PALERMO – Profumi intensi e paesaggi orientali di una terra amata dall’uomo e dal sole; sabbie cocenti e mari cristallini, ovunque si volga lo sguardo è Sicilia. Sempre mèta di turisti appassionati in cerca di itinerari e percorsi per assaporare appieno la Trinacria. La terra di Sicilia è rappresentata proprio da questa araldica: una testa femminile con tre gambe piegate a formare la trìscele o triskelis, (ossia la triquetra, erroneamente detta trinacria). Si tratta di tre spirali intrecciate e unite in un punto centrale, in una triplice simmetria rotazionale. Solo successivamente venne introdotta la raffigurazione di un essere con tre gambe. La triscele apparve sulle monete di paesi orientali dell’antica Grecia e per la prima volta anche in Sicilia sulla monetazione siracusana del III secolo a.C.. , nonché sulle ceramiche di produzione gelese, con caratteristiche prettamente locali, risalenti al VII-VI secolo a.C.. Qui la triscele arcaica è raffigurata senza il volto – ovvero l’assenza del gorgonèion o della Medusa, che divenne altro particolare simbolo della Sicilia.
Inizialmente la testa della Gòrgone, i cui capelli sono serpenti, dalla quale si irradiano tre gambe piegate all’altezza del ginocchio, è un personaggio mitologico, che secondo il poeta greco Esiodo era ognuna delle tre figlie di Forco e Ceto: Medusa (la gòrgone per antonomasia), Steno (la forte), Euriale (la spaziosa). Esse rappresentavano le perversioni: Euriale rappresentava la perversione sessuale, Steno la perversione morale e Medusa la perversione intellettuale. Un’altra versione della testa è quella di una donna, forse di una dea, in taluni casi raffigurata con le ali per indicare l’eterno trascorrere del tempo, contornata da serpenti per indicare la saggezza. Ai serpenti in seguito sono stati aggiunte spighe di grano, a voler significare la fertilità della terra dell’Isola (i serpenti furono sostituiti con spighe di grano dai Romani per simboleggiare il suo status di “granaio” di Roma). Così, la Sicilia divenne sinonimo di fertilità e prosperità.
Gli studiosi confermano come la trinacria sia un antico simbolo religioso orientale che rappresentava il dio del sole nella sua triplice forma di primavera, estate e inverno. Solo in epoca romana la trinacria perde il suo intrinseco significato religioso per divenire unicamente il simbolo geografico della Sicilia. Il Regno di Trinacria nasce tra il 1282, anno di incoronazione di Pietro III di Aragona e il 1302 anno della pace di Caltabellotta, quando, a conclusione della prima fase della guerra dei Vespri siciliani, il Regno di Sicilia fu ufficialmente diviso in due parti: l’Isola di Sicilia denominata ufficialmente come regno di Trinacria o Regno di Sicilia. Mentre la parte continentale assumeva la denominazione di Regno di Sicilia citeriore più comunemente noto come Regno di Napoli, con a guida il re Carlo II d’Angiò. A rafforzare l’ipotesi di un richiamo geografico, è la conformazione geografica dell’isola che si mostra in forma triangolare, accostabile alle tre gambe della triscele, che sembrano richiamare i tre promontori – Capo Peloro, Capo Passero e Capo Lilibeo – i tre vertici dell’isola che immediatamente rimandano al triangolo.
Capo Peloro (detto anche punta del Faro e conosciuto dai messinesi semplicemente come Faro) è la punta estrema nord orientale della Sicilia, il cui territorio fa parte del comune di Messina, nel quartiere di Torre Faro, vicino ai laghi di Ganzirri, famosi per la copiosa coltivazione di mitili. Costituito da una lingua bassa e sabbiosa sita a sud dell’estremità sud occidentale della Calabria, quasi di fronte alla frazione di Cannitello, e che termina quasi in corrispondenza della località di Santa Trada ove è situato il pilone calabrese dell’elettrodotto dello Stretto. Il pilone siciliano è posto proprio in prossimità della punta estrema di capo Peloro, dove è collocabile Cariddi. E’ il punto d’ingresso nord dello stretto di Messina e pertanto segnalato da un faro importantissimo per la navigazione. È il luogo di incontro tra il mar Ionio e il mar Tirreno: le sue rive sono attraversate da fortissime correnti per la cui azione la conformazione delle spiagge muta annualmente. La laguna di Capo Peloro è anche sito di importanza internazionale, inserito nel Water Project dell’UNESCO del 1972, e sito di importanza nazionale riconosciuto dalla Società botanica italiana. All’interno della riserva naturale vivono più di 400 specie acquatiche. In questo vortice di paesaggi, sapere, arte e cultura possiamo proprio da questi promontori godere di vedute, scenari, monti e spiagge di una bellezza che rapisce lo sguardo.
