//Trentino, l’orsa JJ4 non deve morire

Trentino, l’orsa JJ4 non deve morire

di | 2023-05-07T06:25:35+02:00 7-5-2023 6:38|Top Blogger|0 Commenti

Diciamolo subito, l’orsa JJ4, madre di tre cuccioli, è stata condannata a morte per essersi comportata da orsa. E anche per gli altri orsi del Trentino la motivazione è stata la stessa. A rimettere le cose a posto ci ha pensato però il Tribunale amministrativo di Trento che ha sospeso anche l’efficacia del secondo decreto con cui il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, aveva disposto l’abbattimento dell’orsa, considerata responsabile della morte del runner Andrea Papi e attualmente detenuta nel centro faunistico del Casteller e ritenendo percorribile la soluzione del trasferimento dell’orsa in altro luogo. Il tribunale amministrativo ha accolto nuovamente il ricorso presentato dalle associazioni animaliste Enpa, Leidaa e Oipa (qui il primo decreto sospeso).

Fino alla data della prossima udienza collegiale la Provincia non potrà dunque procedere all’abbattimento. Ma non basta, il Tar accusa apertamente la giunta trentina di non aver ottemperato agli obblighi previsti dal progetto Life Ursus: secondo il Tribunale si tratta di un “inadempimento deprecabilmente protrattosi a tutt’oggi pur nel notorio contesto del consistente (e del tutto incontrollato) incremento della presenza degli esemplari di orso nel territorio provinciale”.

Una vicenda questa degli orsi del Trentino che ha dell’assurdo se non fosse che dietro c’è, come al solito, l’arroganza e la presunzione dell’Uomo che si ritiene il padrone del pianeta Terra. E’ vero, di recente qualche plantigrado ha ucciso o ferito (su questo restano molte cose da chiarire) turisti ed escursionisti ma oggi gli amministratori del territorio invece di chiamare alle armi dovrebbero farsi un esame di coscienza è chiedersi il perché di quanto avvenuto e di quanto sta avvenendo.

Franco Tassi

Gli orsi sono tornati sulle montagne del Trentino per volontà degli abitanti dopo che la stessa mano ne aveva ridotto considerevolmente il numero di esemplari. Una doppia indagine dell’Istituto Doxa, una nel 1997 e una nel 2003, prima e dopo la liberazione di orsi provenienti dalla Slovenia nell’ambito del progetto di ripopolamento Life Ursus promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta in stretta collaborazione con la Provincia autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (ISPRA), aveva denotato che il 70% della popolazione locale era favorevole al progetto, finanziato dalla Comunità europea con oltre 800 mila euro.

Su quanto sta avvenendo sulle splendide montagne del Trentino è utile conoscere il parere di un esperto. Ecco il pensiero di Franco Tassi, laureato in Giurisprudenza e successivamente in Scienze Biologiche nonché docente di Ecologia applicata alla facoltà di Veterinaria dell’Università di Napoli e di Conservazione della Natura all’Università di Camerino, promotore nel 1977 del comitato Parchi nazionali e Riserve analoghe patrocinato dai Ministeri dell’Ambiente e della Marina mercantile. Per 33 anni, dal 1969 al 2002, è stato direttore del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise dove la popolazione locale convive senza problemi sia con i lupi che con gli orsi.
“L’attuale polemica sugli orsi del Trentino – afferma Tassi – oggi assume un significato simbolico più ampio diventando il banco di prova o, se lo si preferisce, la cartina di tornasole del nostro rapporto con l’ambiente naturale selvaggio. Sulla vicenda dell’orsa JJ4, infatti, si è detto e scritto di tutto ed è proprio da queste reazioni multiformi che si può misurare l’effettiva capacità dell’uomo moderno di convivere con la vera Natura. Per arrivare a capire non tanto se l’orso sia buono o cattivo ma se gli esseri umani, affetti da antropocentrico delirio di onnipotenza, siano degni di vivere in questo meraviglioso pianeta che si affannano a devastare”.

“Prima di comprare orsi dalla Slovenia come se fossero semplice merce da spostare da un luogo all’altro – sottolinea ancora Franco Tassi – la Provincia di Trento avrebbe dovuto, a mio avviso, lanciare una vasta campagna di educazione ambientale sui grandi predatori illustrando il loro ruolo fondamentale dell’ambiente naturale e nell’equilibrio dinamico dell’ecosistema e impegnandosi anzitutto a salvare il piccolo nucleo di plantigradi originari che ancora sopravvivevano sulle Alpi”.

Escursionisti lungo i sentieri delle Dolomiti

Quindi non tutto è stato fatto nel modo migliore ed è per questo che oggi ne paghiamo le conseguenze? “Tecnicamente il trasferimento degli orsi dalla Slovenia è stato bene effettuato – dice l’ex direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo – ma in una operazione di rinaturalizzazione di tale portata non basta una corretta impostazione sul piano biologico. Occorre considerare anche tutti gli effetti nella sfera culturale, etica, politica, psicologica, sociologica, economica e pratica. Aspetti troppo trascurati o sottovalutati”.

Quindi intende dire che è mancata un’accurata preparazione al coinvolgimento della popolazione locale? “Esatto, sin dall’inizio avevamo sconsigliato di procedere a una immigrazione forzata che, strappando il pacifico animale dalle montagne boscose e poco popolate della Slovenia, lo ha di colpo catapultato nei territori ben più antropizzati del Trentino dove tra malghe, allevamenti e attività turistiche e sportive l’incontro con l’uomo è assai più frequente e può creare non pochi conflitti”.

Il Trentino, che ha sterminato i propri orsi ma poi ha voluto reintrodurli, deve affrontare oggi la vera sfida incombente: sarà capace di convivere con loro in armonia? “Questa è la strada maestra – conclude Franco Tassi – non semplice ma inevitabile, da imboccare per il futuro considerando l’attenzione suscitata dagli ultimi avvenimenti e il fenomeno di iniziative che vediamo moltiplicarsi a favore della vita selvatica, noi speriamo che un diverso Trentino, più vicino alla Natura, sia davvero possibile”.

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