l disastro di Chernobyl è stato la più
grave sciagura mai
verificatasi in una centrale nucleare, insieme
all’incidente avvenuto
nella centrale di Fukushima nel marzo 2011.
La catastrofe è avvenuta il 26 aprile 1986 in
Ucraina, mentre nella
centrale si stava effettuando un esperimento
definito come test di sicurezza.
Purtroppo qualcosa è
andato storto e si è verificata una grandissima esplosione. Una nuvola di materiale radioattivo è fuoriuscita
dal reattore ed è ricaduta su vaste aree intorno alla centrale,
contaminando pesantemente gli abitanti, la
flora, la fauna e rendendo necessaria l’evacuazione e lo spostamento in altre zone di
circa 336.000 persone,
di cui 65 morti accertati
e più di 4.000 casi di
tumore della tiroide,
larga parte dei quali
probabilmente attribuibili alle radiazioni. Dopo l’esplosione è stato
costruito un sarcofago,
una massiccia struttura
in acciaio e cemento,
progettato per limitare
la contaminazione radioattiva
dell’ambiente. La
causa dello
scoppio è
stata assegnata in
parte al lavoro non
controllato
degli operatori dell’impianto, che
si sono resi responsabili
della violazione di svariate norme di sicurezza, e in parte alle debolezze di progettazione del reattore nucleare.
A raccontarci di questo
disastro Natalia Manzurova, scienziata russa
attiva nella battaglia
per il disarmo nucleare,
nella difesa delle vittime da radioattività e
nell’informazione scientifica e Tatiana Stupina,
un’altra sopravvissuta
che al tempo dell’esplosione era solo una
bambina. La Manzurova
è una dei pochi superstiti, tra coloro che sono stati direttamente
impiegati nell’emergenza. Subito dopo il fenomeno nucleare, la donna, che allora aveva 35
anni, è stata mandata
nell’impianto distrutto
nel nord Ucraina. Ha
trascorso 4 anni e mezzo ad aiutare a ripulire
la città abbandonata di
Pripyat, che era a meno
di due miglia dai reattori di Chernobyl. Diversi anni dopo, ha sviluppato un tumore benigno alla tiroide e come ricordo ha un segno
indelebile di quegli anni
orribili, la “collana di
Chernobyl”, una cicatrice sulla gola causata
dalla rimozione della tiroide.
Nel corso dell’incontro la donna ha raccontato
in particolar modo
dell’evacuazione degli
abitanti. Ha spiegato
che, non essendoci
tempo da perdere, le
persone dovevano raccogliere velocemente
gli oggetti a loro più
cari e partire immediatamente. Nessuno ha
potuto più fare ritorno
alle proprie abitazioni.
Molte famiglie hanno
dovuto separarsi. Dopo
aver abbandonato l’area è stato ordinato a
tutti di cambiarsi i vestiti e tagliarsi i capelli,
che avrebbero potuto
trattenere particelle radioattive.
Dopo lo spostamento
della popolazione erano
rimasti solo i liquidatori, i quali hanno avuto
conseguenze devastanti: non solo tumori ma
anche arrossamento
degli occhi, stanchezza,
innumerevoli scottature
e deterioramento della
pelle (anche fino all’osso).
Le donne sono state i
soggetti più gravemente colpiti: le particelle
radioattive impedivano
la coagulazione del
sangue e causavano
quindi la morte, con rischi maggiori nelle
donne con il ciclo mestruale.
Oltre a questo per le
donne in gravidanza le
possibilità che il neonato morisse o nascesse
con delle malformazioni
erano elevatissime, anche nelle generazioni
successive: questo è
accaduto infatti a Tatiana Stupina che ha partorito due gemelli, uno
perfettamente in salute
e l’altro con una malformazione agli arti inferiori.
Molti evacuati hanno
avuto anche effetti psicologici rilevanti: soprattutto i giovani, dopo che è stata diffusa
la notizia che i sopravvissuti di Chernobyl
avrebbero avuto vita
breve, hanno cominciato ad assumere alcolici
e droghe nella consapevolezza che sarebbero morti in qualsiasi caso.
In conclusione Chernobyl è ancora disabitata
e lo sarà per i prossimi
300 anni.
Jamila Libertini, Braian Bellini