PISA – La città di Pisa è la smentita evidente del pregiudizio secondo cui il Medioevo fu un’epoca buia e lontana dall’ideale classico di bellezza, sia quello antico (romano e greco), sia quello cinquecentesco. Con la sua amena posizione, l’isolamento per il quale sembra sia stato studiato anche lo spirare dei venti e le proporzioni armoniche, la splendida Piazza dei Miracoli su cui svetta la (famosa in tutto il mondo) Torre Pendente, segna un picco verso l’alto nel grafico dell’avvicinamento alla classicità. E se la distanza da questo parametro è l’indicatore della “medievalità” di un fatto culturale o sociale, le cose sono due: o il Medioevo non è un’epoca buia, priva di eccellenza e genialità, oppure i mille anni che vengono accomunati con questa etichetta sono davvero troppi.
Quest’ultima ipotesi, a dire il vero, è già diffusa tra molti storici e Pisa ne è la conferma con la sua “rinascita” o “rinascenza”, come gli studiosi dell’arte definiscono le anticipazioni del Rinascimento cinquecentesco. Di questi momenti ce ne erano stati anche prima dell’anno Mille, epoca in cui si chiude la prima fase del Medioevo, quella considerata più opprimente e degradata e per questo definita “Alta”. Eppure neanche questa fu abbastanza profonda e cupa da impedire, per esempio, la cosiddetta rinascita carolingia che nell’800, con il Sacro Romano Impero, segnò il ritorno della scrittura e del latino. Dopo il 467 d. C., dunque, data convenzionale con cui si fa iniziare il Medioevo, non tutto è perduto, a dispetto delle periodizzazioni ufficiali e degli stereotipi. Il bello rimane un sottofondo pronto a riemergere al minimo stimolo.
Ed ecco che Pisa, quando viene iniziata la Torre, nel 1173, è una città prestigiosa, che si è arricchita ed ha avuto molti rapporti culturali con altre realtà ed è naturale che voglia mostrare questa sua crescita con qualcosa che si possa vedere: lo fa con l’arte, affidando quattro monumenti di fattura perfetta come quella di gioielli (la Torre, il Battistero, la Cattedrale e il Camposanto), agli artisti migliori che si possano trovare sulla piazza tra i quali Giovanni e Nicola Pisano. Il risultato è quello che ancora oggi stupisce e incanta visitatori di tutto il mondo e che Gabriele D’Annnunzio chiamò “Piazza dei Miracoli” – definizione che poi è rimasta valida universalmente – alludendo allo stupore prodotto da tanto virtuosismo tecnico. Ma accanto a questo aspetto c’è il ruolo che Pisa si è conquistata nella storia per essere un precedente di tutto rispetto dell’epoca che si sarebbe aperta solo qualche secolo dopo.
Nel suo libro “Pisa, l’alba del Rinascimento”, Antonio Milone presenta la piccola città sull’Arno come il luogo dove si manifestarono i germogli del Rinascimento che sarebbe esploso a fine ‘400 nella corte medicea a Firenze. Sempre vista come sua sorella minore, invece, Pisa sarebbe stata con questi “soprammobili” di marmo bianco su un prato verde un vero e proprio laboratorio dove grandi artisti sperimentarono un nuovo stile, detto appunto “pisano”, fondendo le influenze arabe e bizantine con quelle nordeuropee su quelle reminiscenze classiche che si erano date per perdute ma che attendevano solo di essere sollecitate.
Sebbene i quattro monumenti di candido marmo siano stati costruiti appena dopo la prima metà di quell’epoca “buia”, si fa fatica a considerarli medievali nel senso comune e deteriore del termine che fa passare quel millennio tra l’Impero romano e il 1500 come un pozzo nero in cui si persero tutto il sapere e le esperienze antiche. In pieno Medioevo, invece, a Pisa si compì un miracolo, anzi più miracoli, e si fece un passo avanti verso il recupero della bellezza classica che avrà, sì, il suo exploit nel Rinascimento ma che non ci sarebbe stata senza questi esperimenti “medievali” che prepararono il terreno con momenti d’oro come quello che diede luce a questa piazza unica al mondo. Eppure la chiamavano “epoca buia”.
Gloria Zarletti
Lascia un commento