PERUGIA – Una maledizione pendeva, incombeva anzi, su Leo Messi, al secolo Lionel Andrés Messi Cuccittini da Rosario di anni 35: l’ombra di Diego Armando Maradona, suo connazionale, per molti il più grande – a fianco di Pelé – della storia calcistica. Tutto questo nonostante “La Pulce” in carriera abbia mietuto successi su successi, personali e di squadra (sette volte Pallone d’oro, sei volte Scarpa d’oro, quattro Champions nel paniere), gol a grappoli come nessuno mai in ogni competizione, assist al bacio dispensati a destra e a manca…
Ora, in virtù del trionfo straordinario, anche nel modo in cui è maturato (quasi 139′ tra tempi regolamentari e recuperi) nel campionato del mondo in Qatar, in quella che è già stata definita la “partita del secolo”, arrivano, a pioggia, i peana e le corone d’alloro. Sebbene, probabilmente, il campione non potrà mai scrollarsi di dosso completamente l’ingombrante paragone con Maradona, il quale dalla sua ha recato in dote agli argentini non solo e non soltanto la bravura e la classe, ma anche il Mondiale del 1986 che, in particolare tra i gauchos, suonava, e suona ancora, come una sorta di rivincita della guerra delle Falkland (per i sud americani, Malvinas) con l’Inghilterra.
Leo ha vinto molto di più di quanto non abbia fatto “El Pibe de oro”, ma così va il mondo: i giudizi spesi su di lui sono stati sempre influenzati, negativamente, dall’alone di santificazione calcistica creatosi negli anni sulla figura di Diego Armando. Che li merita tutti, intendiamoci. Il successo qatarino in una gara dai risvolti epici, comunque, per Leo si trasforma nella riscossa, piena ed “erga omnes”, di un bambino che, pur bravissimo col pallone tra i piedi, era stato condizionato, all’inizio della carriera, da una forma di nanismo, che rischiava di distruggerne completamente il cammino.
L’arrivo a Barcellona de “El Piqui” (il piccoletto) e le cure, azzeccate ed efficaci, alle quali venne sottoposto in Spagna, permisero lo sviluppo corretto di Leo che ha raggiunto un’altezza sufficientemente discreta (1,69, riportano gli almanacchi: quattro centimetri in più di Diego). Il bacio che Leo ha stampato sulla Coppa, sotto gli occhi di milioni e milioni di persone, ha rappresentato sicuramente la liberazione da una ossessione e la testimonianza, concreta, di una sorta di laurea, da centodieci, lode e bacio accademico.
Di sicuro questo mondiale ha dato risalto, definitivo, pure a Kylian Mbappè Lottin, parigino (famiglia di origini camerunensi-algerine), 24 anni appena, attaccante di una forza fisica e di una velocità impressionanti. Il botta e risposta in campo, tra Mbappè (tripletta) e Messi (doppietta) ha insaporito l’indimenticabile sfida, destinata a rimanere negli almanacchi e nella mente di chiunque abbia seguito l’emozionante confronto di Doha. Meno simpatico, Kylian, del neo-campione del mondo, per i suoi atteggiamenti, spesso poco o nulla graditi persino ai compagni di squadra (Leo, compreso: i due militano insieme nel Paris Saint Germaine), ma altrettanto bravo e con una carriera ancora molto lunga di fronte. L’uno e l’altro veri e propri… extraterrestri del pallone.
Altri, comunque, celebrino ed incensino i due fuoriclasse. Questa è l’occasione per festeggiare, soprattutto, le generazioni più giovani, il futuro prossimo venturo del pallone. Il mondiale ha messo in luce dei campioncini, tutti nati dopo il 2000, quindi fratelli più piccoli dei due mattatori, che potrebbero seguire, e forse migliorare, perché no?, i successi di Leo, in chiusura di carriera e Kylian, ancora nel pieno della sua vicenda sportiva.
Nel Marocco, tra gli altri, si è posto in evidenza il centrocampista Azzedine Ounahi, 22 anni, in forza all’Angers, in Francia, secco come un uscio, ma con un dinamismo ed una tecnica sopraffini. Anche il croato ventenne Josko Gvardiol, difensore alto 1,85, nativo di Zagabria, ora in Germania al Lipsia, è una promessa che sboccia: è giocatore massiccio ma rapido, per chi non rammenta il suo nome, che ha disputato tutte le partite con una mascherina nera di protezione per il naso. L’argentino Enzo Fernandez, 21 anni, centrocampista, ha conquistato in Qatar pure il premio di miglior giovane del mondiale e su di lui – gioca nel Benfica – i grandi club cominceranno a puntare i riflettori. Come sul francese Aurelien Tchouameni, 22 anni, centrocampista di 1,87 di statura, nato a Rouen, ma di famiglia camerunense, ora in forza al Real Madrid: ha dato prova di personalità, segna e fornisce assist. Ultima segnalazione un 2003: Jamal Musiala, nazionalità anglo-tedesca, attualmente al Bayern e cresciuto nel Chelsea. Un trequartista dal fisico statuario (1,83 di altezza), il cui nome, tradotto dall’arabo, suona come “bellezza”, “grazia”. Difficile che, “tanto nomine”, possa tradire le attese…
Elio Clero Bertoldi
Nell’immagine di copertina, il saluto tra i due numeri 10 della finale mondiale: Leo Messi e Kylian Mbappè
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