PALERMO – Bandiere a mezz’asta al Comune di Palermo e un minuto di silenzio in tutte le scuole della città per ricordare Antonella Sicomero, la ragazzina di 10 anni morta per soffocamento, con una cintura stretta attorno al collo, il 21 gennaio scorso. La tragedia è stata causata dalla partecipazione di Antonella, quasi sicuramente su “TikTok”, a una sfida nota come “BlackOut Challenge”, che consiste nel filmarsi mentre si cerca di resistere il più possibile con qualcosa che stringa il collo e impedisca di respirare.
La Procura ha aperto un’inchiesta, mentre gli inquirenti cercano ulteriori informazioni nel cellulare della ragazzina. Antonella era la maggiore di tre figlie – lei, Jasmine e Sofia – e col papà Angelo e con la madre Chiara, incinta del quarto bambino, viveva nel quartiere Kalsa. A trovarla già priva di sensi in bagno, dove stava filmando la sua partecipazione alla sfida mortale, è stata la sorellina di cinque anni. Inutile la disperata corsa all’Ospedale Di Cristina, dove i medici purtroppo ne hanno dichiarato la morte cerebrale. I genitori hanno dato l’assenso per la donazione di fegato, pancreas e reni, organi non compromessi dall’asfissia.
Intanto il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto sino al 15 febbraio il blocco al social TikTok per gli account “per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica”; decisione accettata dai responsabili della piattaforma, che hanno dichiarato di essere al lavoro per tutelare tutti gli utenti.
Una tragedia come questa impone di misurare le parole. Non c’è quindi molto da aggiungere, perché il rischio è che qualsiasi commento sia scontato, superfluo, impietoso.
Si può solo auspicare che la tragica morte di Antonella induca tutti a un supplemento di accorata attenzione verso quella terra di nessuno che è la pre-adolescenza, oggi esposta ai rischi di un accesso precoce e poco consapevole al composito universo dei social. Nella società “on-life” – chiamata così perché senza soluzione di continuità tra la vita reale e l’universo virtuale – i minori, privi di un’adeguata valigia degli attrezzi, sono esposti a troppe sollecitazioni, senza una chiara consapevolezza dei limiti tra praticabile e nocivo, dei confini tra finzione e realtà.
“La tragica morte di Antonella sia monito e implorazione per noi tutti – ha detto nell’omelia il vescovo di Palermo, don Corrado Lorefice, che ha celebrato martedì 26 gennaio i funerali della piccola, tra le lacrime e la commozione dei presenti -. Questa pandemia ha reso i nostri ragazzi più fragili, più impauriti. Siamo chiamati ad ascoltare la fatica, il disagio dei giovani, dei più piccoli. Facciamolo insieme… Dobbiamo affiancare e sostenere i genitori per facilitare il passaggio, per aprire la via, per allontanare l’angoscia. Che la scuola sia lo spazio vitale di giovani e di adulti capaci di accompagnare i ragazzi nel mondo”.
Si spera allora che la morte di Antonella faccia riflettere la società intera sulla necessità di offrire alternative più sane e nutrienti alla fame di relazioni e di visibilità dei ragazzini. “Abbiamo ricordato con immenso affetto Antonella, alunna della nostra scuola, riflettendo insieme sui rischi di certe sfide sui social, sulla vita e sulla morte. Auspichiamo che questa tragedia contribuisca a mettere fine ai giochi pericolosi in rete”. Queste le parole della professoressa Laura Anna Maria Pollichino, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo “Perez /Madre Teresa di Calcutta” di Palermo.
Sicuramente la Scuola di ogni ordine e grado, soprattutto quando tornerà a svolgersi in presenza, avrà un impegno e un ruolo formativo fondamentale nell’educare i ragazzi a distinguere potenzialità e rischi del web.
E farà bene a proporre ai ragazzi la visione di WarGames, film del 1983 ancora attuale e avvincente. WarGames, anche se in un contesto diverso, lanciava un messaggio chiaro: in certe situazioni “l’unica mossa davvero vincente è non giocare.”
Maria D’Asaro
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