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L’arte della retorica contro le manipolazioni

di | 2022-12-11T09:49:47+01:00 11-12-2022 6:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

ROMA – «La parola è un potente sovrano, poiché con un corpo piccolissimo e del tutto invisibile conduce a compimento opere profondamente divine. Infatti, essa ha la virtù di troncare la paura, di rimuovere il dolore, d’infondere gioia, d’intensificare la compassione». La citazione è da Gorgia da Lentini, filosofo vissuto alla fine di quel V secolo in cui la Grecia visse la sua fase più alta sotto ogni profilo ma, soprattutto, passato alla storia per essere tra i creatori della retorica, l’arte di saper ben parlare, strumento straordinario ma che nessuno considera più né utile né necessario.

Flavia Trupia

Nell’antichità esistevano delle scuole per studiarla e nessun uomo pubblico poteva esimersi dal frequentarle: serviva per farsi ascoltare con interesse nell’agorà, nell’assemblea o nell’areopago proprio grazie a degli artifici – detti appunto figure retoriche – che rendevano più efficace la comunicazione. Anche i romani dovettero riconoscere l’importanza di un buon eloquio per chi volesse accedere al “cursus honorum” e, quindi, avesse bisogno di essere convincente in senato o davanti all’esercito. Lo sapeva bene Cesare, personaggio nel quale è difficile distinguere lo stratega dall’oratore per la sua capacità di saper condire elegantemente i discorsi al fine di esortare e fidelizzare i soldati.

Il filosofo Gorgia da Lentini

Nel Medioevo Dante, nella Divina Commedia, racconta che Ulisse convinse la sua ciurma ad oltrepassare le Colonne d’Ercole con una “orazion picciola”. La quale tanto “picciola” non doveva essere se proprio per la sua capacità manipolatoria l’eroe omerico si era guadagnato l’Inferno. Non si può dimenticare il cavallo a tradimento per i Troiani o le blandizie rivolte a Nausicaa per ottenere da lei un rifugio dopo essere naufragato. Il potere della parola, insomma, lo hanno sempre tenuto ben presente tutti nell’antichità o, almeno, quelli che potevano permettersi di studiare e comprenderne così il potere intrinseco, la sua capacità di evocare immagini, ricordi e sensazioni, di coinvolgere o trattenere, commuovere o demotivare.

In realtà la parola, con tutti i suoi accorgimenti, è all’origine della storia e se non ci fosse stata, l’uomo non si sarebbe organizzato in gruppi con un ruolo diverso per ogni individuo, coordinato con quello degli altri. Senza parole l’umanità avrebbe dovuto rinunciare alla sua evoluzione, alla sua complessità che è il contrario della semplicità e i cui meccanismi sono stati messi in luce dalla retorica. Un’arte oggi dimenticata, se si esclude lo studio “tecnico” delle figure retoriche a scuola, e soprattutto non praticata ma che in America, insieme al latino e al greco, viene studiata da chi vuole avere una marcia in più.

Giulio Cesare

Spiega bene i danni di questa perdita Flavia Trupia, docente e divulgatrice con la fissa delle parole, che ha aperto una vera e propria scuola di retorica – www.perlaretorica.it – da lei considerata un “vaccino” contro la manipolazione, soprattutto quella della politica. Nelle sue lezioni, in cui utilizza come materiale i discorsi dei dittatori del passato ma anche di politici contemporanei, aiuta ad individuare gli artifici che la mente applica attraverso la lingua per convincere il pubblico e, mentre sottolinea l’importanza delle figure retoriche per abbellire il discorso, avverte del pericolo insito nella nostra incapacità di riconoscerle e difenderci da esse. Per questo conoscere gli strumenti della lingua è come un vaccino, una difesa.

Sicuramente se le folle non avessero inneggiato davanti ai discorsi di tanti dittatori, non solo la storia non sarebbe stata la stessa ma neanche il nostro presente sarebbe come noi lo stiamo vivendo. Come si diceva, il potere della parola che dovremmo avere tutti e non lasciare solo a qualcuno.

Gloria Zarletti

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