“Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla…”. Chi ha mai dimenticato l’incipit di questo brano storico di Antonello Venditti? “Notte prima degli esami” si intitola e i versi, che sono stati l’inno di diverse generazioni (comprese quelle che avevano sostenuto la maturità molto tempo prima), sono stati memorizzati e vengono cantati a squarciagola anche dai ragazzi di oggi che nel 1984 (data di arrivo della canzone) non erano ancora nati.
Chi scrive, quest’anno, festeggia esattamente il cinquantennale dell’esame di Stato. Una sorta di “nozze d’oro” con il diploma… Correva l’anno 1972 e il 3 luglio (se la memoria non tradisce) si tornò in classe per la prova d’italiano (superata brillantemente); il giorno successivo era in programma la versione dal greco. E qui nacquero i problemi. Innanzitutto, l’annuncio che il secondo scritto non sarebbe stato di latino (in base ad un’alternanza che fino a quel momento era stata rigorosamente rispettata) era stato accolto dal sottoscritto con diverse imprecazioni. Col greco il rapporto era abbastanza conflittuale (eufemismo) e infatti i risultati furono decisamente scadenti. Tanto che al momento dell’orale, il commissario di lettere dopo aver commentato il tema sull’Europa unita (povero Cattaneo che già nel 1849 vagheggiava gli Stati Uniti d’Europa: quante speranze andate deluse…) con eleganza preferì glissare sugli esiti della versione (“Questa è meglio se non la vediamo…”) per concentrarsi sull’interrogazione di latino, affrontata con gagliarda baldanza dal sottoscritto e malcelata soddisfazione del membro interno, l’indimenticabile professoressa Magno. Poi venne il turno della matematica e anche lì le cose andarono nella maniera migliore.
Insomma, intorno al 12 luglio la faccenda era sistemata, ma altri compagni di sezioni differenti dovettero trascinare studio (e relativi tormenti) fino al 27-28 di quel torrido mese tarantino. Un supplizio inutile. Oggi, per fortuna, gli esami del quinto anno cominciano prima e finiscono in date un po’ più accettabili. A proposito della versione di greco, fu assegnato un brano impossibile tratto dal “Menessemo” di Platone. Un autentico incubo anche per coloro che ci sapevano fare davvero. Nonostante qualche suggerimento e qualche “pizzino”, gli esiti furono piuttosto deludenti, come peraltro era ampiamente previsto.
E’ di tutta evidenza che ognuno di noi può scivere tomi infiniti sulla propria maturità (ricordi, aneddoti, storie, amicizie, la cena con i prof prima degli esami…). Intanto (e per fortuna), per quelle strane e inaspettate alchimie che talvolta arricchiscono la nostra vita, è accaduto che la III D del Quinto Ennio di Taranto si sia ritrovata: prima su Facebook, poi con un attivissimo gruppo whatsapp. Ci sono quasi tutti, anche se due compagni se ne sono andati purtroppo per sempre… Manca all’appello ancora qualcuno che sembra difficilissimo da ritrovare, ma – come si suol dire – la speranza è sempre accesa (spes ultima dea, per utilizzare qualche reminiscenza di latino). L’obiettivo è che dopo l’incontro virtuale sui social, si riesca ad organizzare una “reunion” in presenza per stare di nuovo (quasi) tutti insieme. Si sta lavorando alacremente per individuare una data che più o meno sia fruibile per ognuno di quegli ormai attempati protagonisti della maturità del 1972. Intanto, è stato emozionante e coinvolgente essersi ritrovati.
Il pensiero e l’augurio affettuoso vanno agli oltre cinquecentomila maturandi che in questi giorni sono alle prese con la prima vera prova che la vita riserva. Ragazzi, state calmi e sereni e fate del vostro meglio. “Ma quanti amici ho intorno che viene voglia di cantare / Forse cambiati, certo un po’ diversi / Ma con la voglia ancora di cambiare…”, per dirla sempre con Antonello Venditti…
Buona domenica.
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