PALERMO – “La Dea Fortuna”, il film di Ferzan Özpetek uscito da qualche giorno nelle sale italiane, lascia in quasi tutti gli spettatori una sorta di gradevole retrogusto positivo. Proviamo a capirne il perché. Convince e appassiona innanzitutto la buona recitazione degli attori: Stefano Accorsi che impersona Arturo, Edoardo Leo nel ruolo di Alessandro, Jasmine Trinca, che è Anna Maria; bravi anche i bambini, nel film Sandro e Martina, e così gli altri attori. Assai gradevole la colonna sonora, che si avvale anche del timbro magico di Mina; sapiente la scelta delle inquadrature, avvincente il ritmo narrativo.
Narrata con garbo poi tutta la storia, che ruota sul ménage di una coppia omosessuale, quella di Arturo e Alessandro, che, in un momento di crisi, viene sconvolta dall’affidamento temporaneo di due bambini. L’imprevisto imprime un’accelerazione significativa alla vita dei protagonisti: ecco quindi in azione “la dea Fortuna”, col richiamo alla lingua latina dove il termine fortuna aveva appunto il significato neutro di accadimento fortuito, di Fato, buono o cattivo che fosse. A volere essere però poco indulgenti, si può dire che il film non è perfetto: perché il regista ripropone temi già trattati, perché a volte indugia troppo su qualche cliché, perché qualche scena risulta forzata, in una storia che cerca un non facile equilibrio tra la commedia e il dramma…
Nonostante ciò, “La Dea Fortuna” risulta comunque uno dei film più riusciti di Özpetek. E forse la ricetta del suo successo è nell’essere magari un tantino buonista, in un periodo dell’anno – quello natalizio – in cui abbiamo ancora maggiore bisogno di sentirci più buoni, qualora non riusciamo ad esserlo per davvero. Grazie allora a Özpetek che, in modo semplice e forse per qualcuno sin troppo scontato, è riuscito a ricordarci che quello che ci fa stare bene – al di là delle tanto vagheggiate tre ‘esse’ di soldi, sesso e successo – sono le relazioni umane autentiche, pur se travagliate e sofferte. E che il senso vero della vita si trova nell’avere un obiettivo esistenziale, ad esempio qualcuno o qualcosa di cui avere cura. Ancora meglio se il progetto di vita è condiviso dal nostro compagno/a che ci conosce davvero, ci compatisce e ci vuole un po’ bene.
Maria D’Asaro
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