MILANO – La prima mostra si tenne dal 7 novembre al 7 dicembre 1929, con nomi del calibro di Cézanne, Gauguin, Seurat, Van Gogh. Furono tre donne, newyorkesi d’adozione, a fondare il MoMA (acronimo di Museum of Modern Art), il grande museo d’arte moderna di New York. Straordinaria fu la visione e la grande intuizione che ebbero Abigail “Abby” Aldrich Rockefeller (Providence, 1874 – New York, 1948), Lillie Plummer Bliss (Boston, 1864 – New York, 1931) e Mary Quinn Sullivan (Indianapolis, 1877 – New York, 1939): vennero soprannominate “The Ladies”, “the daring Ladies” (le signore audaci) e “the adamantine Ladies” (le signore adamantine). “La combinazione era perfetta – sottolineò Nelson Rockefeller, figlio di Abby -. Mia madre, Lillie Bliss e Mary Sulliva, avevano le risorse, il tatto e la conoscenza dell’arte necessari”.
L’idea venne principalmente ad Abby Rockefeller, moglie dell’imprenditore statunitense John Davison Rockefeller Jr, erede del ricco e omonimo petroliere. “Ho iniziato a pensare alle donne che conoscevo a New York City che avevano profondo interesse per la bellezza e che compravano quadri; donne che sarebbero state disposte e che avevano abbastanza fede a contribuire alla creazione di un museo d’arte moderna. La signora Lillie Bliss e la signora Mary Quinn Sullivan erano perfette a questo proposito: ho chiesto loro di pranzare con me e ho esposto la questione”, raccontò Abby nel 1936 ricordando come era partito l’ambizioso progetto. Durante un sobrio pranzo stile americano, un giorno del 1928, rese partecipi della sua idea le altre due donne dell’high society americana.
La creazione di un museo per l’arte moderna a New York era nata dall’esigenza di raccogliere ed esporre sia le opere del collezionista e mecenate John Quin (deceduto nel 1924 e che faceva parte del gruppo che nel 1913 aveva organizzato l’Armory Show), che di organizzare la prima grande esposizione d’arte moderna europea e americana negli Stati Uniti di Arthur Bowen Davies, nonché consulente di Lillie P. Bliss, e la conseguente dispersione delle loro ampie e importanti collezioni d’arte moderna. Insieme le Ladies decisero di aprire una galleria temporanea dove esporre a rotazione opere innovative e contemporanee provenienti dall’Europa. Un’idea nuova, quasi inconcepibile, che si rivelò di enorme successo. Ad alimentare la fortuna del MoMA ci pensarono poi gli avvenimenti storici dell’epoca. Da una parte i molti artisti fuggiti dal vecchio continente a causa dei governi totalitari europei. Dall’altra la CIA, che, secondo indiscrezioni, finanziò i pittori e i disegnatori per sfruttare la forza propagandistica dell’arte contro la vecchia Europa. In più, nel 1929, solo New York, tra le grandi capitali del mondo, non possedeva un museo pubblico dove custodire e rendere visibili al pubblico le opere d’arte dei fondatori e dei maestri delle scuole moderne.
Dopo quel pranzo del 1928, the Ladies iniziarono a pensare a un’istituzione in cui riunire ed esporre le raccolte d’arte moderna e chiesero ad Anson Conger Goodyear, collezionista ed ex amministratore delegato della Albright Gallery a Buffalo, di essere il primo presidente di quel museo, mentre per il primo consiglio di amministrazione chiamarono la mecenate Josephine Boardman Crane, il giornalista e critico d’arte e del teatro americano Frank Crowninshield e l’uomo d’affari Paul Joseph Sachs. Fu lui a suggerire anche il nome di Alfred Hamilton Barr Jr. come direttore del museo, un suo giovane allievo che teneva l’unico corso di arte moderna nel paese.
Abby Aldrich Rockefeller aveva una particolare predilezione per l’arte su carta degli americani viventi e collezionò diverse opere tra il 1925 e il 1935; era anche una mecenate, dunque sosteneva direttamente gli artisti attraverso commissioni, acquisizioni e aiuti finanziari. A lei si devono molte donazioni al Museum of Modern Art, tra dipinti, stampe, sculture e fondi per l’acquisto di opere dal 1935 al 1948, anno della sua morte, in occasione della quale il direttore Barr scrisse al figlio della fondatrice Nelson Rockefeller: “Lei era il cuore del Museo e il suo centro di gravità”.
Lillie P. Bliss aveva sostenuto economicamente l’Armory Show del 1913 e aveva acquistato anche opere in mostra; aveva anche comprato all’asta opere della collezione di John Quinn e acquisito opere della collezione di Davies quando egli morì. La collezione della Bliss comprendeva quindi alla sua scomparsa opere di celebri artisti quali Paul Cézanne, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir, Henri Matisse, Amedeo Modigliani, Pablo Picasso, Odilon Redon, Georges Seurat, Henri Rousseau e Henri de Toulouse-Lautrec, e la maggior parte di queste opere confluì nella collezione del MoMA: un corposo nucleo di opere che si rivelò un grande dono per la sede museale.
