Diciamoci la verità: ci sono i lavori che noi italiani non vogliamo fare più. Il motivo è assai semplice: sono molto faticosi e poco remunerativi. Inutile fare un elenco dettagliato, tanto la realtà è sotto gli occhi di tutti e non ha bisogno di particolari interpretazioni. Sono situazioni diffuse sull’intero territorio, anche se ci sono zone e settori in cui tale carenza di manodopera si manifesta in modo più evidente, generando fenomeni che sfociano facilmente nella piaga del caporalato. La conseguenza è che autentiche organizzazioni malavitose gestiscono con metodi assai sbrigativi (eufemismo) centinaia di lavoratori, pescando senza eccessiva difficoltà nel foltissimo esercito degli extracomunitari senza permesso di soggiorno che, proprio in virtù della loro particolare condizione, non hanno strumenti per opporsi o per accampare una qualsiasi forma di diritti.
Il riferimento è soprattutto al settore agricolo dove molto spesso vengono a galla situazioni di degrado nelle quali decine di persone lavorano per 10-11 ore al giorno e poi devono accontentarsi di ricoveri precari (che sarebbero disdicevoli anche per gli animali) per riposarsi prima di affrontare un’altra durissima giornata di raccolta. Una vergogna autentica dalla quale si fatica ad uscire. Raramente gli extracomunitari denunciano le durissime condizioni in cui sono costretti ad operare (vanno compresi perché si tratta della loro unica fonte di sostentamento) e le aziende (non tutte, per carità) si guardano bene dall’uscire da uno stato di evidente illegalità: hanno a disposizione manodopera a buonissimo mercato, nonostante debbano pagare i “servizi” offerti dai “caporali”. E la situazione – va sottolineato – riguarda pure (anche se in misura minore) gli italiani.
Insomma, i braccianti regolarizzati sono merce rara: meglio affidarsi a quei poveracci che sgobbano senza fiatare per ore sotto il sole cocentissimo dell’estate per guadagnare al tramonto poche decine di euro (talvolta pure meno). Il fenomeno, come detto, si verifica in diverse zone dell’italico Stivale, ma è molto attivo nel sud del Lazio e proprio per questo la Regione ha approvato recentemente una legge contro lo sfruttamento. La proposta era arrivata in aula presentata da Alessandro Capriccioli, capogruppo di +Europa Radicali presso il consiglio regionale, e da Marta Bonafoni, capogruppo della Lista Civica Zingaretti.
Diverse le novità che tentano di mettere un freno all’illegalità: la più importante riguarda il cosiddetto “indice di congruità” che permette di individuare le aziende virtuose e quelle che invece impiegano personale irregolare, offrendo premialità alle prime e penalizzando le seconde nell’erogazione dei fondi. Inoltre, sono stati introdotti gli “elenchi di prenotazione”, cioè liste in cui sono messe a confronto domanda e offerta di lavoro al fine di far emergere il sommerso. Infine, si riconosce esplicitamente il ruolo del terzo settore e del mondo dell’associazionismo, che in questi anni ha fatto moltissimo per contrastare questo fenomeno e al quale la Regione con questa legge offre compiti importanti e destina aiuti finanziari.
“Il consiglio regionale del Lazio – sottolinea Capriccioli – approva una legge che mette in campo strumenti concreti per spezzare la vergogna della schiavitù, alla quale nella nostra regione sono soggetti moltissimi braccianti agricoli. Una schiavitù reale e impiegata su larga scala, che costringe migliaia di lavoratori dell’agricoltura a turni massacranti e a condizioni di vita disumane, per salari da fame e senza alcun diritto”. “La Regione Lazio – aggiunge Bonafoni – ha una nuova legge contro il caporalato in agricoltura, una legge che guarda alla legislazione nazionale e una sfida che vedrà insieme parti datoriali e parti sindacali. E poi un sistema di welfare che garantisca ai braccianti – tutti, a partire dai migranti sfruttati – l’affermazione dei diritti”. “Nel Lazio – commenta su Facebook il pontino Marco Omizzolo, sociologo, ricercatore Eurispes e collaboratore delle università di Venezia e Pisa – abbiamo una nuova legge contro il caporalato. Una norma che ci aiuterà a combattere caporali e padroni e a ristabilire verità e giustizia. Ora a noi renderla viva e attiva inserendola nel corpo del fenomeno concreto”.
La speranza è che lo strumento legislativo riesca davvero ad incidere, ma per questo bisognerà aspettare.
Buona domenica.
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