PALERMO – Per i “millennials” e ancor di più per la Generazione Z, i ragazzi nati tra la fine degli anni ’90 e i primi 12 del nuovo millennio, la ricorrenza del 25 aprile potrebbe essere quasi insignificante: c’è il rischio che il giorno della liberazione dalle dittature naziste e fasciste e della fine della seconda guerra mondiale sia festeggiato ormai solo dagli studiosi di Storia e dai pochi sopravvissuti di quel triste periodo. Ѐ necessario perciò che la Scuola, e chiunque abbia un ruolo formativo e/o informativo, ricordi soprattutto ai più giovani come può essere violenta, inumana e feroce una dittatura.
Il tributo della memoria va a uno dei pochissimi gruppi di opposizione interna al nazismo: quello della “Rosa Bianca”, composto solo da cinque studenti poco più che ventenni: Hans Scholl e la sorella Sophie, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf, protagonisti di azioni di resistenza tra il giugno 1942 e il febbraio 1943, a Monaco di Baviera, dove frequentavano l’Università. A loro si unì in seguito anche un professore, Kurt Huber. Il gruppo traeva forza e ispirazione dai principi cristiani (dei cinque studenti uno era ortodosso, gli altri protestanti o cattolici) e si opponeva alla dittatura nazista in nome dei principi cristiani di giustizia e di tolleranza che avrebbero dovuto ispirare un’Europa federale.
L’opposizione della “Rosa bianca” si concretizzò nella distribuzione in luoghi pubblici di volantini – in tutto sei gli opuscoli diffusi – con lo scopo di risvegliare la coscienza dei tedeschi e incitarli a una resistenza nonviolenta contro il regime nazista. Ecco alcune parole del primo opuscolo: “Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che quest’atea macchina da guerra continui a funzionare, prima che le città diventino un cumulo di macerie…”. La propaganda clandestina contro il regime di Hitler fu scoperta il 18 febbraio 1943: mentre spargeva dalle scale dell’atrio dell’università alcuni volantini sugli studenti sottostanti, Sophie Scholl venne individuata da un bidello, che la consegnò assieme al fratello alla polizia. Gli altri membri del gruppo vennero subito fermati e sottoposti a interrogatorio dalla Gestapo.
Gli Scholl, sperando invano di proteggere i compagni, si assunsero la piena responsabilità degli scritti. I funzionari che li interrogarono rimasero stupiti per il coraggio e la determinazione dei due giovani. La Gestapo torturò Sophie Scholl per quattro giorni, dal 18 al 21 febbraio 1943. Hans e Sophie, insieme a Christoph Probst furono i primi a essere processati, il 22 febbraio. Nel corso di un breve dibattimento, furono giudicati colpevoli e ghigliottinati il giorno stesso. Gli altri membri del gruppo, processati il 19 aprile 1943, furono anch’essi dichiarati colpevoli e decapitati nei mesi successivi.
Unica donna del gruppo, chi era Sophie? Che cosa fece di lei una martire della resistenza al nazismo? Sophie, nata il 9 maggio 1921, era la quarta di sei fratelli. Visse un’infanzia serena e spensierata. Venne educata sia ai principi della chiesa luterana, poiché la madre Magdalena era stata diaconessa, sia a quelli cattolici, perché suo padre – Robert Scholl, sindaco di Forchtenberg, la città natale di Sophie – era un liberale cattolico.
La sua formazione personale e religiosa la portò a rifiutare il credo hitleriano e, con gli amici ed il fratello maggiore Hans, si avvicinò sempre più all’insegnamento evangelico, traendone spunto e alimento per una ferma opposizione alle idee e alla prassi del nazismo. Molto legata ad Hans, con lui e gli altri giovani universitari diede vita al gruppo della “Rosa bianca”, che preparò e distribuì centinaia di copie di volantini in modi diversi: spedendoli a indirizzi scelti casualmente, lasciandoli alle fermate dei mezzi pubblici o nelle cabine telefoniche. Il loro tentativo voleva indurre chi leggeva ad obbedire ad una legge morale superiore e a rifiutare il militarismo nazista.
Quando fu arrestata diede prova di una forza d’animo straordinaria. Andò al patibolo con una gamba rotta e con le tracce delle pesanti percosse e torture subite in carcere. Non aveva neppure compiuto 22 anni. Le sue ultime parole furono: “Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’è quasi nessuno disposto a dare sé stesso individualmente per una giusta causa? È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?”.
Vogliamo ricordare Sophie, con alcune sue frasi: “Una morte orrenda è preferibile ad un orrore senza fine”. “Combatti per ciò in cui credi anche se stai lottando da solo/a”. E, infine, con questo suo bellissimo auspicio: che ciascuno possa avere sempre “uno spirito forte, un cuore tenero”.
Maria D’Asaro
Nell’immagine di copertina, Sophie Scholl con altri componenti del guppo della “Rosa Bianca”
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