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L’alchimista e il mistero di Villecollefegato

di | 2023-02-19T10:12:14+01:00 19-2-2023 6:35|Cultura, Sezione 8|0 Commenti

BORGOROSE (Rieti) – “Un alchimista a Villecollefegato”, romanzo storico tra erbe, medicina, teologia e mistero (ed. Solfanelli, 208 pagine). Il libro è scritto a due mani da Rodolfo Pagano e Luigi De Rosa. La piccola frazione conta poco meno di cento residenti e oggi si chiama Villerose, così come Borgorose, il comune a cui appartiene; fino alla metà del secolo scorso si chiamava a sua volta Borgocollefegato. Più comunemente viene chiamata anche Le ville. I due scrittori si sono conosciuti a Villerose: Rodolfo Pagano ci è nato nel 1926, ha condotto ricerche storiche, raccolte nel sito www.villerose.it , vive a Roma, è stato consigliere della Camera dei deputati, ha pubblicato articoli e saggi in varie riviste italiane e straniere in materia di diritto e informatica parlamentare. Tra i volumi: Banche dati e tutela della persona (Camera dei deputati); Informatica e diritto (Giuffré; Introduzione alla Legistica. L’arte di preparare le leggi (Giuffrè). Per l’Associazione di promozione sociale valledelsalto.it (di cui è socio) ha curato anche i “quaderni” tematici (archivi parrocchiali, istituiti dopo il Concilio di Trento, preziosa fonte di informazioni storiche dei piccoli centri, mura poligonali, la ferrovia Rieti Avezzano mai realizzata, i monumenti).

Luigi De Rosa è nato nel 1947 a Napoli, è sociologo, vive tra Roma e Bogotá. Volumi pubblicati: Mare Amaro (Chisari Editore); Algas de Luna (Edizioni Bilingue); L’intreccio (Seneca Editore); Condizione dell’infanzia in Colombia (Youcanprint); Io, Plinio, console di Roma (Solfanelli); Il pittore di Narni (Solfanelli). A Villerose nei momenti di vacanza e di relax nella natura e nel silenzio, è nata tra i due l’idea di scrivere il romanzo, ispirati dal mistero intorno a un antico palazzetto nel quale è visibile la data di costruzione risalente al 1641 insieme a simboli che riportano all’ordine segreto dei Rosacroce e quindi a pratiche alchemiche e esoteriche (del leggendario ordine segreto mistico, cabalistico – cristiano, si cominciò a parlare in Germania agli inizi del XVII sec. in relazione alle romanzesche avventure di un certo Christian Rosenkreuz, vissuto nel XV secolo).

I due autori per la maggior parte del tempo si sono confrontati via email, limando, aggiungendo e tagliando capitoli, cercando precisi riferimenti storici. Tutto inizia con un anziano zio di Napoli, ricoverato in ospedale e un nipote che vive lontano e lo va a trovare. Su richiesta dello zio che gli lascia una sorta di testamento spirituale, Ludovico andrà alla scoperta di un palazzetto antico, acquistato dallo zio a Villecollefegato. Tra approfondite ricerche e una trama ben romanzata, il libro racconta la storia del Cicolano, terra di confine tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio, la spezieria di Villecollefegato e Lorenzo, abate dei chierici teatini, alchimista e medico che l’aprì, nonostante la contrarietà della Chiesa, per curare le persone di queste aree interne, in cui esistevano solo gli ‘spedali’, luoghi di sosta per i pellegrini, ma non di cura, demandata solitamente alle confraternite, ai barbieri, ai parroci.

I ruderi del castello di Villecollefegato

I due autori hanno impegnato diversi anni per approfondire ricerche in ogni campo, dai nomi dei parroci e dei Vescovi di quel periodo, alle abitudini di vita, gli oggetti e gli arredamenti di uso quotidiano, termini e procedure erboristiche e alchemiche, gli spostamenti in carrozza dal regno di Napoli fino al Cicolano, in cui spesso, come in tutte le zone di confine, bisognava guardarsi da incursioni di briganti. Il lettore viene catapultato nel 1600 con leggerezza e realismo, seguendo la vita del giovane Lorenzo, abbandonato alla nascita, cresciuto dalla castellana della vicina frazione di Poggiovalle (si racconta che in quel castello si rifugiò la Regina Giovanna in fuga dal Regno di Napoli). Avviato dal parroco agli studi teologici e all’alchimia, il giovane Lorenzo si reca a Napoli dai frati dell’ordine teatino, dove impara a donare senza avere nulla in cambio, diventa frate, medico e alchimista (i frati avevano una speziera annessa all’Università agraria da loro costituita e una grande e fornita biblioteca).

Nel seguire la sua scelta di vita consacrata e le sue avventure, dalla nascita alla maturità e il ritorno a Villerose, il lettore scopre la storia di questa particolare area interna, divisa tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie, fino al 1927 in territorio abruzzese, oggi in provincia di Rieti. Il racconto coniuga passione erboristica con medicina e teologia, ripercorre con Lorenzo gli anni del post-Rinascimento in cui nella scienza si afferma il metodo sperimentale, l’alchimia evolve in chimica, la medicina accende nuove speranze con l’anatomia ed emerge il tema del sempiterno dualismo tra il pensiero corrente e l’evoluzione scientifica. De Rosa e Pagano hanno verificato rigorosamente le fonti, costruito il personaggio e il risultato è un libro godibilissimo, interessante e stimolante.

Ma è poi veramente esistito un alchimista in quel palazzetto? Gli abati teatini di Napoli, su richiesta dei due scrittori, hanno effettuato accurate ricerche e quel palazzetto non risulta essere stato mai nelle loro proprietà, ma quei simboli dei Rosacroce lasciano il mistero: come sono arrivati in un territorio ecclesiale? Il libro è stato presentato al Museo Archeologico del Cicolano a Corvaro, con la direttrice Francesca Lezzi, Luigi De Rosa, Cesare Silvi, fondatore di valledelsalto.it, impegnato nel promuovere impianti ad energia solare lungo l’appennino, divulgatore del tratto laziale del sentiero europeo E1 (va Capo Nord a Capo Passero). “Non si finisce mai di studiare e il Cicolano è tutto ancora da scoprire” commenta la direttrice del museo, alimentando il mistero. E aggiunge: “In queste zone si venerava la dea Angizia, sorella della maga Circe, i reperti del tumulo di Corvaro fanno riferimento ai serpenti, il territorio ha un passato articolato, aperto all’esterno”.

Angizia era la divinità adorata dai Marsi, dai Peligni e da altri popoli osco-umbri, associata al culto dei serpenti: in qualsiasi parte del mondo il serpente è stato il simbolo della Dea Madre, adorata in ogni luogo della Terra, con cerimonie che si svolgono a metà primavera in diverse contrade, rimandanti al rito propiziatorio della fertilità. Le antiche sacerdotesse sapevano ricavare medicine sia dalle erbe che dal veleno dei serpenti, inclini alle guarigioni e ai miracoli. Nella vicina Luco dei Marsi durante la campagna di scavo del 2004 sono state rinvenute tre statue della Dea Angizia denominate le “dee del bosco di Angizia”, nei luoghi sacri in cui i Marsi invocavano gli dei.

Francesca Sammarco

Nell’immagine di copertina, la presentazione del romanzo: da sinistra Cesare Silvi, Luigi De Rosa e Francesca Lezzi

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