preservare l’opera dei miei genitori e di come portare avanti Villa Caviciana secondo il loro desiderio, ovvero offrendo il massimo beneficio possibile per la collettività – aggiunge Henning Baumeister, figlio di Mocca e vice presidente della Fondazione Fritz e Mocca Metzeler – abbiamo scoperto l’esistenza del FAI e dei suoi obiettivi e abbiamo capito che la soluzione c’era. Bisogna dire che in Germania purtroppo non esiste un modello equivalente”.

Un pezzetto di paradiso, curato e capace di produrre attraverso buone pratiche e di garantire la tutela del paesaggio. Mission impossible? No, perché dovremmo farlo tutti nel nostro piccolo e con i mezzi (tanti o pochi che siano) a disposizione. E, se se ne occupa il Fai, possiamo stare più che tranquilli.

Buona domenica.

 

 

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