TORINO – Per i palati più raffinati e i golosi inguaribili, si è aperta da poche ore a Torino “Cioccolatò 2022”, la grande fiera del cioccolato che torna questo autunno nel capoluogo piemontese dopo lo stop di due anni dovuto alla pandemia. La location è speciale: sotto la Mole Antonelliana, dal 28 ottobre al 6 novembre. La capitale italiana del cioccolato accoglierà ancora una volta la dolce manifestazione dedicata al “cibo degli dei” declinato in tutte le sue forme e sfumature. Dieci giorni ricchi di eventi, incontri, laboratori, degustazioni e eccezionali prodotti delle eccellenze artigiane.
La storia di Torino “città del cioccolato” comincia nel 1560. Fu in quella data che Emanuele Filiberto di Savoia decise di festeggiare il trasferimento della capitale ducale da Chambéry a Torino servendo ai cittadini proprio una tazza di cioccolata calda. Da allora il cioccolato diventò una specialità di artigianato, creando la professione dei maestri cioccolatieri, ossia artigiani che lavoravano questa primizia inventando nuove ricette e nuove forme per diffondere l’arte del cioccolato nel territorio. Fu proprio a Torino che nel Settecento nasce il Bicerin, bevanda assai richiesta ancora oggi a base di cacao, caffè e crema di latte.
Il cioccolato inizia così ad essere apprezzato da tutti e questo successo dà il via a nuove sperimentazioni. Unendo tradizione e innovazione, sempre a Torino la storia del cioccolato trova la sua svolta nella creazione dei cioccolatini: semplicemente solidificando il cioccolato, era stato creato uno dei prodotti simboli della tradizione italiana. Nel 1865 nasce il gianduiotto, il cioccolatino simbolo del capoluogo piemontese. L’ingrediente magico è la nocciola delle Langhe, specialità del Piemonte: per questo la ricetta originale del Gianduiotto resta un’esclusiva torinese. In quella città sorgono le maggiori aziende produttrici di cioccolato. Grandi eccellenze italiane nel mondo che hanno avuto la capacità di mantenere intatto il legame con la tradizione rendendo onore a questo grande ingrediente.
Torino e il Piemonte sono considerati ancora oggi il maggior centro italiano per la lavorazione del cioccolato. Ma il cioccolato a Torino non è solo gianduiotto. A questo territorio si deve la creazione del cremino, un cioccolatino a tre strati (gianduja, cioccolato e nocciola) o del boero, il famoso cioccolatino ripieno di liquore. Al fianco dei grandi produttori di cioccolato, esistono molte piccole aziende artigianali di cioccolato 100% made in Italy. Luoghi storici che sono il punto di riferimento per chi vuole acquistare prodotti di assoluta qualità. Realtà autentiche dove è possibile conoscere la tradizione del cioccolato torinese unita all’innovazione, con metodi di produzione etici e ingredienti sceltissimi.
La passione per il cioccolato ha coinvolto nei secoli re, imperatori, musicisti, scrittori. Il primo europeo a provare il cacao nel 1502 fu Cristoforo Colombo, quando durante il suo quarto viaggio nelle Americhe toccó l’isola di Gunaja, al largo della costa dell’Honduras. Così dalle foreste dell’America centrale, il cacao giunge in Europa attorno alla metà del Cinquecento. Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, che viaggiava sempre col suo cioccolataio personale; Papa Pio V, benché inflessibile per certi versi, nel 1569 generò scalpore consentendo nei periodi di digiuno la consumazione di una tazza di cioccolata al giorno, adducendo come motivazione il fatto che fosse liquida; Voltaire sembra che ne bevesse una dozzina di tazze al giorno, per combattere la debolezza in tarda età; Carlo Goldoni nelle sue commedie elogia in vario modo la bevanda; Giacomo Casanova ne faceva uso per gli effetti afrodisiaci. Wolfgang Amadeus Mozart cantava il suo desiderio di cioccolata in “Così fan tutte”. Grandi appassionati furono anche Čajkovskij, Stendhal, Goethe, Leonardo Sciascia, Alessandro Manzoni, la marchesa de Sèvigné, Gabriele D’Annunzio e Fidel Castro.
E allora l’occasione è unica e ghiotta per vivere con “CioccolaTò” il mondo del cacao a 360 gradi: dieci giorni di pura gioia per gli occhi e per il palato.
Claudia Gaetani
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