Virando verso l’estremità meridionale della Sicilia, a circa 60 km da Siracusa, sorge Portopalo di Capo Passero, un minuscolo paesino fondato nel 365 a.C. dai profughi scappati dalla colonia fenicia di Mozia, dopo l’attacco del tiranno di Siracusa Dionisio il Vecchio, durante le guerre puniche. I sopravvissuti trovarono rifugio presso le coste dell’estrema punta sud-est della Sicilia a ridosso del promontorio di Pachys. Oggi il promontorio si chiama Capo Passero e ai suoi piedi sorge Portopalo, centro di enorme importanza geografica perché è il comune italiano più a Sud dello Stivale, talmente a sud da trovarsi addirittura al di sotto del parallelo di Tunisi. Proprio per la sua vicinanza con l’Africa, la costa richiama alla mente paesaggi esotici e colpisce subito per il suo lungo litorale che alterna lunghe spiagge con dune sabbiose a scogliere mozzafiato.
Per le sue bellezze naturali il centro è meta, soprattutto durante il periodo estivo, di migliaia di turisti sia italiani che stranieri, attratti soprattutto dalle bellezze naturali, dal mare e dal sole. Portopalo offre anche la possibilità di visitare luoghi e monumenti di particolare importanza dal punto di vista storico e archeologico, come il castello di Carlo V e la statua di Maria S.S. Scala del Paradiso sull’isola di Capopassero, il castello Tafuri in stile liberty, il porto e il mercato ittico non lontano dal centro abitato, Torre Fano edificata in periodo greco in contrada belvedere di Torre Fano e infine la caratteristica Tonnara, splendido monumento di archeologia industriale. Da non perdere inoltre un’escursione nei due isolotti situati nello specchio d’acqua di fronte alla città: l’Isola delle Correnti e l’Isola di Capopassero.
L’Isola delle Correnti, proprio di fronte il comune di Portopalo di Capo Passero, si erge dalle acque cristalline del mare, incantando i visitatori per la sua bellezza selvaggia. Si tratta di un piccolo isolotto roccioso dalla forma tondeggiante che si estende per circa 10.000 mq, collegato alla terraferma da una sottile striscia di pietra artificiale che, più volte negli anni, è andata distrutta dalle maree. L’isola ha un nome affascinante che deriva dal fatto che si trova proprio nel luogo di congiunzione di due diversi mari: lo Ionio e il Mediterraneo. Le correnti si generano proprio dall’incontro delle acque di questi mari, dando vita a spumose e impetuose onde che si infrangono sulle coste o sugli scogli. Per questo motivo, il luogo è una sorta di paradiso per gli appassionai di surf e windsurf che si divertono sfidando il mare e cavalcando le onde. L’isola può essere raggiunta facilmente anche a piedi partendo dalla spiaggia di Portopalo di Capo Passero e percorrendo la lingua di terra che la lega alla terraferma. Gli unici inconveniente sono però, che in alcuni tratti l’acqua arriva sino alla cintola e le correnti e le onde, a volte, rendono la traversata difficoltosa. Inoltre, i fondali non sono sabbiosi ma costituiti da grossi scogli perciò forse, sarebbe meglio raggiungere l’isoletta in barca o in pedalò.
Estrema punta occidentale dell’isola di Sicilia è Capo Boeo (o capo Lilibeo). Si trova nel territorio del comune di Marsala, in provincia di Trapani. Sul promontorio sorse l’antica città cartaginese di Lilibeo, oggi area archeologica di Capo Boeo, e ricompresa nella città di Marsala. Il capo Boeo segna il confine marittimo fra il mar Tirreno e il mar di Sicilia. Nei suoi pressi si trova il Museo archeologico Baglio Anselmi, si trova in prossimità del lungomare cittadino, ovvero il Lungomare Boeo, nonché l’omonimo lido e vari ristoranti che permettono di gustare i sapori di Sicilia. Nell’esatta posizione ove sorge il Capo, si trova un grande obelisco che cita gli avvenimenti più importanti avvenuti nello specchio d’acqua antistante e una targa commemorativa delle vittime marsalesi della Strage di Ustica avvenuta il 27 giugno 1980. È possibile fare un bagno tra le sue splendide rocce; data la presenza di queste ultime, il luogo viene chiamato dai marsalesi anche col toponimo “Due Rocche”. Presso questo luogo, infine, si possono osservare il cambiamento delle correnti marine, il passaggio dei vari venti e i tramonti indimenticabili sulle isole Egadi, le saline e i mulini di Marsala e sognare sempre con lo sguardo a sud- est.
Claudia Gaetani
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