ROMA – Nelle spettacolari Terme di Caracalla, torna ad aprirsi in estate il Teatro dell’Opera di Roma. E lo ha fatto il 1° luglio con una partitura straordinaria: “Mass” (“Messa”) dell’americano di origini ebraiche Leonard Bernstein, per la prima volta in assoluto eseguita in forma scenica. Chi siamo noi, per aver oggi ereditato un’opera che risale ad un grande compositore, ma saturo di tradizioni che noi non possediamo, come la musica degli indios, dei negri e i ritmi del jazz? Capace di fonderli insieme per farne lo specchio dell’eguaglianza fra i popoli, Bernstein ha lottato anche per i diritti delle diverse culture, le quali ai suoi occhi rivendicano di contestare l’incontestabile, perché possono farlo anch’esse. Ed in ciò pure noi respiriamo la libertà, il suo immenso spazio, e apprendiamo che la meritiamo.
“Mass. Pezzo teatrale per cantanti, musicisti, ballerini ” fu chiesta a Bernstein da Jaqueline Kennedy per il marito morto, e fu poi rappresentata nel Centro Kennedy di Washington l’8 settembre 1971, ma solo in forma di concerto: a Roma – questa è l’inattesa novità – il capolavoro di Bernstein compare allestito. Ed ora compaiono le sorprese. Quando nello svolgersi iniziale della Messa col “Kyrie Eleison”, all’ingresso del Celebrante col Coro di Voci Bianche, e col festante Coro di Strada per il “Kyrie Rondo”, ecco che un cantante di strada contesta il valore penitenziale del “Confiteor”. Poi il Coro di Strada intero mette in discussione la capacità della Chiesa di salvare le anime smarrite. E affermano infine tutti che, sebbene i potenti possano imprigionare i dissidenti, “essi non riusciranno mai a imprigionare la parola del Signore”.
Ma di tutto ciò sarà metafora un alto e grigio muro. Qui interverrà, nello spettacolo allestito, un balletto parodistico, in cui affiora la convinzione che Dio sia distante e indifferente alle Cose umane. A tal punto, è bene precisare che ”Mass. Pezzo teatrale per cantanti, musicisti e danzatori”, con testo in versi di Bernstein e aggiunte di S. Schwartz, prevede – oltre al direttore Diego Matheuz e al regista Damiano Michieletto – la coreografia dei due ormai notissimi ballerini Sasha Riva a Simone Repele, le scene di Paolo Fantini, i costumi di Carla Teti, le luci di Alessandro Carletti, i video di Filippo Rossi. Inoltre, accanto al protagonista baritono, Celebrante Markus Werba, vi saranno il Corpo di Ballo e la Scuola di Canto Corale del Teatro (oltre ovviamente ad Orchestra e Coro diretto da Roberto Gabbiani): infine, la partecipazione di “Fabbrica Young Artist Program”, ma più importante di tutti, lo Street People Chorus, una vera e propria autonoma mente pensante, che compete col Celebrante.
E nella scorrevole partitura di Bernstein, la musica assume i volti della polifonia, del jazz, del rock. In un momento in cui il Celebrante porta al culmine la sua estasi e con gli ensembles passa ad una danza infervorata, accompagnata in inglese, latino ed ebraico, il Coro di Strada si rivolta e intona un canto di protesta. Al Celebrante i cantanti sfuggono di mano e lui stesso getta e rompe gli oggetti sacri, rinnegando il suo credo. Ma nel silenzio immobile, emerge il suono di un flauto, poi la voce pura di un sopranista: lentamente rinasce la fede fra i presenti, e le ultime immagini scelte dal regista Michieletto per rappresentare la rinata speranza in Dio, saranno quelle del quadro di Théodor Géricault “La Zattera della Medusa” (1816), dove il lontanissimo scoglio, visibile ai naufraghi – tanto simili ai migranti di oggi – racchiudendo la loro speranza, incarna anche quella dei ribelli Cantanti e Coristi di Strada, incanalata nella musica forte, ritmica, prorompente di Bernstein, nella monumentale “Mass”.
Paola Pariset
Nell’immagine di copertina, una scena della “Bernstein Mass” con Marcus Werba e Street People Chorus Opera Roma 2022
Lascia un commento