Ma i genitori sono davvero in grado di fare il loro “mestiere”? Purtroppo, almeno in certi casi, la risposta è desolatamente e semplicemente “no”. Non sanno e soprattutto non vogliono essere educatori, guide, punti di riferimento, esempio per i figli, ai quali sentono il dovere soltanto di dare tutto e subito. Come se accontentare i propri pargoli sia l’unico requisito utile per poter acquisire l’attestato di “bravo papà” e “brava mamma”.
Le cose non stanno così e non c’è nemmeno bisogno di spiegare il perché. Nel corso degli anni, il rapporto genitori – figli si è evoluto, come è normale che avvenga in una società in cui i cambiamenti sono pressoché quotidiani. Ma la genesi si è costantemente imbastardita fino ad arrivare agli eccessi degli ultimi tempi. Se un ragazzino o una ragazzina non va bene a scuola o, quanto meno, non riesce a superare l’asticella che in maniera del tutto arbitraria è stata fissata per la propria prole, allora la colpa è degli insegnanti incapaci e scansafatiche, che non capiscono e non valorizzano le capacità della figliolanza. Magari dovrebbero indagare su quanto e su come studia e si applica l’alunno, senza lasciarlo in balia di videogiochi e smartpphone per larga parte delle ore in cui lo scolaro è libero da impegni scolastici. Ma questo implicherebbe un esame di coscienza di padri e madri con probabile ammissione di colpa e dunque non va bene. Meglio scaricare su altri responsabilità: molto facile e molto comodo.
Se poi, per caso, qualche problema si manifesta nell’attività sportiva, allora si scatenano le pulsioni peggiori e, per dono divino, tutti diventano allenatori, tecnici ed esperti di una qualunque disciplina per dispensare consigli, criticare, fomentare malcontenti che in certi casi diventano vere e proprie “ribellioni”. Magari, come avviene nella stragrande maggioranza, questi campioni in erba incompresi e ingiustamente maltrattati, non hanno alcuna capacità (caratteriale, tecnica e morale) per poter eccellere in quello sport: bisogna solamente prenderne atto. Non ci sono colpe o limiti: è così e basta. Sarebbe meglio assicurarsi che la pratica sportiva sia soddisfacente per il giovane e che questi sia contento di ciò che fa, al di là del livello qualitativo raggiunto. Troppo semplice, persino banale, ma inaccettabile per chi è convinto che il proprio figlio sia il nuovo Totti o la nuova Sara Simeoni.
Ma le vette dell’incapacità genitoriale si raggiungono quando si verificano episodi al limite del bullismo (e talvolta anche oltre). Apostrofare un compagno con epiteti del genere “ciccione”, “deficiente” e l’ancora più odioso e inaccettabile “handicappato” è segnale che indica immaturità profonda sulla quale bisogna immediatamente intervenire, a cominciare dall’ambito familiare. E invece accade che mamme e babbi di questi maleducati, viziati e iperprotetti, non solo non intervengono, anzi fanno finta di niente. Glissando con nonchalance l’argomento: meglio non immischiarsi in certe faccende che mettono in cattiva luce il proprio”gioiello”. Peraltro, insultare un coetaneo chiamandolo “handicappato” è quanto di più squallido possa concepire la mente umana a qualsiasi età. Come se i veri portatori di una qualche disabilità (fisica o psichica) siano colpevoli di chissà quale peccato.
Ma, oltre alla famiglia, qui entrano in ballo anche pesanti responsabilità dell’istituzione scolastica. Derubricare certi comportamenti con espressioni del genere “sono cose di ragazzi” significare abdicare al ruolo fondamentale di educatori e maestri. Di vita, prima che di una qualsiasi materia. E significa anche non voler prendersi la responsabilità di interventi severi, anche sul piano delle sanzioni. Meglio evitare problemi e discussioni: meglio buttare la polvere sotto il tappeto.
Si potrebbe continuare a lungo, ma la conclusione è solo una: i genitori facciano i genitori nel miglior modo possibile e facciano crescere i figli liberi, ma educati alla vita e alle difficoltà che essa presenta sempre. E se c’è da punirli, non esitino: le scarpe all’ultima moda o l’ultimo modello di smartphone o il motorino si devono meritare. Altrimenti niente.
Buona domenica.
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