PALERMO – Secondo la mitologia antica, la durata della vita umana era decisa da tre figure femminili (chiamate Moire dai greci, Parche dai romani): Cloto, Lachesi e Atropo. Cloto, la più giovane, filava il filo dei giorni per la tela della vita; Lachesi girava il fuso, stabiliva quanto filo spettasse a ogni uomo e decideva le sorti della singola vita che stava filando, unendo ai fili d’oro lo stame bianco per suggellare i giorni felici e lo stame nero per indicare i giorni di sventura; Atropo, la più vecchia, con le sue forbici tagliava il filo quando giungeva il momento di arrestare la vita. Neppure gli dei potevano modificare il destino deciso dal filo tessuto dalle Parche: a un filo corto sarebbe corrisposta una vita molto breve, e viceversa. Sofocle, l’autore di indimenticabili tragedie, vissuto sino a 90 anni, si pensava avesse avuto in sorte un filo assai lungo.
Oggi la scienza ha dimostrato che, anche se non si tratta dei fili tessuti da Cloto. Lachesi ed Atropo, la longevità è connessa alla lunghezza e alla tenuta di alcuni particolarissimi filamenti: i telomeri. Cosa sono i telomeri e perché influenzano la durata della vita?
I telomeri sono le parti terminali dei cromosomi e sono costituiti dalla ripetizione continua di brevi sequenze di nucleotidi, le unità di base del DNA. Nel caso dei telomeri umani, per esempio, la sequenza che si ripete, per un numero di volte variabile tra 100 e 1000, è formata da sei nucleotidi: TTAGGG (dove T, A e G indicano rispettivamente le basi timina, adenina e guanina). I telomeri hanno la funzione di proteggere i geni dall’erosione che si verifica nei cicli di replicazione del DNA. Un meccanismo basato sull’azione dell’enzima telomerasi è in grado di compensare l’accorciamento progressivo dei telomeri, aggiungendo nuove sequenze ripetute. La telomerasi però è attiva solo nelle cellule germinali (spermatozoi e cellule uovo) e nelle cellule staminali, e si osserva in modo patologico nelle cellule tumorali, ma non è attiva quindi nelle cellule somatiche, che costituiscono quasi del tutto un organismo. La professoressa Elizabeth Blackburn, tra i primi ricercatori a scoprire e studiare i telomeri e per questo insignita del Premio Nobel per la Medicina nel 2009, ha paragonato queste strutture finali protettive dei nostri cromosomi ai “puntali dei lacci delle scarpe che impediscono che si sfilaccino”.
Uno studio condotto da un’equipe di docenti dell’Università di Barcellona e pubblicato sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) ha dimostrato che la longevità è legata ai telomeri, e più precisamente alla rapidità con cui si accorciano nei ripetuti cicli di replicazione cellulare. Il team di Barcellona, guidato dalla professoressa Blasco, ha misurato la lunghezza dei telomeri in diverse specie di uccelli e mammiferi. I ricercatori hanno poi confrontato i dati raccolti con la lunghezza media della vita delle stesse specie, scoprendo che quest’ultima è correlata non con la lunghezza dei telomeri, ma con la rapidità con cui essi si accorciano nell’arco della vita: più è rapido l’accorciamento, minore è la longevità. Il risultato supporta l’idea che sia proprio l’accorciamento dei telomeri e il conseguente danno al DNA a determinare la senescenza delle cellule e quindi la longevità dell’individuo.
Un altro rilevante risultato scientifico è stato conseguito da ricercatori svizzeri e italiani, che hanno scoperto perché le cellule cancerogene sono in grado di dividersi all’infinito. Il loro lavoro – in parte finanziato dal Sesto programma quadro dell’Unione europea e pubblicato on line sulla rivista «Science» – evidenzia che talvolta si verificano disfunzioni che danneggiano i cromosomi di alcune cellule o rendono “immortali” talune linee cellulari: sarebbero queste anomalie a provocare malattie come il cancro. Si stima infatti che circa il 90% delle cellule tumorali abbia attività di mantenimento telomerico, mentre, come sappiamo, normalmente ogni volta che una cellula si divide, i telomeri si accorciano sempre più e, quando diventano troppo corti, innescano un sistema di allarme che impedisce alla cellula di dividersi ulteriormente.
Infine, un gruppo di ricercatori svedesi ha ipotizzato che con l’avanzare degli anni l’accorciamento dei telomeri possa comunque variare da persona a persona. Contrariamente alla tesi secondo la quale la lunghezza dei telomeri a una certa età può indicare la durata della vita, i loro studi suggeriscono che la regolazione della lunghezza dei telomeri nel corso della vita è più complessa di quanto finora ritenuto, in quanto su di essa inciderebbero molti fattori. I ricercatori svedesi affermano infatti che “è altrettanto possibile prevenire una perdita eccessiva di telomeri seguendo uno stile di vita sano”.
Allora, pur se la longevità rimane in mano al destino, alle Parche o a un Dio, ma soprattutto alla qualità dei nostri telomeri, una qualche piccola responsabilità sulla durata e la qualità della vita forse ce l’abbiamo anche noi…
Maria D’Asaro
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