LECCE – Una terra che regala ai suoi ospiti paesaggi mozzafiato, tradizioni, spiagge assolate, scogliere e mare cristallino. Il Salento, terra pluripremiata bandiera blu (attribuita dalla Foundation for Environmental Education alle località costiere europee che soddisfano criteri di qualità relativi a parametri delle acque di balneazione e al servizio offerto, ma anche pulizia delle spiagge e approdi turistici) non è solo bellezza paesaggistica. Dal Salento non si va via se non si è fatto un giretto enogastronomico, il giusto connubio per forchette sopraffine e buongustai.
I vini, ormai esportati in tutto il mondo, dal Negramaro al Primitivo, alla malvasia nera, sono i padroni delle tavole dei leccesi. E ancora l’olio extravergine d’oliva, molto particolare perchè spesso non prevede l’abbacchiatura ma il lento maturare dei frutti che cadono e prendono i sapori della terra arida, presentandosi con note più forti rispetto a quelle del resto del Paese. Nonostante molte piante d’ulivo siano state colpite dalla xylella, la produzione e l’esportazione si mantengono molto attive, con un prodotto di grande qualità. Olio come l’oro che va ad irrorare un altro particolare cibo salentino molto amato dai turisti, e non solo, cioè la frisa, una prelibatezza che è stata sempre considerata come un cibo povero, ma che adesso è parte integrante della cucina tipica e viene apprezzata da tutti.
La cottura avviene nel forno di pietra, utilizzando fascine di rami di ulivo che danno al pane un profumo particolare. La frisa (o frisella) per essere consumata necessita della “sponzatura” (ossia viene bagnata nell’acqua per farla rinvenire) e la si può gustare con degli ottimi pomodori del posto, oppure la si può condire con qualsiasi “bendiddio” si desideri, bontà del territorio ce ne sono così tante che c’è l’imbarazzo della scelta: ad esempio, le conserve sottolio come melanzane, carciofi, zucchine e olive nere di Scorrano. Altri tipi di pane sono i pizzi leccesi (o pizzionguli, simeḍḍa), di cui una variante sono le scèblasti tipiche della Grecìa Salentina e il pane con le olive (detto anche puccia). Quest’ultimo è realizzato con una farina di grano molto più raffinata rispetto al pane semplice e si ottiene semplicemente aggiungendo le olive leccesine (olive nere di dimensioni particolarmente piccole) all’impasto del pane. I pizzi invece sono ottenuti aggiungendo all’impasto del pane pomodoro, cipolla, zucchine, capperi, olive nere e olio; hanno una forma non ben definita come ci ricorda il nome greco scèblasti che vuol dire, appunto, informe.
Altrettanto importanti sono i taralli e i tarallini, anch’essi facilmente conservabili per lunghi periodi. Non si può non menzionare il rustico leccese, una prelibatezza di pasta sfoglia con un cuore caldo di mozzarella, besciamella, pelati e un pizzico di pepe. Per gli amanti della pasta fatta in casa: le orecchiette, i minchiareddhi (maccheroncini), i cappelletti, le sagne torte (tagliatelle senza uovo ritorte su stesse), la tria (tagliatelle spezzetate). Tutti i formati rigorosamente di grano duro o di farina d’orzo o un mix delle due. Tra i condimenti tipici il sugo con le classiche polpette (nel Salento si fanno con carne mista macinata, mollica di pane di grano duro raffermo bagnata nel latte, uova, formaggio pecorino stagionato, sale, pepe e prezzemolo, vengono fritte e poi unite al sugo), il sugo di carne di cavallo preparato con la classica ricetta “alla pignata”, con una cottura lunghissima (in umido) di pezzi di pancetta di cavallo insieme a cipolla, carota, sedano, alloro, peperoncino e pomodorini in un recipente di terracotta a bassa temperatura.
