PERUGIA – È una delle “location” per i matrimoni più ricercate dell’Umbria, ma è improbabile che gli sposini ed i loro invitati sappiano che nei saloni dove vengono apparecchiate le eleganti tavole, o lungo la galleria dei busti o nell’aranceto, dove si soffermano per le foto di rito, fossero state nascoste e protette dalle golose rapine degli occupanti hitleriani e dai devastanti bombardamenti degli anglo-americani alcune delle più significative opere d’arte italiane ospitate nella Pinacoteca di Brera a Milano.
L’attenzione è tornata sulla villa Marini Clarelli di Montefreddo – sulla strada che collega le frazioni perugine di Bagnaia e Pilonico Materno – sull’onda del podcast “Paladine”, dedicato al ricordo di Fernanda Wittgens (1903-1957), all’epoca direttrice della Pinacoteca lombarda. La viIla – ad una dozzina di chilometri dal capoluogo umbro – ed alla quale si accede attraverso un lungo vialone di alti e secolari cipressi (come nella poesia “Davanti a San Guido” di Giosuè Carducci), venne costruita dal conte Laviano Angelo degli Oddi nel 1600. Solo nello scorso secolo – alla morte di Vittoria degli Oddi, coniugata con Luigi Marini Clarelli -, la costruzione ed i poderi che vi facevano capo assunsero il nome del casato perugino del marito della contessa.
Fu proprio la nobildonna a mettere a disposizione la villa parlando con personaggi di primo piano del Ministero della Cultura, a cominciare dal soprintendente Achille Bertini Calosso. Così mentre alcune opere restarono, almeno inizialmente, in Lombardia (nella camera blindata della Cassa di Risparmio di Milano e nei sotterranei del Castello Sforzesco), la Wittgens, poco dopo la dichiarazione di guerra, inviò in Umbria (l’11 giugno 1940) ben 42 casse in cui erano state sistemate tele o tavole di primaria importanza: lo “Sposalizio della Vergine” di Raffaello, la “Cena di Emmaus” del Caravaggio, il “Cristo morto” del Mantegna, la “Pala di Montefeltro” di Piero della Francesca, il “Polittico di Valle Romita” di Gentile da Fabriano, il “Cristo alla Colonna” del Bramante, la “Pala di Santa Maria in Porto” di Ercole de Roberti ed altre ancora…
Le casse arrivarono a Montefreddo il 18 giugno. Alcune settimane più tardi giunse nella villa una nuova spedizione di quadri (del Tintoretto, del Veronese, del Mantegna, del Maestro della Pala Sforzesca) in quanto gli esperti si erano resi conto che i sotterranei del Castello milanese, estremamente umidi, rischiavano di danneggiare pesantemente le opere. Al seguito di queste ultime era approdata a Perugia anche la Wittgens che, dall’acropoli dove viveva, quasi ogni giorno si spostava a Montefreddo, in bici, per controllare il tutto: pedalando, quindi, per complessivi 24 chilometri tra discese e, soprattutto salite (in specie al ritorno)…
Nell’autunno del 1943 un bombardamento alleato danneggiò un’ala della dimora per cui si decise di cambiare nascondiglio: parte delle opere vennero inviate, pertanto, nella villa dei Principi Carpegna Gabrielli Falconieri a Carpegna, nelle Marche ed un’altra parte nella vicina Rocca Ubaldinesca a Sassocorvaro. Alcune altre opere, fino all’estate del 1944, vennero collocate nella villa del Corgnolo ad Orvieto (costruita dalla famiglia Gualtieri e successivamente venduta ai Viti Mariani: oggi è più conosciuta come “Villa Paolina”, dal nome della marchesa Paolina Viti che la ristrutturò apportando numerose modifiche all’impianto originale).
Di Fernanda Wittgens, rimasta orfana in tenera età di padre (Adolfo, professore di Lettere nei licei), varrà ricordare che è stata la prima donna in assoluto a ricoprire, in Italia, il ruolo di direttore di museo o galleria e che è stata riconosciuta quale “Giusta tra le nazioni” per aver salvato molti ebrei dalla barbarie nazifascista. Laureata in Lettere (con tesi riguardante la Storia dell’Arte) era stata insegnante ai licei Parini e Manzoni di Milano e poi assunta, da Ettore Modigliani, a Brera. Qui da “operaia avventizia” al primo incarico nel 1928, divenne direttrice, anzi di più: “anima” della Pinacoteca. Nel luglio del 1944 venne arrestata, per la delazione di un giovane ebreo tedesco collaborazionista (al quale aveva organizzato l’espatrio) e condannata a 4 anni di detenzione. Scarcerata per motivi di salute dopo sette mesi trascorsi nelle carceri di Como e di San Vittore, viene liberata definitivamente il 24 aprile del 1945.
È lei tra i “motori” principali della ricostruzione di Brera, pesantemente bombardata ed è lei quattro anni più tardi, nel 1950 a pronunciare il discorso di inaugurazione dei nuovi locali. Fu ancora lei, a spingere, perché il Comune di Milano acquistasse, per 130 milioni di lire, la “Pietà Rondanini” di Michelangelo. Purtroppo morì a soli 54 anni. Quando le offrirono di presentarsi, su suggerimento di un padre della patria quale Ferruccio Parri, alle elezioni amministrative, rispose, netta e decisa come sua abitudine: “Non mi sento come artista, di entrare nel binario dei partiti perché la mia libertà è condizione assoluta per la vita stessa del mio essere”.
Infatti non si era neanche sposata. Non le andava proprio di avere vincoli.
Elio Clero Bertoldi
Nell’immagine di copertina, villa Marini Clarelli di Montefreddo in Umbria
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