PALERMO – C’era una volta in Sicilia, tanti anni fa, assai prima che il Natale venisse trasformato in una gigantesca kermesse commerciale, la “ninnaredda”: una sorta di nenia musicata eseguita da cantastorie nei nove giorni che precedono la notte di Natale, e per questo chiamata anche novena. I “ninnariddari” erano poveri suonatori di violino, a volte ciechi, che andavano in giro di mattina presto per città e paesi della Sicilia soprattutto occidentale, fermandosi davanti alle porte delle case per far ascoltare la novena. Alla fine delle cantate, il 24 dicembre, i “ninnariddari” ripassavano davanti alle abitazioni per riscuotere un’offerta. Ad essi potevano affiancarsi i “ciaramiddari”, suonatori di “ciaramedda” (una sorta di cornamuse) che invece si esibivano di sera e giravano in coppia con il suonatore di flauto.
Il testo canoro più diffuso nel tempo è stato “Il Viaggiu dulurusu di Maria e di san Giuseppe”, composto verso la metà del 1700 da Binidittu Annuleru, nome anagrammatico di Antonino Diliberto, prete della diocesi di Monreale.
Ecco cosa scrive don Cosimo Scordato, nel testo “Narrazione, Teologia, Spiritualità del Natale” a proposito del “Viaggiu dulurusu”: “Il testo presenta un perfetto andamento metrico: ciascun giorno ha nove strofe ripetendo così al suo interno il ritmo della novena; solo l’ultimo giorno ha tredici strofe. Tutte le strofe sono sestine di ottonari con rime ababcc. Il Viaggiu rispetta profondamente i motivi e i temi religiosi della sua ispirazione, ma ciò con toglie che attraverso il racconto si possano intravedere ambiente, scenario, abitudini, comportamenti tipicamente siciliani. Si tratta infatti di una vera e propria inculturazione. Gli episodi si svolgono come se avvenissero in Sicilia. La storia del viaggio di Maria e di Giuseppe e la verità di esso passa attraverso la mediazione del linguaggio siciliano, delle immagini e dei colori di una terra, dei sentimenti di una comunità che unisce e lega la sua storia e la propria vita ai contenuti di cui il racconto si fa portatore. L’esperienza siciliana del viaggio cerca il suo senso compiuto in ciò che avviene nei personaggi biblici di Maria e Giuseppe”.
Alcune sestine narrano il patire di Maria e Giuseppe che, essendo poveri e stranieri, non trovano alloggio e riparo a Betlemme ed esprimono una sensibilità straordinariamente attuale: Cincu jorna di camminu/fari insiemi bisugnaru/caminannu di cuntinu/senz’aviri nuddu mparu/Stanculiddi ed affannati,/ puvireddi disprizzati (Cinque giorni di cammino/ hanno dovuto fare insieme/camminando sempre/senza avere alcun aiuto e riparo/Stanchi e provati/poveri e disprezzati); Cussi stanchi, ed affannati/ ntra lu friddu caminavanu,/ nun truvandu mai pusati,/pirchì tutti li sprizzavanu;/puvireddi li vidianu/pocu cuntu ni facianu (Così, stanchi ed affaticati/ camminavano col freddo/non trovando alcuna ospitalità/perché tutti erano sprezzanti con loro /in quanto erano visti come poveri/e quindi non erano degni di considerazione.
Nel 1995, il regista Pasquale Scimeca da “Viaggiu dulurusu” ha tratto un film, in cui la storia di Maria e di Giuseppe viene ricontestualizzata sullo sfondo dell’entroterra siciliano, segnato dall’indifferenza, dalla marginalità, dalla speculazione edilizia, dalla mafia.
E Binidittu Annulero, alias Antonino Diliberto, sarebbe fiero di assistere, il 2 gennaio 2019, alle 19, alla rappresentazione del suo “Viaggio Dulurusu” – con musiche di Cosimo Scordato e Vincenzo Mancuso – all’interno della splendida Cattedrale di Palermo. Buon Natale a tutti.
Maria D’Asaro
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