NUORO – Amico, collega, maestro e bravissimo artista: Francesco Spatara è un autentico genio moderno. Francesco è nato a Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, nel 1960. Si è diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano nel 1983 e da quasi 40 anni è stato adottato dalla Sardegna dove ha messo su famiglia. Da giovane, per diversi anni, ha affiancato il pittore Innocente Salvini e ha approfondito numerosi aspetti pittorici vicini all’Astrattismo. Docente d’arte al Liceo Artistico di Lanusei più e più volte ha varcato il mare per far conoscere le sue opere che, negli anni, gli hanno fruttato bellissimi riconoscimenti. Francesco Spatara è inserito nell’élite di artisti di fama mondiale, nonché tra i protagonisti del primo Atlante dell’Arte Contemporanea, edito dalla casa editrice De Agostini. Tra i suoi ultimi impegni, ha esposto nel 2017 alla Triennale di arti visive a Roma e alla mostra collettiva “Grazie Italia” nel Padiglione Guatemala, presente alla 57esima Biennale di Venezia.
Un’intera vita dedicata all’arte, allo studio, alla scoperta di nuove tecniche e nuovi linguaggi, il tutto accompagnato da una grande passione e una motivazione fuori dal comune. Lui stesso sovente sostiene che il mondo dell’arte è difficile, selettivo, ma se si ha la stoffa, come lui continuamente ha dimostrato di possedere, gli ostacoli si superano e gli obiettivi si raggiungono. Amante delle indagini introspettive, dello studio della natura umana, degli stati d’animo, dei sentimenti e delle emozioni, uomo con alle spalle un ricco bagaglio culturale, è riuscito a creare un’arte tutta sua, personale, intima, liberandosi dei canoni che lo ancoravano al passato per mettere sulla tela tutto sé stesso, il suo io. La pennellata decisa, l’uso del colore dosato magistralmente, le forme non delineate dei suoi soggetti che sembrano urlare di dolore e uscire dalla tela, il tocco, capace di dosare paura, dolore, sofferenza che accompagna la vita degli esseri umani, rappresentano la sua pittura: vera, espressionista, autentica, quasi astratta.
I visi da lui dipinti sono cenni di volti ma pregni di carattere ed emozioni forti. La dissolvenza dell’immagine non nasce dalla casualità ma è una scelta motivata e ben ponderata dello Spatara che crea, distrugge, destruttura per poi ricreare qualcosa di nuovo e soprattutto di unico. Bellissime le sessanta opere pittoriche in tecnica mista che fanno parte della personale “Donne e lupi” e che risalgono al 2011. Qui forme e colore diventano un mezzo per esprimere le emozioni umane. In questi quadri di Spatara non si ritrova la sensualità che solitamente contraddistingue il corpo femminile ma delle nudità che esprimono sofferenza, dove luci e ombre non accarezzano i corpi dipinti ma sottolineano il confine tra ciò che si vede, ciò che si intuisce, ciò che viene volutamente tenuto celato, recondito.
Il lupo, poi, esprime l’idea del buio, in molte civiltà era ritenuto il custode dei defunti. È un animale dal fascino tenebroso, considerato aggressivo, insaziabile, violento. Ma nulla di tutto ciò è vero. I lupi hanno comportamenti molto simili a noi umani. Rispettano il branco, si prendono cura dei cuccioli, aiutano i feriti, fanno i baby sitter a turno e cooperano per il bene del branco. Sono responsabili di enormi gesti di amore verso i loro simili, cooperano durante la caccia per il fine comune. Sono leali e rispettosi ma, al tempo stesso, sono anche intelligenti e astuti ed erano gli animali sacri a Marte, dio della Guerra. Nelle opere di Spatara appaiono alcuni di questi elementi, ma nel tratto emerge l’interesse per la trasformazione, una sorta di uomo lupo e di donna lupo. Così nelle figure, nei corpi e nell’uso del colore quasi strepitante, stridente, si ritrovano gli elementi del movimento francese dei fauves che apprezzavano la novità di una luce generata dall’accostamento di colori puri usati in modo libero e in funzione anche emotiva, oltre che costruttiva, sulla scia di van Gogh e di Gauguin nonché quello tedesco della Brucke dallo stile pittorico molto carico che si serviva di colori forti, di forme semplificate, energiche e spigolose da cui traspare un senso di ansia e inquietudine.
L’artista Spatara si ispira a Derain per la violenza del segno, i contrasti, l’interesse psicologico ma riprende anche da Kirchner per la destrutturazione del colore quasi a voler creare un senso di fastidio in chi guarda attraverso il rigoroso schematismo e l’appiattimento dell’immagine. Blu e rosso sono i colori predominanti, le bocche nei volti si contorcono quasi in smorfie di estremo dolore e i corpi trasudano dolore, cieca solitudine. Le tele rappresentano immagini fatte per raccontare storie di ordinaria quotidianità tenute nascoste, per scoprire il senso di un segno con gli occhi stupiti. Di lui il noto critico Luciano Carini ha scritto: “Una pittura fortemente espressionista, questa del maestro Spatara, autentica, severa e talmente sintetica ed essenziale da rasentare l’espressione astratta, perché i personaggi che Francesco ci rimanda non sono figurativamente riconoscibili né facilmente identificabili. Di essi, infatti, a lavoro ultimato, non rimane altro che la forma, il fiato, il timido e sommesso respiro”.
Virginia Mariane
Nell’immagine di copertina, l’artista sardo – calabrese Francesco Spatara
LA VITA E’ DURA, MEGLIO LASCIAR PERDERE…