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Cesare Lombroso: crimine e fisiognomica

di | 2022-11-06T06:49:43+01:00 6-11-2022 6:40|Personaggi, Sezione9|0 Commenti

MILANO – A fronte dei dati sulla pericolosità diffusa nella nostra società, già a partire dallo scorso secolo fu riconosciuto quale padre della criminologia moderna Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare (Verona, 6 novembre 1835 – Torino, 19 ottobre 1909), medico-psichiatra, antropologo, filosofo, giurista, criminologo e accademico italiano.

Cesare Lombroso

In Italia, si affermarono, nell’ambito del diritto penale, due correnti di pensiero prevalenti: la scuola classica e la scuola positiva. La prima, che aveva tra i suoi principali esponenti Francesco Carrara e Cesare Beccaria, nasce alla fine del XVIII secolo, in epoca illuminista, si fonda sul libero arbitrio e sull’imputabilità, vede nel reato una violazione cosciente e volontaria della norma penale da parte del delinquente che è quindi imputabile, ovvero capace di intendere e volere. La pena è retributiva, poiché ha la funzione di compensare il danno arrecato alla società con la commissione dell’atto criminoso. La seconda annovera tra i suoi esponenti Adolphe Quetelet ed André-Michel Guerry, mentre in Italia  Cesare Lombroso, Enrico Ferri e Raffaele Garofalo, e si pone tra i fondamenti il determinismo e la pericolosità sociale. Per tali studiosi, gli individui che si macchiano di un delitto sono inesorabilmente portati a commetterlo da fattori bio-psichici, congeniti o da situazioni ambientali preesistenti; di conseguenza, non ha senso parlare di imputabilità o di punizione (poiché il reo non ha agito in piena libertà), ma ha senso proteggere la società neutralizzando la pericolosità sociale dei delinquenti e prevenire i loro futuri reati, attraverso l’applicazione di misure di sicurezza.

Cesare Lombroso si basa sul concetto del criminale per nascita, il suo lavoro è stato fortemente influenzato dalla fisiognomica, dal darwinismo sociale e dalla frenologia (teoria scientifica che studia la conformazione del cranio). Secondo le sue teorie, l’origine del comportamento criminale sarebbe insita nelle caratteristiche anatomiche del criminale, persona fisicamente differente dall’uomo normale in quanto dotata di anomalie che determinavano il comportamento socialmente deviante. Per Lombroso l’inclinazione al crimine è una patologia ereditaria e l’unico approccio utile nei confronti del criminale quello clinico-terapeutico. Solo nell’ultima parte della sua vita Lombroso prese in considerazione anche i fattori ambientali, educativi e sociali come concorrenti a quelli fisici nella determinazione del comportamento criminale. Ad alcune sue ricerche si ispirarono Sigmund Freud e Carl Gustav Jung per alcune teorie della psicoanalisi applicata alla società, la maggior parte delle sue teorie risultano oggi destituite di ogni fondamento scientifico tanto che molti studiosi lo definirono come un visionario, tanto che al termine di un controverso percorso accademico e professionale, Lombroso fu anche radiato, nel 1882, dalla Società italiana di Antropologia ed Etnologia.

In quel periodo la fama del Lombroso era divenuta notevole a livello del grosso pubblico borghese cui non dispiacevano neppure taluni aspetti del suo socialismo conservatore; i quotidiani ospitavano articoli di grandi e noti studiosi. Cesare Lombroso, fondò la cosiddetta psicologia clinica, che, da sempre, si è posta l’obiettivo di individuare i tratti caratteristici e specifici di tale personalità, basandosi sul presupposto che i “delinquenti” differiscano in modo significativo dai “non delinquenti”. Egli mediante l’osservazione di innumerevoli casi clinici e la raccolta puntigliosa ed inesauribile di reperti collegati con il mondo del crimine (come tatuaggi, disegni e ossa craniche) tentò, per tutta la sua vita, e con non poche critiche, anche violente, di verificare le sue ipotesi. In questo modo egli costituì una teoria globale del crimine, di tipo bio-antropologico, secondo la quale i delinquenti sarebbero caratterizzati da precise anomalie costituzionali o somatiche (Lombroso ne identificò l’asimmetria facciale, gli zigomi sporgenti, la fronte bassa, alcune anormalità delle orecchie, le mascelle grandi, l’insensibilità al dolore. Tali caratteristiche sarebbero quelle tipiche del cosiddetto “delinquente nato”).

