MILANO – Una penna raffinata percepisce e scrive della complicità tra donne. Le pagine del libro “Il Filo di Luce” (edito da Rizzoli) di Valeria Montaldi raccontano in un’ambientazione storica di sorprendente attualità, la storia di riscatto e unione femminile, che ha come sfondo la Milano sforzesca. Lo sfondo è Ducato di Milano, l’anno è il 1447. Alla morte di Filippo Maria Visconti – l’ultimo tirannico duca– si apre la lotta per la successione al suo casato, mentre Margherita, protagonista del romanzo, combatte la sua personale battaglia. Orfana di una carcerata e allevata da una donna che non si fa scrupolo di vendere il suo corpo di bambina, Margherita è un’emarginata della società. Bistrattata, fino all’incontro fatale con una donna di nome Elide, che valorizza l’essenza della sua femminilità, insegnandole i fondamenti della tessitura delicata della seta, intarsiata da fili d’oro.
Dedicandosi con passione a quest’arte raffinatissima, Margherita trova la forza per emanciparsi dalle ingiustizie riservate al suo sesso. In un mondo dominato dagli uomini, diventa un’abile tessitrice, capace di lavorare la seta e i tessuti più preziosi e avrà il coraggio di vivere un amore impossibile, divenendo tenera madre. Arriverà a condurre una delle più importanti manifatture tessili di Milano, insieme ad una vera e propria confraternita tutta al femminile, composta da alcune tra le donne più influenti della città, decise a non restare nell’ombra. Una città dove è possibile che anche la più umile delle popolane diventi padrona della propria vita. Un linguaggio curiale, raffinato e ricercato caratterizza il romanzo e tiene legato il lettore alla trama della tela tessuta abilmente.
Valeria Montaldi, milanese di nascita, si laurea giovanissima in Storia della Critica d’Arte. Dopo una ventina d’anni di giornalismo dedicato a luoghi e personaggi dell’arte e del costume milanese, nel 2001 esordisce nella narrativa pubblicando il suo primo romanzo “Il mercante di lana” (Piemme) nel 2001, al quale sono seguiti “Il signore del falco” (2003) e “Il monaco inglese” (2006), entrambi finalisti al Premio Bancarella, nonché vincitrice di numerosi premi letterari. Tutti i suoi romanzi, che hanno ottenuto grande successo in Italia, sono stati pubblicati all’estero (Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Grecia, Serbia, Ungheria, Brasile). Dal 2016 ha pubblicato per Piemme ” La randagia” e nel 2018 “Il pane del diavolo”. I suoi romanzi sono ambientati nel Medioevo e si snodano fra i castelli della Valle d’Aosta, i vicoli di Milano, i boschi del contado lombardo, le strade di Parigi e i canali di Venezia.
Nella narrazione si intrecciano vicende di aristocratici, popolani, monaci, eretici, mercanti, armigeri, streghe e inquisitori. “E’ stato il Medioevo a scegliere me”, sottolinea. La Montaldi si è dedicata alla saggistica come “Piazza San Babila, Milano” (edito da L’Agrifoglio), nel 1990 e altri numerosi racconti tra cui “Il sogno di Tarek”. “A ogni romanzo si ricomincia daccapo – racconta Valeria in un’intervista -. Si rimettono alla prova invenzione e capacità narrativa. L’arroganza non deve appartenere allo scrittore, perché il pubblico va sempre riconquistato. Non è detto che il lettore che ti ha già apprezzato continui a farlo: dipende da cosa proponi e dall’amore che nutri verso di lui. Sì, perché amore significa innanzitutto rispetto: mai tradire la fiducia riposta in te, mai propinare piatti riscaldati spacciandoli per nuovi”.
Il suo motto è “mai imbrogliare”. Il lettore ha bisogno del massimo rispetto, però “non è sempre facile creare trame sempre inedite, ma se ambientazione e personaggi suscitano emozioni e partecipazione emotiva, allora significa che ce l’hai fatta ancora una volta. C’è un filo che lega chi scrive a chi legge: una sorta di magia, capace di trasformare la fantasia in realtà”. Intanto sono innumerevoli le consonanze fra passato e presente come l’arroganza del potere, l’avidità di denaro, la prevaricazione sui più deboli, la violenza, la volontà di possesso esercitata sulla donna, il terrore della morte. “Il passato come specchio del presente, una superficie in grado di riflettere passioni e paure. Quelle che ancora pervadono la nostra vita di uomini del ventunesimo secolo”.
Claudia Gaetani
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