RIETI – “Datemi un vaso e sfamerò il mondo”. E così è stato. Nazareno Strampelli, agronomo, nacque a Crispiero di Castelraimondo, nel 1866, morì a Roma nel 1942 e per l’ottantesimo dalla sua morte il Comune natale ha organizzato due convegni, uno a Castelraimondo che si è svolto il 22 ottobre e uno a Macerata che si terrà a novembre, entrambi con la partecipazione dello storico Roberto Lorenzetti, già direttore dell’Archivio di Stato di Rieti, che al grande genetista ha dedicato diverse pubblicazioni fra cui “Strampelli la Rivoluzione verde”, MIBAC – Archivio di Stato di Rieti.
Dopo la laurea a pieni voti ottenuta a Pisa nel 1891, Strampelli fu assistente di laboratorio all’Università di Camerino, diresse un laboratorio chimico nelle miniere all’Argentario, insegnò scienze naturali e agronomia al ginnasio fino al 1899, dal 1895 al 1899 fu consigliere supplente nel Comizio Agrario Camerinese. Dal 1896 al 1900 lavorò come assistente al gabinetto di Fisica e come aiuto al gabinetto di Chimica, Mineralogia e Farmacia. Dopo aver lasciato il ginnasio passò ad insegnare agronomia alla Scuola Normale femminile a Camerino, agraria all’Istituto Tecnico per Agrimensori, già nel 1900 a Camerino iniziò a studiare le ibridazioni su grano tenero, pur non essendo ancora a conoscenza degli studi di Gregor Mendel, ancora poco diffusi.
Fu il biologo Giuseppe Cuboni (1852 – 1920), con un articolo sulla rivista della Società degli Agricoltori Italiani, nel 1903, a far conoscere l’opera di Mendel a Strampelli, che applicava già per intuizione ed esperienza le stesse tecniche del monaco agostiniano: castrazione e impollinazione per vicinanza. Tutta l’attività di Strampelli si svolse a Rieti, dove arrivò nel 1903, dopo aver vinto il concorso della Cattedra ambulante sperimentale di granicoltura, di grande prestigio. La situazione all’inizio non fu particolarmente favorevole, coltivava veramente in vaso, coprendo le piante per non contaminare le altre e fu il Principe Ludovico Spada Veralli Potenziani di Rieti a mettergli a disposizione il terreno a Campomoro, dove poté ampliare le coltivazioni, sempre foderando accuratamente le piante ibridate manualmente da lui e da sua moglie e dove è nata la regia stazione di granicoltura.
“Se Strampelli avesse brevettato la sua ricerca sarebbe stato l’uomo più ricco del mondo. I suoi semi sono perenni, ripiantabili ogni anno, tutti i tipi di pane nel mondo portano genotipi da lui selezionati per ogni esigenza climatica, a maturazione tardiva, più alti o più bassi. Nella zona tra il fiume Giallo e il fiume Azzurro in Cina coltivano il grano San Pastore, un grano tenero (o Bruno secondo una precedente denominazione), varietà che ha avuto il maggior successo. Nel mondo ha salvato milioni di bambini dalla fame, mentre a Rieti hanno continuato a privilegiare il seme Rieti originario, il Triticum aestivum, grano tenero più diffuso nelle valli del centro Italia”, racconta Roberto Lorenzetti.
All’inizio non aveva un laboratorio e nemmeno un ufficio, al punto che sul retro di una sedia dell’Hotel Quattro stagioni a Rieti, dove era alloggiato, scrisse: “Questo è quanto io ebbi a mia disposizione dall’ottobre 1903 all’aprile 1904 come materiale d’impianto e di funzionamento della Cattedra Sperimentale di Granicoltura”, riferendosi alla fredda accoglienza ricevuta dal Comune. Il successo del ‘Rieti’ è dovuto alla sua elevata resistenza alla ruggine (una malattia delle piante), alla buona potenzialità produttiva e una flessibilità che lo rendeva particolarmente adatto ai climi collinari, però è un grano soggetto a ‘sdraiarsi’ a causa di venti o altri fattori climatici, con una perdita di parte del raccolto. Strampelli trovò la soluzione e la chiamò varietà “Carlotta Strampelli”, in onore della moglie che lo assisteva. Era convinto che per ottenere significativi miglioramenti bisognasse ricorrere all’ibridazione per trasferire in uno specifico genotipo i caratteri di resistenza presenti in altre varietà.
Per cercare di ottenere un grano con caratteristiche simili al Carlotta ma più precoce, in grado di resistere alle alte temperature tardive, Strampelli realizza una serie di incroci con una varietà giapponese, la Akagomughi, importata in quegli anni. Nasce l’Ardito (uno dei più coltivati in Italia a cavallo della Seconda Guerra mondiale) e con lui le varietà Damiano Chiesa, Mentana, Villa Glori, a loro volta progenitori di varietà create in altre parti del mondo. A partire dal “Rieti”, sviluppò una varietà incrociata con la segale, dando vita al grano Terminillo. Ha contribuito alla “vittoria del grano” voluta da Mussolini e forse fu per questo che è stato lungamente dimenticato in Italia, anche perché nonostante lui non volesse, Mussolini lo chiamò ad occupare un seggio al Senato nel 1929 (da sottolineare che non firmò il manifesto della razza).
Le varietà di frumento da lui create ed esportate in Messico furono una delle basi degli studi di miglioramento genetico che condussero alla “rivoluzione verde” degli anni ’60. Fu uno dei pionieri del miglioramento genetico delle piante agricole e un grande innovatore sul piano scientifico, perché tra i primi a comprendere le potenzialità dell’applicazione delle leggi mendeliane agli aspetti agronomici, applicabili ad altre varietà di specie vegetali. La battaglia del grano la vinse lui a livello personale, con 800 diversi incroci di grano e 65 varietà, una produzione più che quadruplicata per ettaro, riducendo l’importazione, senza però giovamenti sulla bilancia dei pagamenti, perché mancava capacità imprenditoriale (i costi di produzione erano alti). Serviva una riforma agraria, come aveva suggerito Arrigo Serpieri (dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura), ma fu messa nel cassetto.
La riprese Mario Rossi Doria e divenne poi la riforma di Giuseppe Medici (dal 1948 al 1963 presidente dell’Istituto nazionale di economia agraria). Di Strampelli è anche il grano Cappelli, dedicato al senatore del Regno Raffaele Cappelli che, appassionato di agronomia, mise a disposizione le sue tenute agricole in provincia di Foggia, oggi sede di una stazione di granicoltura, mentre quella di Rieti è in stato di abbandono. Lorenzetti, dopo il terremoto di Amatrice, riuscì a prelevare e tutelare parte dell’archivio e delle schede, ma in quella imponente struttura, sempre più invasa da vegetazione, ci sono ancora le ampolle con i semi selezionati. E in questo momento di difficoltà, con la guerra, i cambiamenti climatici, la crisi energetica e la fame ancora imperante nel mondo, pensiamo di rivolgere a questo nuovo Governo l’appello di salvare la regia stazione di granicoltura di Nazareno Strampelli.
Francesca Sammarco
Lascia un commento