Dopo Lombroso, diversi altri studiosi ed esperti, (anche se con meno fortuna), hanno affermato l’importanza dei fattori bio-antropologici nello studio del criminale. Molte ricerche, ad esempio, hanno dimostrato un legame tra la delinquenza dei genitori e quella dei figli. Sono stati effettuati studi sui fattori ereditari e su anomalie cromosomiche (era stato rilevato che gli individui in cui, all’interno del patrimonio genetico, si trovava il cromosoma Y sovrannumerario, erano più predisposti alla psicopatia e alla tendenza al delitto), sui gemelli, sui figli adottati. Tutti questi studi però hanno avuto delle notevoli limitazioni (legati all’ambito di ricerca, alle statistiche, a fattori esterni che influivano sui risultati).

Oggi, però, in campo genetico, si è aperto un nuovo scenario. È stato scoperto il gene MAO-A, in grado di produrre un enzima che agisce sulle sostanze chimiche dell’encefalo facendole funzionare negativamente e di conseguenza scatenando nell’individuo l’aggressività. È obbligatorio sottolineare che non tutti gli individui influenzati da questo gene sono dei potenziali serial killer: il gene MAO-A è più o meno attivo a seconda del soggetto. Infatti, analizzando le personalità criminali, si deve tener conto maggiormente di quella che è stata un’infanzia caratterizzata da traumi, violenze e anomalie; questi sarebbero i fattori determinanti dei comportamenti aggressivi e criminali nelle persone. Un caso che ha analizzato la presenza del gene MAO-A , è accaduto a Trieste, ed ha costituito un’attenuante in un caso di omicidio. A marzo del 2007, Abdelmalek Bayout è stato condannato a nove anni e tre mesi di prigione dopo aver accoltellato un colombiano di 32 anni, Walter Perez, per averlo chiamato “omosessuale”. Sottoposto a diversi test, il DNA di Bayout è risultato positivo a questo gene.

In seguito alla perizia degli esperti, sebbene prudente nel non dare un peso eccessivo alla scoperta, e dopo accurata valutazione di tutti gli elementi in gioco, il giudice triestino ha concesso un’ulteriore riduzione di un anno della pena. Sono tutt’ora in corso numerosi studi internazionali relativi al gene MAO-A, anche se quanto scoperto finora risulta più che attendibile. Quando si parla di sindrome della personalità criminale si fa riferimento a una struttura psicologica, ma anche patologica, che porta al realizzare atti criminali. Essa è data da tre tratti fondamentali, secondo numerosi studi che sono stati condotti in merito: iperattività nel delitto, antisocialità e grande egocentrismo. Tratti importanti sono: una scarsa autostima, sentimento di disperazione, superbia e ricerca di potere a tutti i costi. Altri campanelli d’allarme possono essere fantasie di dominio, di trionfo e di potere, legati alla paura diffusa, anche in ambito di sospetto, con atteggiamenti che diventano quasi paranoici.

Gli studi dimostrano come esistano due tipi di sindrome della personalità criminale: psicopatico dissociale e psicopatico integrato. Nel primo caso, sono frequenti comportamenti che inducono a pensare che la persona non abbia, ad esempio, ottenuto dai genitori o parenti un’approvazione, un riconoscimento opportuno, una gratificazione. Potrebbero essere persone che hanno subito abusi psicologici o fisici, anche a livello sessuale, addirittura dalla madre o dal padre. Spesso, questi soggetti, sono particolarmente violenti ed hanno una naturale inclinazione verso casi di natura seriale. Lo psicopatico integrato, invece, è quella persona che cerca di gratificare i propri bisogni in un modo “anormale”. La sua infanzia è stata piuttosto tranquilla, almeno agli occhi dei genitori. Conduce, così, una vita apparentemente normale, può avere ad esempio un normale impiego. Spesso è molto egocentrico e non ascolta i giudizi degli altri. La criminologia continua a portare avanti costanti sviluppi e aggiornamenti affascinando da sempre, ad ogni livello, gli individui della nostra società.

Claudia Gaetani

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