La pasta viene condita con la ricotta fresca di pecora (“ricotta schianta”) disciolta in poca acqua di cottura e pepe o in varie altre salse vegetali (purè di fave, cavoli saltati in padella, cime di rapa). Ovviamente non mancano la pasta con le cozze o con le vongole sia nella versione con sugo che in bianco. Piatto delle grandi occasioni la pasta “allo scoglio”, in genere i minchiareddhi conditi con un sugo preparato con le rimanenze di pesce e mitili invendute dei pescatori, un piatto di una bontà incredibile, nato dalla necessità di economia in famiglia. U pisceammare, tipica zuppa preparata con gli ingredienti necessari per la zuppa di pesce ma senza il pesce (quindi il pesce a mare, divertente denominazione della ricetta), da mangiarsi con il pane tostato, le cicore a minescia, zuppa di cicorie e parti meno nobili del maiale come la pancetta, i ciciri e tria, minestra pasta, ceci e pezzetti di pasta fritti, i vermiceddhi cu lu stoccu e la suppa te baccalà o lo stoccafisso (stoccu), olive, uva passa e spaghettini fatti in casa.
Immancabili nella cucina salentina le zuppe di fagioli, di ceci e di fave ma anche di un legume quasi scomparso ad altre latitudini: le cicerchie (in dialetto salentino “tolaca”). Non possono mancare le zuppe di pesce fresco come la classica suppa te pesce alla caddhipulina (di Gallipoli), versione salentina del caciucco molto simile nella preparazione al caciucco alla livornese, o a pastina cu lu pesce, zuppa con una pastina all’uovo fatta in casa e pesce misto in bianco. Le triglie salentine alla gallipolina, ricetta che richiede la triglia di Porto Cesareo (una varietà presente quasi solo nei mari prospicienti il Salento), intinte in un pinzimonio e nel pan grattato speziato e cotte alla griglia. Un altro classico la minestra di fagioli e cozze. I turcineddhi o ‘mboti, involtini di interiora di agnello avvolti nel proprio budello e cotti alla griglia. Usati un tempo anche come cibo di strada. I pezzetti te cavaddhu, pezzi di carne di cavallo, anch’essi storicamente usati come cibo di strada, venivano serviti a mò di panino fra due fette di pane casareccio. U purpu alla pignata, polipo cotto cotto nella stessa acqua che emette durante la cottura con verdure varie.
Fritture di ogni specie, dal pesce azzurro al polipo o il calamaro fritto, agli argentini (pesce azzurro molto piccolo che si mangia intero, con testa e spine) in pastella. I moniceddhi spritti, lumache soffritte in olio con spezie e peperoncino, una squisitezza per palati fini, una quasi esclusività salentina dove si alleva da secoli una particolare varietà di lumache adatte all’uso alimentare. I mitili vengono preparati in diverse ricette, ma nessuno può dire di aver provato la cucina salentina senza aver assaggiato il crudo di mare alla salentina: ricci, cozze piluse, cozze nere, gamberi rossi di Gallipoli al crudo, fasolari, carpaccio di diversi pesci, il tutto condito con limone e olio di oliva extravergine e da gustare con un rosato DOC del Salento. Altro prodotto tipico è poi la pittula, che è una frittella di pasta dalla forma più o meno tonda. Nella preparazione delle pittule si possono aggiungere altri ingredienti come acciughe sotto sale, le cime di rapa, il cavolfiore o piccoli pezzi di baccalà. Molto simili alle pittule sono i cecamariti, con la differenza principale data dalla presenza delle uova e dall’assenza della lievitazione, oltre che dall’aggiunta di diverse verdure tritate.
Valido esempio di eccellenza, si deve necessariamente partire dal pasticciotto leccese che, ormai, è diventato famoso e imitato ovunque. Si tratta di un dolce tipico, che allieta le colazioni di salentini e turisti, una sorta di barchetta di pasta frolla, ripiena di crema pasticcera e chiusa con altra pasta frolla: questo è il pasticciotto, ma il segreto della sua bontà è gelosamente custodito dai maestri della pasticceria salentina.
Menù ricco e gustoso per i turisti italiani e non, richiamati in questo mondo di meraviglie paesaggistiche e culinarie, turisti che conservano sempre nella loro mente, questo viaggio nel tacco d’Italia, con un piacevole ricordo di cibo buono, paesaggi naturali, gente allegra a ritmo della tradizionale pizzica salentina, famosa in tutto il mondo.
Claudia Gaetani
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