Mary Quinn Sullivan era invece un’insegnante d’arte, moglie di un noto avvocato nonché collezionista di arte e libri rari, Cornelius Sullivan. Possedeva nella sua collezione importanti dipinti di Cézanne, Modigliani, Picasso, Toulouse Lautrec. Delle tre fondatrici, quest’ultima era quella che più s’intendeva di educazione artistica, quindi d’insegnamento delle arti visive, elemento che caratterizzò fin da subito l’istituzione museale. Tuttavia, nel 1933, Sullivan abbandonò la carica di trustee poiché aprì una galleria tutta sua.
La prima sede del MoMA fu l’Heckscher Building (oggi Crown Building), poco più di una settimana dopo il crollo di Wall Street, il Museum of Modern Art aprì con una mostra dedicata ai maestri moderni negli spazi al dodicesimo piano di un edificio adibito ad uffici, al 730 della Fifth Avenue di New York. Il museo avrebbe poi cambiato sede diverse volte, fino a spostarsi, nel 1939, nella 53esima strada, sua attuale sede. Secondo l’idea di Barr, la collezione del museo doveva essere come “un pesce che si muove nel tempo, il suo muso è il presente in continua evoluzione, la sua coda è il passato sempre sfuggente di cinquanta-cento anni fa”. L’istituzione non aveva soldi (il ricco marito di Abby si rifiutava infatti di dare finanziamenti poiché si opponeva al progetto della moglie e non amava neppure l’arte moderna), quindi la prima collezione venne costituita tramite donazioni: era composta da otto stampe, per la maggior parte dell’espressionismo tedesco, e da un disegno, donati nel 1929 da Sachs.
La mancanza e la difficoltà nel trovare finanziamenti provocò inoltre il trasferimento del museo (nei primi dieci anni, tre sedi diverse), ma alla fine l’attuale venne edificata su un terreno donato dallo stesso Rockefeller che successivamente divenne tra i principali donatori. La donazione più significativa successiva alla prima si deve invece al lascito nel 1934 della cofondatrice Lillie P. Bliss che era morta nel 1931, mentre grazie a una donazione anonima nel 1930 entrò nella collezione museale il primo dipinto di un artista statunitense: House by the Railroad di Edward Hopper. Alla fondazione del museo, nel 1929, i sette trustees firmarono un documento che esprimeva i loro propositi, primo su tutti l’organizzazione di una serie di mostre nel corso dei successivi due anni che costituissero una rappresentazione più completa possibile dei grandi maestri moderni, americani ed europei, da Cézanne al presente, ma soprattutto degli artisti viventi, con omaggi occasionali ai maestri dell’Ottocento. Secondo, ottenere grazie alla collaborazione di artisti, proprietari e mercanti un numero di dipinti, sculture, disegni e litografie di prim’ordine per le esposizioni. Infine, creare un museo pubblico permanente della città che potesse acquisire nel tempo (sia con donazioni che con acquisti), le migliori opere d’arte moderna.
Abby Aldrich Rockefeller, Lillie P. Bliss e Mary Quinn Sullivan intuirono e seppero credere nell’arte moderna poco apprezzata e capita e fu un grande stimolo per capire la necessità di avere anche a New York un museo pubblico che riunisse le recenti innovazioni artistiche, inclusa la produzione americana contemporanea. Erano appassionate di un’arte che pochi amavano, ma grazie alla loro intelligenza, al sostegno ai giovani artisti e all’esperienza personale portarono avanti il loro progetto, riuscendo a dare vita a quello che oggi è uno dei musei più importanti al mondo, selezionando le opere degli artisti con gusto, coraggio e con un pizzico di predizione.
Tra le esibizioni contemporanee, un primato: nel 2010, la performer Marina Abramovic ha ricevuto nel museo (per 700 ore e in silenzio) il pubblico, realizzando una delle imprese artistiche più lunghe della storia. Il New York Times la descrive così: “Capelli raccolti in una treccia appoggiata sulla spalla sinistra e pelle bianchissima, la sua posa è rimasta quasi sempre la stessa: il corpo leggermente piegato in avanti a fissare in silenzio di fronte a sé. C’era un solo fattore variabile, uno bello grosso: il pubblico. I visitatori del museo venivano invitati a sedersi in una sedia di fronte a lei: la sedia non è rimasta quasi mai vuota e in totale si sono avvicendate quasi 1400 persone, alcune per solo pochi minuti, altre per un giorno intero”.
E così per 25 dollari, costo dell’attuale biglietto, si possono ammirare le performance più originali ed “addentrarsi” in alcune delle più famose opere d’arte moderna: la Notte Stellata di Van Gogh, le Ninfee di Monet, Les Demoiselles d’Avignon di Picasso e Campbell’s Soup Cans di Andy Warhol.
Claudia Gaetani
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