Massimo De Gaudio è un professore di matematica in pensione. Severissimo con i suoi alunni (che ha bocciato senza pietà), taciturno e solitario: vive su un’isola del Golfo di Napoli e la sua unica occupazione è la pesca. Lunghe ore in attesa che qualche orata o spigola abbocchi, studiando il moto delle onde e gli spostamenti dei branchi di pesci, magari provando ad ipotizzare persino l’equazione che governa quei movimenti apparentemente casuali. Da quando è rimasto vedovo non ha altri interessi se non dedicarsi agli amatissimi numeri: nella sua incrollabile razionalità è convinto che il mondo sia governato da leggi severe, dalle quali non si può derogare. E invece accade qualcosa che sconvolge il suo piccolo mondo.
Con l’unica figlia Cristina (che si è trasferita in una piccola e ricca città del Nord dove ha sposato Luca, erede di una grande impresa familiare) ha rapporti sporadici, fatti soltanto di brevi telefonate in cui vige sovrana la convenzione: “Come stai?”, “Che tempo fa?”, “Che cosa hai mangiato a pranzo?”. Anche con il nipotino Francesco, detto Checco, i rapporti sono abbastanza rari, a parte il periodo estivo quando mamma e figlioletto trascorrono le vacanze sull’isola. I dialoghi sono scarsi: Massimo porta Checco a pesca e il ragazzino ha solo il compito di catturare la preda quando il nonno riesce a portarla a terra. Tutto qui.
“L’equazione del cuore” è l’ultimo romanzo di Maurizio De Giovanni, prolifico autore napoletano che ha al suo attivo numerosi successi, legati soprattutto al genere crime: il commissario Ricciardi, Mina Settembre, i bastardi di Pizzofalcone, l’ex poliziotta Sara. Stavolta scrive una storia che ha sì una componente di intrigo e di mistero, ma che è essenzialmente un viaggio nei sentimenti.
A rompere il ritmo ineluttabile di un’esistenza che più abitudinaria non si può, arriva una telefonata nel cuore della notte. La notizia è tragica: c’è stato un gravissimo incidente stradale, figlia e genero sono morti, Checco è in coma in ospedale dove lotta tra la vita e la morte. Come un automa, il professor De Gaudio raccoglie qualche indumento e parte. Non prova dolore, pensa soltanto a dover sbrigare poche formalità e a poter tornare nel giro di un paio di giorni alla sua amata isola. Ma le cose non vanno così: i medici lo vogliono accanto al nipotino e gli chiedono di parlare perché la voce delle persone care può aiutare a superare meglio e più in fretta la fase dell’incoscienza.
Massimo controvoglia deve accettare. Conosce Alba, la tata di Checco; si rende conto di quanto sia influente in tutte le strutture cittadine l’azienda di cui il genero era presidente e amministratore delegato: una potente multinazionale che dà lavoro e ricchezza a tutti. Ma la natura razionale del professor De Gaudio lentamente prende il sopravvento: vuol capire che cosa è successo, perché quell’incidente tragico, non spiegabile con guasti meccanici o con stati di alterazione del guidatore, cioè Luca. Ma soprattutto deve “parlare” con il piccolo che giace incosciente in rianimazione dopo un complicato intervento di neurochirurgia (durante il quale ha addirittura rischiato di morire) che almeno per ora lo tiene in vita.
E Massimo parla, seguendo la sua logica matematica. Sapendo di non essere ascoltato, si apre con totale sincerità e si accorge di essere legato a quel bambino molto più di quanto avesse dimostrato negli anni precedenti. Come le orate e le spigole che abboccavano al suo amo, così il professore tiene legato alla vita il piccolo Checco: per riportarlo a terra, deve tirare con dolcezza, evitando che la lenza si spezzi…
E parla a lungo anche con le persone che sua figlia aveva frequentato, scoprendo lentamente verità che si fa fatica a tener nascoste… Lo aiuta soprattutto Alba che, a parte qualche ora per riposare, non si allontana mai dal lettino di Francesco: la donna, di origine moldava, dopo un iniziale approccio piuttosto turbolento, comincia a fidarsi di quel nonno che mai aveva avuto il tempo e soprattutto la voglia di far visita ai suoi unici congiunti. Scopre che Cristina, che pure aveva tutto, in realtà di quella opulenta città era diventata prigioniera: per “evadere” si era dedicata anima e corpo ad una organizzazione che aiuta gli extracomunitari, finanziandola generosamente. Ma in quella terre dove tutti, più o meno, sanno tutto di tutti, i segreti non possono essere nascosti a lungo, tanto più che toccherà a lui interessarsi in qualche modo dell’azienda come tutore del nipotino, erede unico dei beni di famiglia.
Alla fine arriverà alla verità e scoprirà che l’equazione del cuore ha un’unica soluzione: l’Amore. Che si manifesta in modi imprevedibili attraverso i sentimenti che, potenti e ineluttabili, vengono governati da leggi complesse, eppure anch’esse riconducibili ad un qualche assioma matematico. Massimo De Gaudio per spiegare, innanzitutto a se stesso, che cosa lo lega sempre più a quel nipotino in sedazione forzata ma che sta per essere svegliato perché i medici devono capire che danni ha provocato il terribile impatto dell’incidente, ricorre addirittura all’equazione di Dirac: se due sistemi vengono a contatto, essi conserveranno sempre un “ricordo” di quell’incontro e ne rimarranno influenzati. E questo vale non soltanto per sistemi fisici, ma anche e soprattutto per le persone.
Buona domenica (e buona lettura).
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